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LA CROCE DALLE SETTE PIETRE regia di Marco Antonio Andolfi

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ULTRAVIOLENCE78     2 / 10  27/01/2008 04:38:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono così tante le cose da dire che non so proprio da dove cominciare.

Vabbè partiamo dal titolo, o meglio dal sottotitolo...ma nel senso letterale del termine perchè una tamarrata peggiore non poteva essere concepita: "il lupo mannaro contro la camorra", me cojoni..

Scena iniziale: ridicola setta satanica dedita al sadomaso (e qui la bieca intenzione di dissimulare uno pseudo-porno sotto le vesti dell'horror.. ah scusate volevo dire dell'orrido), con un invasato che con gli occhi sgranati invoca il terrificante Dio del male ABORYM: praticamente un ibrido tra King Kong e l'orso Yogi.

Altra fase saliente: il nostro protagonista Marco Sartori, un playboy romano da 4 soldi (che attira le mign@@tte come il miele le api) al quale, neanche il tempo di mettere piede sul suolo partenopeo, 2 marjuoli scippano la famigerata croce gemmata, incontra il ricettatore che risponde al nome -udite udite- di TOTONNO O' CAFONE (appelativo che tra l'altro gli si adice benissimo). Purtroppo quando il povero Totonno scopre di aver già dato via la croce è troppo tardi: è scoccata la mezzanotte. Cosa succede a questo punto...? Il nostro playboy da strapazzo si ripresenta in casa del Totonno con le sembianze di un uomo lupo: e qui ci vuole una standing ovation per il coraggio con cui l'Andolfi ha voluto raffigurare quello che dovrebbe sembrare un licantropo. Sì perchè l'uomo lupo in questione non è nient'altro che lo stesso protagonista con indosso una vergognosa maschera di carnevale che gli copre il viso fin sotto il naso, con una cresta alla "Megaloman" , e con dei ridicoli guanti spelacchiati. Per il resto il nostro uomo lupo è nudo come un verme, con le chiappe al vento, ma soprattutto impume e depilato!; le pudenda sono invece coperte -per fortuna- da un costumino adamitico che sa tanto di foglia di fico pelosa.
Altro momento strepitoso è quello del sogno nel quale, mentre il protagonista invoca come un bambino la mamma, si avvicendano inutili immagini intervallate da altrettante inutili schermate verdi (boh!).

Nella casa di Don Raffaele Esposito, il camorrista che detiene la "benedetta" croce, assistiamo finalmente allo svolgersi della trasformazione, durante la quale balenano immagini di un lupo solitario prese chissà dove (ah! Da ricordare che nell'intervallo le scritte "fine primo tempo" e "fine secondo tempo" hanno caratteri diversi!): l'effetto della crescita dei peli sul viso ha del prodigioso, roba che Landis al confronto è un pivello (vedere per credere); i vestiti scompaiono per incanto (per poi rimaterializzarsi quando l'effetto della trasformazione finisce), dopodichè il nostro Sartori digrignando continuamente i denti, mugolando e squittendo come un topo (si perchè nella mente bacata di Andolfi l'uomo lupo squittisce!), è bello e trasformato.

Ma l'apoteosi viene raggiunta nella sequenza dell'accoppiamento tra il Sartori e una sedicente maga, che altro non è che una volgare mign@@tta (è incredibile la capacità del protagonista di trovarsi sempre tra z@cc@@le, marjuoli e malavitosi). E sì perchè, nel bel mezzo del dolce "su e giù", avviene l'imponderabile: scocca la mezzanotte e il povero Sartori si rimette la maschera e VAAI! Il "su e giù" diventa frenetico, il ritmo è quello di un martello pneumatico, menre dalla bocca del lupo, alquanto allupato, cola un liquido bianco schiumoso simile alla chiara dell'uovo sbattuta. La malcapitata ovviamente muore, con la "passerotta" squarciata.
Finale a lieto fine, che suggella una delle storie d'amore più "tristi" della storia del cinema.

Da segnalare che quando all'epoca uscì il film in questione, il benemerito Andolfi si presentava sotto il nome Eddy Endolf. Due sono i motivi: o il padre, rendendosi conto dell'abominio che aveva partorito la mente bacata del figlio, aveva minacciato di diseredarlo se avesse spu/tt/a.nato il buon nome della famiglia; oppure il povero Endolf, per tema di essere riconosciuto e conseguentemente lapidato per strada, aveva deciso bene di prendere le dovute precauzioni.

Nonostante quanto esposto, devo tuttavia riconoscere ad Andolfi il merito di non aver fatto peggio di Marfori e di Merhi. E sì, perchè checchè se ne dica, "La croce delle sette pietre" non eguaglia la follia registica de "Il bosco 1" nè il linguaggio cinematografico sconclusionato di "Epitaph". Per cui il 2 se lo merita tutto.

Scusate se sono stato prolisso, ma il film in questione merita questo e altro!

DIFFONDETE IL VERBO!
Dick  12/06/2009 17:02:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ah ah, la scritta dell' intervallo! Tra l' altro manco uscì al cinema da come ho letto.
Argh, mi sono spoilerato sulla finaccia della maga z......a.