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DOGVILLE regia di Lars Von Trier

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e 82     8 / 10  22/05/2012 15:46:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Avevo intravisto alcune scene del film in un passaggio in TV e mi avevano immediatamente catturata per la straordinaria scenografia.
Come per altri suoi film il primo impatto per me è stato di ammirazione entusiastica per la sua opera. Ma c'è sempre qualcosa che non mi convince, forzature nell'evolversi della trama; ad esempio le deliranti (per me lo sono) teorie e messaggi che Lars V.T. imprime nelle sue pellicole.
Ci sarebbe da scrivere molto, più che sul singolo film sulla filmografia di Lars V.T. nel suo complesso e nelle idee che espone.

Comunque, rimanendo a Dogville, primo film di Lars V.T. che ho visto, un aspetto non marginale secondo me sono i TITOLI DI CODA, di cui si è scritto poco.
Li ho trovati irritanti, fastidiosi: un adorato David Bowie che con ritmo scanzonato canta dell'immaturità e dell'inadeguatezza della "jung america" (parafrasando).
Tutta la schizofrenia repressa nel film venisse esasperata.
E dopo una rappresentazione idealizzata, stilizzata, in cui le case sono schematizzate con linee a terra, le porte e le maniglie immaginarie, il panorama eliminato, ci sbatte davanti la cruda e povera realtà con le foto di quelli che avrebbero potuto essere i protagonisti reali dell'opera.
Quasi che le vicende del film fossero sopportabili solo perché idealizzati, ("è un film"… ti trovi a pensare) per poi incarnarsi nelle immagini iperrealistiche di povertà, che presumibilmente il regista aveva in mente come contesto reale degli avvenimenti.
Forse in pochi hanno resistito ai titoli di coda! Ma a me hanno dato un impatto forte.

Tra gli ottimi commenti scritti su questo film quelli che mi hanno interessata particolarmente sono:
- il parallelo tra Grace e Cristo che nel finale si confronta con "Dio" e conviene della malvagità umana, anziché nel perdono. "Il messaggio cristiano è stravolto" (cit.)
- il rilevare che nel film, "che potrebbe essere un invito all'immaginazione, in realtà non mi abbia fatto immaginare nulla, non un oggetto scenografico in più, non la tonalità di un colore, non la razza del cane, niente" (cit.)


La sensazione agghiacciante mi ha ricordato un film capolavoro: canini, DOGTOOTH (non certo per l'assonanza del titolo, che pure c'è), ma perché anche in quel caso si parla dell'aberrante condizione in cui può scadere l'uomo, di troppo amore (in quel caso) paragonabile all'ipocrisia e finto buonismo nel caso di Dogville. Il tutto meno concettualizzato che nei film di L.V.T.

Mi viene il dubbio di essere stata l'unica a non godere del finale non l'ho trovato particolarmente liberatorio (sensazioni magari provata in altri rape e revange). L'arroganza di Grace si palesa anche nel sentenziare che il mondo vivrà meglio senza Dogville.