caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

NON SI UCCIDONO COSI' ANCHE I CAVALLI? regia di Sydney Pollack

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     8 / 10  29/04/2008 22:27:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
C’era una volta un bambino di 9-10 (agli inizi degli anni ’70) che viveva sereno con i giochi, la scuola e la televisione. Tutto sembrava andasse bene; in tv vedeva spettacoli o film anche drammatici ma che comunque avevano il lieto fine. C’era senz’altro il “cattivo”, ma a lui si contrapponeva l’eroe “buono” e alla fine il bene trionfava sempre. Insomma era convinto che nel mondo ogni cosa si sarebbe sistemata da sé per il meglio.
Poi una sera in tv ebbe la ventura di guardare “Non si uccidono così anche i cavalli?” e fu come se all’improvviso gli si fosse rivelata la verità. Il film sembrava si svolgesse più o meno come tutti quelli che aveva visto fino ad allora. C’erano due personaggi di carattere opposto: uno era un ragazzo sognatore, mite, gentile, amante della natura e delle piccole cose (il rumore del mare, un raggio di sole). Aveva però il difetto di essere forse troppo buono, di non sapersi a volte negare o farsi valere, in altre parole era un po’ debole di carattere. L’altro personaggio possedeva invece un carattere molto forte, deciso, spiccato. Era una donna indurita dalle vicissitudini negative della vita, piena però di voglia di riscatto, con una sete di cose tenere e piacevoli che però teneva ben nascosta dietro una ruvida scorza, giusto per non sembrare debole di fronte al mondo.
Tutto sommato i due erano persone buone, positive, simpatiche e si finiva senz’altro per affezionarsi e tifare per loro. Come in tantissimi film precedenti, i due protagonisti dovevano affrontare situazioni molto difficili, varie vicissitudini negative, però entrambi erano tenaci, stringevano i denti, miravano al successo e alla fortuna rappresentata dalla vincita di un bel gruzzolo che gli avrebbe sistemati, con la prospettiva di un amore che stava sbocciando.
Quel bimbo insomma si era fatta l’idea che i due eroi avrebbero vinto la maratona di ballo e si sarebbero sposati. Nel frattempo però il film faceva vedere uno spettacolo moralmente raccapricciante. Sulle quinte apparivano solo sorrisi, luci, colori, un bello spettacolo attraente e divertente; dietro le quinte invece c’era solo indifferenza, cinismo, materialismo e la spietata caccia a incassare più soldi possibile. Anche chi stava dalla parte “cattiva” si rendeva conto dell’abiezione, della crudeltà e della disumanità di quello che stava facendo e pareva soffrirne. Nonostante ciò accettava questo comportamento come l’unico possibile per sopravvivere e anzi rincarava la dose, umiliando e strizzando fino alla distruzione gli “oggetti” (cioè i ballerini) che gli procuravano il guadagno.
In un lento impietoso stillicidio si arriva alla prostituzione, alla pazzia, alla morte, al mercimonio dei sentimenti (fingere un matrimonio in scena). A questo punto anche in chi guarda la prospettiva si rovescia. Si capisce che lo spettacolo rappresenta la metafora del nostro vivere quotidiano (anche noi tutti i giorni siamo costretti a “ballare” per altri, non disponiamo certo del nostro tempo) e appare come un incubo, un meccanismo infernale stritolatore che non lascia via di scampo. Anche quel bambino sente dentro di sé tutto lo schifo, tutta la disperazione e il dolore dei protagonisti. Come loro non vede nessuna via d’uscita a una vita noiosa, senza senso, umiliante. Ecco che allora la scelta estrema di uscire dal gioco, cioè di abbandonare la vita appare come la più moralmente logica, quasi come una liberazione da una lancinante sofferenza.
Convincere un bambino che rinunciare a vivere in un certo mondo sia la cosa migliore da fare, significa avergli fatto vedere e averlo convinto della realtà di un meccanismo perverso che si nasconde dietro le belle apparenze. Certo è un film, la vita è bella in ogni caso, vale la pena comunque di viverla, c’è il gioco, le risate, le persone care. Un bimbo fa alla svelta a riconciliarsi con il proprio mondo, però quel bambino quel film non riesce proprio a scacciarlo dalla testa. E’ come se si fosse rotto un incantesimo. Adesso guarda a tutto con occhio dubbioso e disincantato. Ma sono proprio vere queste belle cose che fanno vedere in tv, non si nasconde qualcosa dietro? Il seme della critica era stato gettato e non avrebbe tardato a dare i suoi agrodolci frutti.
Lo avrete capito che questo è stato il film che mi ha fatto aprire gli occhi sulla realtà dell’esistenza quotidiana. Sono ancora molto legato affettivamente a quest’opera. Ciò non toglie che vista con gli occhi di oggi non si possa fare a meno di rilevare diverse imperfezioni. Quello che salta agli occhi è la mancata comunicazione del tempo che passa. La vicenda si svolge nell’arco di un mese e mezzo, ma sembra che si svolga in 2-3 giorni. I caratteri forse sono presentati in maniera un po’ brusca, come in maniera brusca avvengono i vari fatti, nonostante un ottimo montaggio. A volte può apparire monotono. In ogni caso bravissima Jane Fonda. Il film avrebbe potuto essere ancora più duro, più cattivo, ma in fondo va bene anche così. Dopo 40 anni continua ancora ad essere un’opera che conserva il suo grande impatto e che va senz’altro vista almeno una volta nella propria vita. E’ un’opera “seminale”, sempre che si riesca a trovare il terreno giusto …