Dom Cobb 6½ / 10 03/05/2012 17:53:30 » Rispondi Dopo un ottimo esordio nel ruolo di Bond, il simpatico Roger Moore si imbarca in una nuova avventura; e, diciamocelo, nonostante la squadra "vincente" degli ultimi due film sia rimasta invariata, L'uomo dalla pistola d'oro risulta estremamente poco memorabile. Quello che disorienta è il fatto che il motivo di una così scarsa qualità complessiva della pellicola è un autentico mistero: l'azione è quasi onnipresente e ben girata, l'intreccio è intrigante, Christopher Lee è un villain perfetto, Moore riconferma la sua bravura, le bond-girls (una di loro) risultano più interessanti e le ambientazioni sono abbastanza suggestive. Allora, qual'è il problema? Il problema è che, fondamentalmente, ci sono ben pochi elementi che rendono questo film un bond-movie, e quei pochi elementi
sanno pericolosamente di già visto. Alla fin fine, osservando bene l'evolversi della storia, L'uomo dalla pistola d'oro non è che un comune poliziesco, certo, con qualche location interessante
la villa di Scaramanga e la sua casa degli specchi sono davvero mozzafiato!
e buoni inseguimenti, ma il film non ha assolutamente niente che lo renda particolare; perfino la colonna sonora del mitico John Barry non si lascia dietro nulla, così come la "rockettara" canzone dei titoli. Comunque, questo film riesce a garantire una buona dose di intrattenimento fino alla fine, ed è già qualcosa.
Dom Cobb 28/02/2022 18:50:25 » Rispondi James Bond riceve una pallottola dorata con inciso il suo numero, 007: una sfida lanciata dal più letale tiratore al mondo, Francisco Scaramanga, l'uomo dalla pistola d'oro. Viaggiando da Beirut a Bangkok passando per Hong Kong fino alle isole della Thailandia per trovarlo, l'agente rimane invischiato nella caccia a un dispositivo capace di generare energia solare... "L'uomo dalla pistola d'oro" rappresenta a modo suo la fine di un'epoca per la serie di 007, anche se in modo meno drammatico che in altri casi; non solo è l'ultimo capitolo a presentare buona parte del team tecnico dietro la macchina da presa, ma anche l'ultimo prima che la partnership Broccoli-Saltzman, che aveva dato inizio a tutto, si dissolvesse lasciando il primo in totale controllo del franchise. Inoltre fa parte di quella cerchia ristretta di avventure bondiane prodotte all'alba di un grande successo commerciale: come "Thunderball" era stato influenzato dall'enorme successo di "Missione Goldfinger", così questo film viene prodotto in fretta e furia dopo il promettente esordio di Roger Moore nel ruolo della superspia, "Vivi e lascia morire", in modo da consolidarne la posizione e confermare la longevità della saga. Il risultato, pur intrattenendo a dovere, purtroppo non viaggia su standard particolarmente alti. I problemi principali del film sono quelli che attanagliano tutti i film di Bond di quei primi anni '70: in primis la mancanza di spettacolarità, dove se si esclude l'ormai familiare utilizzo di location esotiche come appunto l'estremo oriente e qualche ripresa aerea mozzafiato, anche nei momenti più in grande sembra tutto molto piccolo e di respiro poco ampio, con un uso limitato di effetti speciali abbastanza stagionati incapaci di conferire un senso di grandeur a una vicenda già non molto grande di suo (forse i budget in lieve calo potrebbero avere qualcosa a che farci). In secondo luogo la regia ingessata di un Guy Hamilton sempre più chiaramente spompato, statica e priva di guizzi per quanto competente, con particolare menzione negativa per la gestione di gran parte delle scene d'azione, sorprendentemente scarne e girate in modo basico che le priva di ogni traccia di tensione.
L'inseguimento lungo i canali aveva un buon potenziale e invece viene liquidata da un ritmo blando e praticamente zero inventiva su come usare i mezzi a disposizione in maniera creativa; e l'inseguimento in auto è quasi svogliato per come si limita a seguire le macchine con inquadrature fisse che durano fin troppo, con giusto uno o due momenti degni di nota per quanto riguarda gli stunt. Si distinguono in positivo invece il breve scontro corpo a corpo a Beirut, con buone coreografie e un ottimo uso dello spazio claustrofobico, e per fortuna anche i duelli nella casa di Scaramanga.
E ultimo ma non meno importante, la componente umoristica in sempre crescente aumento fin dal momentaneo ritorno di Connery; pur non raggiungendo le bassezze di "Una cascata di diamanti", "L'uomo dalla pistola d'oro" è caratterizzato da un approccio alquanto frivolo che più di una volta risultano un difetto più che un pregio, con battute non molto brillanti e idee sulle quali forse si doveva pensare due volte prima di incorporarle.
Il ritorno dello sceriffo Pepper risulta purtroppo deludente, visto che al contrario della sua prima apparizione non ha alcun motivo valido di essere nel film e anche le sue battute o la sua performance non hanno un'oncia di quell'energia che lo rendevano così divertente.
Inoltre, in più di un punto si fanno vedere chiaramente gli effetti di una lavorazione affrettata e di una scrittura poco coerente, risultato di più di un paio di mani coinvolte nella sceneggiatura, nonché di una certa svogliatezza di fondo: la trama viene presentata passando in rassegna punto per punto i vari elementi tipici della formula bondiana, ma in modo meccanico e senza la fantasia tipica della serie, come se per tutti gli artisti coinvolti si trattasse di ormai regolare amministrazione e non se la sentissero davvero di continuare. E a farne lo scotto sono alcuni dei personaggi secondari, caratterizzati in maniera approssimativa o semplicemente sbagliata.
Mary Goodnight, la collega sul campo di 007, alterna momenti di lucidità e consapevolezza ad altri in cui inspiegabilmente diventa una deficiente oca giuliva: in una scena fa chiaramente capire a Bond che sa che genere di rapporti intreccia con le donne e non vuole averci niente a che fare, due minuti più tardi si presenta svestita in camera sua. E' in grado di rintracciare una macchina sospetta e più tardi, nel venir catturata, comunica a James con un'eccitazione a dir poco fuori posto di avere sia le chiavi della macchina che l'agitatore Solex nella borsa. E lasciamo perdere il momento in cui il suo fondoschiena aziona la console dei pannelli solari... Anche il tenete Yip soffre dello stesso problema: in alcune scene è capace e pieno di risorse tanto quanto Bond, in altre si lascia andare ad atteggiamenti che non stanno né in cielo, né in terra, come il suo inutile silenzio al suo primo incontro con Bond o il modo in cui lo abbandona alla mercé dei guerrieri karate; viene escluso dalle principali scene d'azione e poi scompare del tutto nel terzo atto.
Se da quel che ho detto finora sembra che io stia criticando il film come uno dei punti più bassi della saga, non è così. Ci sono per fortuna alcuni aspetti capaci di migliorare la resa generale della pellicola e la rendono capace di intrattenere quel tanto che basta a passarci due ore in allegria. E' bello vedere innanzitutto che il film riacquista un po' del glamour e dell'eleganza degli albori, grazie soprattutto a una fotografia ricca di colori e scenografie davvero magnifiche, specialmente per quanto riguarda la villa di Scaramanga con tanto di casa delle streghe. Inoltre, e questa è la grande sorpresa, la trama in sé per sé è ben strutturata e in grado di generare un intrigante senso di mistero, soprattutto nella prima parte.
L'intera sequenza di Bond che cerca di rintracciare Scaramanga, fra piste e indizi vari sparsi lungo la strada fino alla cruciale scena del locale di Hong Kong, è forse la parte più scorrevole e interessante del film.
I due comprimari inoltre se la cavano benissimo: Roger Moore è sicuro di sé e raffinato come suo solito, anche se quella nota "sbagliata" nella sua performance, una certa inutile aggressività e crudeltà, continua ad esserci, e Christopher Lee tratteggia un villain insolito, elegante a modo suo ma freddo e distaccato sotto la patina di formalità, tranne nei casi in cui rivela tutta l'eccitazione che prova nello stroncare vite. Gli fa da adeguata spalla un divertito Hervé Villechaize nel ruolo del nano Nick Nack, completando una delle coppie di villains più memorabili della serie. Il resto del cast purtroppo svanisce un po' sullo sfondo, con nessuno in grado di imporsi in maniera adeguata, più che altro a causa dei sopracitati problemi di scrittura. La colonna sonora di John Barry, pur anch'essa un po' debole, ha i suoi momenti, e in generale il ritmo tiene bene dall'inizio alla fine, ma senza che nulla buchi lo schermo; la premessa iniziale sembra far presagire uno scontro fra due titani, 007 e Scaramanga, che però viene disatteso dall'introduzione della sottotrama sul Solex, la quale finisce per occupare tutto lo spazio a disposizione, lasciando al confronto fra i due uomini un deludente ruolo secondario quando invece poteva essere sfruttato molto di più. Insomma, per concludere in maniera arguta vorrei prendere ad esempio la canzone dei titoli: è rockettare, veloce e con una melodia facile da ricordare. E' carina mentre la si ascolta, non c'è nulla di sbagliato in lei, ma in fin dei conti una volta finita non si lascia dietro molto. "L'uomo dalla pistola d'oro" è esattamente così: carino, oggettivamente ben fatto e fa passare bene il tempo, ma non si lascia dietro molto pur offrendo dei buoni momenti. E' chiaro che la vecchia formula ancorata al puro spionaggio è ormai agli sgoccioli e che qualcosa va rinnovato; e per fortuna è andata proprio così. Anche se questo capitolo non è affatto da buttare, non rappresenta di certo un apice per la serie.