Dom Cobb 5 / 10 07/05/2012 17:07:14 » Rispondi Di solito non do mai ascolto alle recensioni, quando si tratta di film: io credo che ciascuno si debba guardare la pellicola interessata e farsi un'opinione propria. Però, ci sono quei film che, per quante persone cerchino di farlo sembrare migliori, sono oggettivamente scadenti. E' il caso di Zona Pericolo, che segna l'esordio di Timothy Dalton nel ruolo dell'agente segreto 007. Il problema, però, non è l'attore protagonista (che non ha mai rappresentato un problema per me), freddo e umano quanto basta, né l'azione spettacolare ed adrenalinica, né la regia di John Glen, che però a tratti sembra estremamente svogliata. Gli anelli deboli della catena sono essenzialmente due: 1)La sceneggiatura. Badate bene, non la trama: non solo trovo che prendere dei trafficanti d'armi come villain sia una buona idea, specie dopo tutti i milionari megalomani che ci siamo sorbiti, ma è anche il modo migliore per introdurre un maggiore realismo in tutta la faccenda. Peccato, allora, che il copione (i cui autori sono l'ormai vecchio Richard Maibaum e Michael G. Wilson), dopo aver imbastito una prima ora che rasenta la perfezione
ad eccezione della parte a Londra, con un killer travestito da lattaio (!!)
va in caduta libera nella seconda parte, con una scena prolissa dopo l'altra, fino a un climax sinceramente congegnato davvero male e un'ironia che nuoce. Ciò si nota particolarmente in quello che dovrebbe essere il villain principale,
penalizzato da battute scadenti e un doppiaggio aberrante. 2)La bond-girl. Non è un disastro come quella di Una cascata di diamanti, ma ci manca poco. Piatta, scialba, noiosa, dà sempre l'impressione di essere la persona sbagliata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Almeno alla fine riesce a fare qualcosa.
Nel complesso, un film dalle ottime potenzialità, ma sviluppato male. Cosa sia successo per far inciampare gli sceneggiatori e il regista penso che resterà un autentico mistero. E dire che poteva essere un bond-movie fra i migliori, invece...
Dom Cobb 10/02/2023 14:40:24 » Rispondi James Bond è incaricato di proteggere il generale russo Gjorgj Koskov nel corso della sua diserzione a Bratislava. L'operazione ha successo, ma Koskov ha appena il tempo di informare l'MI6 dei nefandi piani del suo superiore, il generale Pushkin, che a quanto pare ha intenzione di riaccendere le ostilità fra le superpotenze col rischio di una guerra nucleare, che viene nuovamente catturato da agenti del KGB. 007 sente puzza di bruciato e decide di indagare, seguendo una pista che lo porta da Bratislava a Vienna, passando per Tangeri e infine in Afghanistan... Con "Bersaglio mobile" si era arrivati a un punto di non ritorno: Moore, ormai davvero troppo vecchio per la parte, decide di ritirarsi del tutto dalle scene e la travagliata storia della sua successione al ruolo si conclude per il momento con la scelta del misconosciuto Timothy Dalton. L'arrivo del nuovo attore enfatizza una nuova direzione verso territori più crudi e seri che i responsabili del franchise avevano già iniziato timidamente a imboccare nel precedente episodio. Sebbene la squadra degli altri film del decennio non cambi, cambiano i toni e l'approccio generale, improntato meno all'umorismo e più al tornare ai fasti delle origini, a una maggiore fedeltà a Fleming e al personaggio di 007 com'era stato immaginato sulla carta, ma senza rinunciare agli elementi d'azione spettacolare che avevano decretato il successo della serie negli ultimi anni. Il risultato è un film dalle buone idee di base ma estremamente discontinuo e dall'esecuzione abbastanza mediocre. "Zona pericolo" vive di alti e di bassi e gran parte di questi bassi si deve in gran parte alla sceneggiatura: il concetto alla base della storia, cioè lasciar perdere i miliardari megalomani e concentrarsi invece su atmosfere da classico thriller con la Guerra Fredda al suo termine a fare da sfondo, tra generali ambigui e guerrafondai, contrabbando di droga e trafficanti d'armi senza scrupoli è senza dubbio vincente, un modo efficace di portare la saga su livelli più terra terra, com'era già stato fatto con "Solo per i tuoi occhi". E in effetti, la prima parte riesce più o meno a soddisfare le aspettative, nonostante qualche grossolana sbavatura.
La parentesi a Londra, dove Koskov accusa il generale Pushkin con tanto di prove e viene in seguito catturato dal KGB, viene purtroppo rovinato da interpretazioni goffe, dialoghi risibili e una sorprendente incapacità di sfruttare il materiale a disposizione. Insomma, Koskov viene interrogato alla presenza di M, Bond e il segretario della Difesa: sarebbe stato davvero interessante e avvincente se l'attacco e la cattura di Koskov fossero avvenuti mentre tutti loro si trovano ancora lì intenti a discutere e fare domande. Invece no, quelli se ne vanno e allo scagnozzo del cattivo tocca battersi con una comparsa, annullando di fatto qualsiasi tentativo di creare tensione. Un altro problema è che questa stessa scena serve da introduzione al suddetto scagnozzo Nekros: è l'occasione per presentarlo come un individuo agile e letale e invece viene messo in difficoltà da una guardia di sicurezza qualunque. Se al posto di quella guardia ci fosse stato Bond, Nekros si sarebbe subito imposto come una minaccia immediata, capace di neutralizzare persino lo stesso 007, mentre così invece da solo l'impressione di un mezzo incapace. E lasciamo perdere il travestimento da lattaio, da far cascare le braccia...
Il mistero sulla diserzione e sulle sue reali implicazioni è intrigante e man mano che vi si aggiungono elementi sempre più discordanti la trama si infittisce, l'attenzione resta alta. Il tutto condito da scene d'azione rarefatte rispetto ai precedenti film, ma girate con la solita, consumata professionalità e fra le quali si distingue un ritorno in grande stile della Aston Martin superaccessoriata in un elettrizzante inseguimento fra le montagne innevate. Purtroppo, non appena Bond e la ragazza di turno arrivano a Vienna, da quel momento in poi si precipita progressivamente nella mediocrità più assoluta. Il ritmo rallenta fino a fermarsi del tutto e la trama si fa inutilmente contorta fino a rasentare l'incomprensibile,
Quindi, la situazione è che Koskov ha chiesto al suo governo un finanziamento per comprare armi di ultima generazione e si serve di quei soldi per comprare oppio dalla resistenza afghana, in modo da arricchirsi e fornire lo stesso ai russi le armi. E il motivo per cui ha messo in scena la finta diserzione era per convincere l'MI6 a uccidere Pushkin, che aveva scoperto tutto e stava per far arrestare Koskov, e finora tutto bene. Ma allora da dove crispio saltano fuori i diamanti? A chi appartengono, come li hanno ottenuti? Infatti non possono essere i soldi dei russi visto che, come viene detto nel film, il trafficante Whitaker li ha tenuti fermi sul suo conto per due mesi. E qual è il ruolo di Whitaker in tutto questo? Certo, fornisce le armi, ma lui è già ricco, tanto da permettersi un villone sulla costa di Tangeri, per quale motivo mettersi a trafficare anche droga oltre alle armi? Solo per i soldi? E che dire poi del coinvolgimento di Felix Leiter e della CIA, il cui ruolo è talmente marginale che avrebbe anche potuto essere tagliato e invece ci sta solo per confondere ancora di più le acque.
con il risultato che, quando si viene al dunque, la posta in gioco è praticamente inesistente. Non c'è tensione, non c'è urgenza, perché lo scopo ultimo della missione sembra privo della benché minima importanza. La regia di John Glen, qui per la quarta volta dietro la macchina da presa, non aiuta: è ingessata e priva di energia, si ravviva giusto durante le poche scene d'azione e tra l'altro è colpevole di strutturare narrativamente certe scene con estrema incompetenza, togliendo impatto a sequenze che altrimenti sarebbero state ben più coinvolgenti.
Ci sono ben due scene in cui Pushkin, che Bond ha appena "ucciso" in pubblico, si sistema nel suo camerino confortando la moglie, che stonano completamente sia per come sono recitate che per come sono scritte. E lo scontro finale con l'aereo soffre di numerosi problemi: prima di tutto non è emozionante perché Bond è sempre in costante vantaggio sui suoi avversari, quindi non c'è alcun rischio; secondo perché, come già detto, lo scopo della missione, cioè impedire al carico di droga di arrivare a destinazione, non ha alcun peso; e terzo perché la scena in sé si trascina per un quarto d'ora in una serie di situazioni che si accumulano l'una sull'altra in modo assolutamente arbitrario, senza che la trama ne venga in qualche modo influenzata. E' come se la troupe avesse un sacco di meravigliose idee su come sfruttare l'aereo ma non si fossero curati di integrarle nella storia in modo organico, a un certo punto c'è persino una scena del tutto inutile in cui Bond fa esplodere un ponte con la bomba che ha spento e riacceso per tutto il tempo. Il destino dei ribelli afghani poteva tranquillamente essere stabilito con la loro vittoria alla base militare russa, senza aggiungervi altro materiale da riempitivo. Per questo, anche la sbalorditiva sequenza del duello a mezz'aria fra Bond e Nekros ne risulta depotenziata e poco interessante, sia per i problemi che ho elencato nel primo spoiler, sia perché, ancora una volta, Bond è in vantaggio e il combattimento salta fuori dal nulla senza influenzare il corso degli eventi. Insomma nessuno dei cattivi principali è presente sull'aereo e per prenderli bisogna fare ricorso a un epilogo blando e svogliato a Tangeri in cui Bond si intrufola nella villa di Whitaker e lo sconfigge nella sua stanza dei modellini in una patetica sparatoria. Poi, come non menzionare Koskov che salta in aria a bordo del suo camion solo per poi saltarne fuori completamente illeso nella ripresa successiva, col camion ancora in perfette condizioni?
Il cast se la cava benino, ma è per lo più vittima della regia svogliata di Glen e la sceneggiatura incerta. Dalton incarna un Bond freddo e calcolatore, più vicino all'idea dell'assassino letale ideato da Fleming, ma di fatto questo suo approccio risulta smorzato dai blandi tentativi di inserire umorismo; la cosa non sorprende visto che, per ammissione dello stesso co-sceneggiatore Michael G. Wilson, il film era stato scritto con Moore in mente, senza venir poi riadattato alle esigenze del nuovo attore. E si sente: Dalton è capace di una certa vena di sarcasmo o umorismo nero, ma non dello humour scanzonato presente qui, tra l'altro con battute di dubbia qualità. La Bond Girl Maryam d'Abo è forse tra le peggiori di sempre: spaesata e impacciata come una foca sulla spiaggia e penalizzata da una storia d'amore con Bond senza capo né coda; e i tentativi di renderla forte e capace hanno l'effetto opposto di rendere gli avversari un branco di emeriti imbecilli. Sgraziata inoltre la scelta di Jeroen Krabbé, che rende il generale Koskov niente più di un macchiettistico buffone e Joe Don Baker... ma scherziamo? L'unico a conservare un minimo di dignità è John Ryhs-Davies nel ruolo del generale Pushkin, purtroppo sfruttato poco e male. E per una volta i comprimari dell'MI6 svaniscono nel nulla, merito anche di un doppiaggio italiano non perfetto. A sorprendere in positivo invece è l'ultima partecipazione alla saga di John Barry, che offre una colonna sonora con un sound inedito, moderno e ritmato che lascia il segno, insieme a una gustosa canzone degli A-Ha; meno riuscito invece il contributo dei Pretenders. "Zona pericolo" è un film frustrante, proprio perché avrebbe le carte in regola per diventare una delle avventure di 007 più intriganti; invece, sebbene la visione garantisca un lieve margine di intrattenimento, rimane la delusione per ciò che sarebbe potuto essere ma non è. VOTO: 5 e 1/2