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TOGETHER WITH YOU regia di Kaige Chen

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5½ / 10  19/12/2006 21:28:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'incompatibilità tra il sistema e la Nobile Arte? L'irrisolto dilemma tra un paese globalizzato e il suo cinema? Eccone un esempio.
Peccato, se scartassimo a priori la retorica della nascita che fa tanto cinema iraniano il villaggio cinese sembra uscito dal luna park deviato di Imamura Shohei ("acqua tiepida sotto un ponte rosso") ma è questione di pochi minuti.
Piu' che altro c'è di mezzo il viaggio, la consapevole retrività del sempre maggiore afflusso nelle capitali (cfr. passaggio dalla Cina contadina a quella Capitalista di oggi).
Il post--modernismo di Kaige potrebbe meritare rispetto, visto in questi termini, ma è tutta apparenza: se un cineasta rilegge tutti i clichè del cinema orientale (ricerca d'identità, il villeggiante che si perde nelle città, il solito talento che va sostenuto in una lotta impervia tra sacrificio dovere e passione) non puo' reclamare il diritto di passarla liscia.
Infatti Kaige non ha nè la forza nè il coraggio di invadere il territorio della denuncia social (v, i concorsi truccati e la disonestà di un potere che marcia in modo poco limpido verso il futuro) e sfoggia un film buonista secondo la ricetta (occidentale) dei vari Billy Elliott, senza tacere di Lasse Halmstrom.
Resta l'innegabile abilità della confezione, ma puo' bastare?
In bilico tra tradizione e modernità, con l'intenzione di raccontare un paese di passaggio verso una dimensione organica e monopolista, K. non è mai persuasivo, fino a sfiorare il ridicolo in quel finale dichiaratamente in favore dell'emotività popolare: il suo umanesimo affonda nel classico "il fine giustifica i mezzi" consacrando la storia di un ragazzo e del suo violino al conflitto edipico (il "padre" che "diventa" una "madre") e del convenzionale fine a se stesso ("la musica devi sentirla nel cuore, se non c'è sentimento non c'è niente").
La stessa figura paterna è inguardabile nel suo viscido opportunismo, il maestro di violino aberrante nella sua misantropia.
Sarà che l'abitudine mi ha reso diffidente, sarà che l'esercizio stilistico cinese ha solitamente qualche marcia in piu' senza scomodare il "melodramma furbetto" pero' la libertà ha un prezzo che un dignitoso film medio(cre) come questo non potrà mai toglierci