caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

UNO SU DUE regia di Eugenio Cappuccio

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5½ / 10  27/03/2007 20:40:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Adoro Fabio Volo: è intelligente, bravo, spiritoso e perchè no? pure attraente.
Prima o poi troverà la sua strada nel cinema, ma per ora ho l'impressione che gli script (dopo il già furbissimo "La febbre") siano piu' astuti/preconfezionati che intriganti. Si sa che per raccontare una storia del genere è necessario giocare abilmente affinchè lo spettatore non debba annoiarsi o declinare l'invito: e se l'attore principale è Fabio Volo è naturale e legittimo che il film non possa essere come il dolorosissimo "Son Frere" di Cheraau. Tanto di cappello, quindi, al buonismo di "uno su due", che sembra fare il verso all'americano "A proposito di Henry", e mentre il tema della malattia ricorre sempre piu' spesso nel cinema italiano (v. Ozpetek).
Premesso questo, devo dire che il film non mantiene cio' che promette: c'è un solo momento realmente credibile, ed è quello del "volo" in paracadute, appiglio di vita che rende la storia realmente empatica con la realtà che la circonda (paura, sconforto, bisogno di perdersi e ritrovarsi etc.), ma il resto, malgrado le buone prove degli attori (eccellente Davoli, dignitoso Volo nonostante lo stereotipo Mucciniano del suo personaggio) scivola via senza lasciare traccia.
E' chiaro che colpisce tutti una vicenda simile, nonostante l'esilissima metafora del "volo" e del "decollo" che sembra stampata sul cognome di uno dei pochi personaggi televisivi (e forse, ma non oggi, cinematografici) degni del panorama italiano: non è poi tanto banale la fazione tra l'amico fumatore e il salutista Lorenzo, è scontata ma non priva di veridicità una visione vitale/materialista opposta alla sensazione di perdita di sè, all'inequivocabile dolore per il rischio di perdere non la vitalità, ma la stessa vita.
Pero' onestamente il regista sembra procedere per direzioni diverse, e con risultati assai discontinui: le scene in ospedale sembrano uscite da un film indipendentemente americano, "Una gelata precoce", il divario tra il mondo degli avvocati e quello, giovanilistico e un po' reducista, della figlia di Davoli, è imbarazzante e la sequenza finale è davvero letale: sembra uscita da uno spot di "pubblicità progresso".
Insomma, un film carino e intelligente per lo spettatore di massa, ma in realtà un po' sconfortante se si pensa a questa maniera superficiale di raccontare un tema come quello della malattia e della morte.
Volo, insomma, deve ancora ritrovare un soggetto in grado di dire cose importanti senza mascherarsi nei soliti stereotipi (tipo il padre rinnegato che desidera riabbracciare la figlia).
Sconsigliato a tutti gli ipocondriaci