frangipani79 9 / 10 23/03/2007 10:32:47 » Rispondi Il disagio giovanile in un quartiere povero di New York è lo scenario di questo piccolo capolavoro indie, girato con pochissimi quattrini ma con lo spirito di chi ama il cinema e senza quella retorica d'accatto tipica dei film americani.
Gli anni 80 visti con gli occhi di un gruppo di ragazzi un po' sbandati, ma (chi più chi meno) buoni e cresciuti subendo talora gli errori dei loro familiari.
Il film viaggia su due binari principali: il rapporto padre-figlio fra Dito e Monty (un eccelso Palminteri, finalmente spogliato dai suoi ruoli ripetitivi da gangster) e il valore dell'amicizia.
Riconoscere i propri santi non è impresa facile, ci sono sempre impellenze fuorvianti, l'inesperienza, i piccoli egoismi ad offuscare l'ovvietà a portata di mano. L'incomunicabilità con un padre in fondo amorevole, amici sinceri pronti a spendersi per gli altri sotto quella corazza da duri o da insicuri: sono notevoli le scene ambientate ai giorni nostri, con un R. Downey jr. amareggiato e reo con la sua coscienza per aver trascurato la famiglia e gli amici. Brava anche Rosario Dawson (la Laurie di oggi), il grillo parlante per Dito ritornato a New York. Da brivido la scena finale. Dito fa, con circa vent'anni di ritardo, quello che suo padre gli aveva saggiamente consigliato di fare, andare a trovare Antonio in carcere. E' la summa degli errori commessi, i due binari che si uniscono. Il calore con cui viene accolto da Antonio stempererà il rimorso, come a ricordare che dagli errori si impara e c'è sempre una seconda possibilità.
Presentato a Venezia 63° dove ha vinto due premi tra cui la Settimana della Critica (il "dopofestival" di Venezia, dedicato alla qualità lontana dai riflettori) ha vinto altrettanti premi anche al successivo Sundance FF dello scorso gennaio, tra cui il Premio speciale della Giuria.
Prodotto tra l'altro anche da Sting (non ci sono canzoni dei Police nella colonna sonora, strano!), il film è di fatto tratto dal libro autobiografico scritto dal regista.