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L'UOMO DI MARMO regia di Andrzej Wajda

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stratoZ     8 / 10  18/03/2024 12:50:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Opera ambiziosissima di Wajda, dalla lunga durata e che racchiude in sé una serie di visioni e concetti, prima parte di questa duologia sul rapporto tra lavoro, potere e propaganda nella Polonia del dopoguerra, fortemente provata dall'influenza sovietica.

Wajda mette in scena una sorta di film d'inchiesta col pretesto di questa studentessa di cinema che come tesi decide di realizzare un'opera su Birkut, considerato un eroe del lavoro e grande stakanovista, che vanta il record di aver depositato oltre 30.000 mattoni in un turno di lavoro, ma che allo stesso tempo, dopo aver iniziato a ricoprire una posizione di rilievo, era progressivamente scomparso per qualche contrasto di troppo col regime.

Il film, dall'impianto in flashback, - alla Citizen Kane per intenderci - scardina tutti i meccanismi alla base della propaganda, è fantastico vedere i contrasti e le incoerenze che porta in primo piano, a partire dalla prima parte di film dove mostra le nette differenze tra il filmato finale, quello poi distribuito e il dettagliato racconto del regista, qui Wajda ci caccia anche una riflessione sull'opera d'arte cinematica, rivendicando la sua natura di artefatto e giocando molto con i finti umori che vengono trasmessi, lo stesso Birkin deve fingere di essere felice, è costretto a sorridere per far vedere quanto sia bello lavorare e fare un turno così massacrante, il record stesso viene deriso, non è davvero utile ad un fine, dato che diversi operai vengono adoperati solo per il mero record, è solo una questione di colpire di pancia la popolazione con simboli, documenti filmici, statue - meravigliosa la metafora iniziale, anzi è più un presagio che una metafora - insomma un mappazzone di apparenze montato ad hoc, così come Birkin, in quel momento pupazzetto in mano alla propaganda che strema il suo corpo e usa il suo volto per lanciare il messaggio.

Le cose cambieranno quando Birkin assunta un po' di popolarità inizierà ad essere esponente dei gruppi sindacali, diventando un problema per il regime con la sua lingua lunga e il suo volere giustizia a tutti i costi. Per buona parte del film aleggia il mistero, l'affresco che ne viene fuori è un mondo che ha voltato le spalle al protagonista un tempo idolo delle folle e del regime, ma non è tanto una questione personale, è una questione di status e benessere: la moglie stessa mentre Birkin era in detenzione ha sposato un uomo benestante, gli amici e i compagni al suo fianco durante le lotte sindacali occupano posti di rilievo, addirittura il suo più fedele è diventato un magnate della metallurgia, dopo essere stato perdonato dal regime, man mano il film si fa sempre più pessimista e ricalca una caduta degli ideali del popolo stesso, o meglio in questo caso dei soggetti chiave che passano dalla parte del regime, fino all'epilogo aperto che fa da apripista al seguito, lasciando molti dubbi allo spettatore sugli eventi effettivamente accaduti - in realtà, parere mio, sarebbe stato un perfetto finale anche senza il seguito -

Wajda ha una messa in scena splendida, molto oscura e pessimista che si sposa con il mood del film, che sa di quel mistero sporco di cui nessuno vuole parlare, come un brutto ricordo posato in cantina, interessante come i personaggi intervistati siano sempre in penombra, quasi si vergognassero dei loro racconti, come si volessero nascondere nel buio.
Sontuose le interpretazioni, a partire dalla protagonista, donna determinata ed energica, che andrà contro tutto e tutti, anche contro l'istituzione stessa della scuola di cinema che la finanzia, per scoprire la verità.

Gran bel filmone del maestro polacco.