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LE VITE DEGLI ALTRI regia di Florian Henckel von Donnersmarck

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  25/04/2007 00:57:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Von Donnersmarck ci racconta l'interiorità di un uomo che passa dall'essere uno dei più spregevoli volti mai visti al cinema da almeno una ventina d'anni a un'individuo pressato dalla propria coscienza: egli ama, legge poesie di Brecht, ascolta Beethoven e resta profondamente scosso quando si cita l'amoralità del Regime e degli uomini che sanciscono il controllo delle funzioni del partito.
Per quanto il film sia volutamente monolitico, è facile ravvisare qualche affinità sia con la Caccia alle Streghe del senatore McCarthy sia con i recenti (recenti, sottolineo) misteri legati all'amministrazione dell'era Putin, fatta di giornaliste morte misteriosamente e strane spie in giro per l'Europa, ristoranti giapponesi avvelenati e via dicendo.
E in maniera troppo zelante ci viene "imposto" un avvenimento storico come il crollo del Muro, come se la sovversione del potere potesse finalmente celarsi (abissarsi) nelle spire di registri che sembrano appartenere a una storia molto pià antica di quanto sembri.
La stessa requisitoria contro Lenin e "la cattiveria della rivoluzione" appare superflua se non si affronta coerentemente la storia della Rivoluzione Russa del 1918, e non sarebbe del resto compìto esclusivo di questo film.
Volendo inoltre soffermarsi sull'indubbia capacità stilistica dell'autore, sembra che la funzionalità metaforica (la sedia degli interrogatori continuamente filmata) non riesca ad esprimere compiutamente la sua efficace analisi (v. la simbologia di un'umanità dove vittime e carnefici possono essere sottoposti allo stesso trattamento, condividendo la propria prigionia ideologica).

Troppe riserve per un film che, comunque, è la vera rivelazione dell'anno: ha la capacità di esprimere la soppressione dell'Arte in tutte le sue forme a immagine e somiglianza di un Regime che assomiglia a una piattaforma di paure ancestrali e orridi incubi esistenziali, ed è un sollievo sapere che la cultura sia (stata?) una forma inesauribile di paura, che abbia fomentato l'alibi della coercizione ideologica per tanti anni.
Mi chiederei come mai oggi, in pieno capitalismo, la cultura non spaventi più nessuno, ma non voglio aprire un dibattito politico-ideologico in merito: è già qualcosa sapere che sopravvive.

Pensando a questo film, mi veniva in mente la pessima distribuzione dell'ultimo Siodelbergh, che tratta temi diversi in epoche diverse, ma che sarebbe opportuno conoscere direttamente.

Il grandissimo merito di questo film è non solo filtrato dal memorabile protagonista(co?) , ora gelido e spregiudicato, ora turbato da se stesso e dalle sue debolezze: un personaggio che mi ricorda per altri versi certi antieroi dei film di Kaurismaki, e non a caso un vago cenno "nordico" (nell'assoluta inflessibilità emotiva degli eventi) c'è di sicuro.
Il merito è anche nelle ambientazioni: nella clandestinità di una dimora, anche davanti a un liberatorio (rassicurante?) compleanno, o nelle pieghe di un potere che utilizza una forma spietata ma neutrale di tortura mentale, come le "cinque tipologie caratteriali dell'attore" che sembrano citare (o è impressione mia?) nientemeno che "Il Metodo Stanilavsky".
Del resto il regista è abilissimo sia a suggerire la concezione di "Missione" (cfr. Munich di Spielberg) sia la laida brutalità di un potere gestito da ministri corrotti e capaci di ogni vessazione (sconvolgente, nella sua eversione coercitiva e mentale, la sequenza dello stupro).
Ripeto, a volte ho avuto come l'impressione che l'autore del film fosse necessariamente sprovvisto della pazienza necessaria per sviluppare più alacremente le sue ipotesi, e come se si disfacesse - come la stessa ideologia - delle tensioni approdasse a un finale vagamente vicino ai favori della massa (dello spettatore).
Ma sia benedetto un personaggio come Wiestler, che come Gene Hackman in un noto capolavoro di Coppola avverte la sua quotidianità riflessa nel fallimento della sua "altra visione" e nelle drammatiche modalità della sua (e altrui) sopravvivenza mentale
maremare  25/04/2007 02:03:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ottimo. concordo su tutta la linea.
Invia una mail all'autore del commento vlad  09/05/2007 18:14:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Minchia che uomo! Epperò dopo cotanto commento andrò a vederlo con delle signore aspettative...
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  10/05/2007 00:25:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Invia una mail all'autore del commento kowalsky  10/05/2007 00:25:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lo spoiler è per Vlad
Invia una mail all'autore del commento vlad  10/05/2007 18:12:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Invia una mail all'autore del commento Gualty  22/03/2008 23:57:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"un'umanità dove vittime e carnefici possono essere sottoposti allo stesso trattamento, condividendo la propria prigionia ideologica". bè, il capitano che nascosto in soffitta passa le giornate a trascrivere la vita della sua preda, tracciando col gesso la piantina della casa spostandosi secondo i movimenti della sua marionetta, direi che segna abbastanza bene il legame tra i due. cmq nemmeno la necessità di sottolineare l'ottimo commento, ormai è come metter su Are you experienced e parlarne.

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patt  27/04/2007 20:05:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
..quanto sei bravo :)..smack!