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CHIEDO ASILO regia di Marco Ferreri

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amterme63     7 / 10  08/08/2010 14:33:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con "Chiedo Asilo" Ferreri ci regala l'ennesimo ritratto sbozzato e quasi simbolico di un maschio italiano. Stavolta va a ritrarre una categoria abbastanza diffusa alla fine degli anni '70, quella dell'idealista progressista di area comunista. In qualche maniera ci dà un saggio pratico di quel tipo di cultura, saltanto a piè pari tutte le diatribe teoriche. Ferreri si è sempre interessato ai risvolti pratici e di esperienza vissuta che hanno avuto le varie idee e ideologie che si sono succedute in Italia/Francia fra gli anni 60 e 80.
E chi meglio di Roberto Benigni poteva esprimere i concetti di vita libera e spontanea, di fantasia al potere, di dedizione totale per gli altri, di vita aperta e collettiva piuttosto che chiusa ed egoista, senza ruoli e istituzioni rigidi e predefiniti.
La scelta di vita del protagonista del film (si chiama Roberto come l'attore – richiamo stilistico a La Grande Abbuffata) è controcorrente, è apertamente antiborghese. Basta vedere la sua casa (la vera casa di Benigni a Roma): tutta all'aria, piena di libri, con mobili del "vecchio mondo" contadino, segno di rifiuto dell'esigenza moderna e borghese di essere ed apparire aggiornati e all'ultima moda. Vive insieme ad un amico molto "sui generis", il grande ed umile Carlo Monni che recita un attore scalcinato di teatro underground (cosa che era anche nella realtà di allora).
Roberto svolge un ruolo educativo (tipico ruolo delle persone impegnate nell'ideale utopico) in un asilo, a stretto contatto con i bambini. Quello che cerca di fare è semplicemente farli esprimere liberamente, essere se stessi. Roberto rimane sì maestro e guida ma senza far sentire distacco o superiorità nei confronti dei bambini. In pratica "si fa" bambino, conquista la loro fiducia e li guida con la spensieratezza e il divertimento. Quello che salta all'occhio di questa "educazione" è il fatto che è senza paranoie e senza preclusioni verso il mondo esterno. L'asilo ha le porte aperte, si accettano tutti i rischi (si fa entrare un asino passando sopra il pericolo che scalci: "perché deve scalciare ad un bambino" dice Luca, un adulto-bambino che collabora con Roberto), e addirittura si fanno scorazzare liberamente i bambini in una fabbrica! L'asilo è l'occasione per far imparare i bambini a vivere insieme, ad acquistare una coscienza collettiva e la stessa mira e politica la si impiega anche nei confronti dei genitori.
Non si nascondo però i limiti di questo tipo di educazione e il pericolo di fallimento. Il fattore negativo che incide di più è l'ambiente. Il film è girato a Corticella, un quartiere dormitorio di Bologna, e l'ambiente asettico, geometrico, innaturale, quasi astratto e senza vita, è onnipresente in ogni inquadratura. L'ambiente costruito dalla società economica pesa e incombe sull'ambiente costruito dalla volontà umana. Sarà lui un giorno ad ottenere la vittoria, imponendo i suoi spazi e le sue regole sull'anarchia e la fantasia. Il film stesso alla fine, per dare sbocco e realizzazione all'utopia sognata da Roberto, "ripiega" su una località del vecchio mondo industriale in disuso nell'arretrata e tradizionale Sardegna (l'Argentiera). L'ideale si compie dentro un cinema abbandonato, in riva al mare, non nella moderna Corticella.
Altro segno di "sconfitta" è il grandissimo successo che ha avuto un giorno l'introduzione della TV in aula. Tutti (ma proprio tutti) i bambini ne sono stati come calamitati e hanno abbandonato i loro giochi pratici per mettersi davanti a quell'arnese ipnotizzante. C'è poi l'enorme entusiasmo alla vista di un Goldrake gigante fatto girare simbolicamente per le vie di Corticella. Anche quello è il segno che l'utopia educativa di Roberto è destinata alla sconfitta.
Anche a livello umano ci sono problemi. Roberto rifiuta l'istituto tradizionale della famiglia. Per lui tutto l'asilo è la sua famiglia, tutti i bambini sono suoi bambini. Quindi un "proprio" bambino non avrà molto di più di quello che viene dato anche agli altri. Anzi secondo la legge "ad ognuno secondo i propri bisogni", si dà maggiore attenzione a chi ha più problemi e necessità (come Gianluigi, un bambino autistico). Questa filosofia di Roberto stenta ad entrare in testa alla sua momentanea compagna, la quale si ritrova incinta di lui.
Il finale è molto simbolico ed aperto, quasi criptico, come nello stile dei film di Ferreri.
Roberto e Gianluigi "spariscono" nel mare, mentre fuori la vita continua.
Si rimane un po' perplessi di fronte all'interpretazione degli attori. Intanto quasi tutto il film è basato sull'improvvisazione e in questo bisogna dare atto a Benigni di estrema bravura. Sa dare la giusta battuta in risposta alle improvvisazioni dei bambini. Il discorso cambia quando Ferreri passa dalle visuali d'insieme ai primi piani. Allora Benigni appare sempre con la stessa espressione trasognata e quasi malinconica, non certo tipica di un attore in parte. E' un modo di fare che sconcerta, che dà l'impressione di dilettantismo. In realtà è quasi sicuramente voluto, per trasmettere un atteggiamento di estraniamento (tipico della poetica di Brecht) e dare un tocco di malinconia, poesia e umanità al personaggio e a tutta la storia; un invito a prenderla come una specie di fiaba o storia poetica.
Certo si vede che Benigni è agli inizi. In seguito saprà molto meglio affinare il suo bagaglio espressivo.