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SUBCONSCIOUS CRUELTY regia di Karim Hussain

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     6 / 10  02/12/2013 11:34:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quattro episodi contraddistinti dall'assenza di dialoghi, scenografie spoglie e dal pregevole utilizzo del colore. Le tematiche sono molto estreme tra violenze e blasfemie assortite, il tutto accompagnato da una colonna sonora di grande livello.
In "Ovarian Eyeball" una poveraccia viene sottoposta ad un' operazione chirurgica che darà "frutti" a dir poco inaspettati.
A seguire "Human Larvae", dove a tenere banco è l'odio di un uomo verso la sorella in stato interessante. Le sue malate elucubrazioni riguardo la procreazione lo spingeranno ad un gesto estremo.
Quindi "Rebirth", capitolo new age con un gruppo di giovani che amoreggia con madre natura.
A chiudere c'è "Right brain / Martyrdom" in cui un uomo si masturba guardando un film hard contravvenendo i dettami della sua religione. In sogno si trasformerà in un nuovo messia sottoposto ad un calvario costellato da incredibili crudeltà.
Sicuramente un film non per tutti ed idolatrato da una nutrita schiera di fans del weird estremista; in realtà apprezzabile dal punto di vista tecnico, molto meno da quello contenutistico. Karim Hussain sembrerebbe utilizzare lo shock per lanciare un messaggio filosofico sovversivo; però il risultato finale annoia, appare gratuito e loffio, senza contare che arriva un po' fuori tempo massimo. L'obiettivo può forse ritenersi centrato nel secondo episodio, molto meno in tutti gli altri dove il regista assume posizione mai incisiva, o meglio, superficiale dal punto di vista delle argomentazioni che danno spesso la sensazione di perseguire unicamente il facile disgusto.
Se Hussain voleva turbare può di certo gongolare, semmai il problema sta nel puntare oltre senza aver realmente qualcosa da dire. "Subconscious cruelty" è quindi un film coraggioso ma allo stesso tempo frenato dalle anonime riflessioni pseudo-intellettuali del suo creatore. La poetica macabra è inseguita vanamente e anche quando si materializza pare fin troppo posticcia.
Resta più di un dubbio sulla sincerità del lavoro, forse realizzato più per scopi autopromozionali.