pier91 9 / 10 31/08/2012 19:25:39 » Rispondi Racconto di un esodo esilarante e commovente, surreale eppure concretissimo. Difficile stabilire in quale misura la Fame di Citti sia corporeità, in quale allegoria. A me pare che in ogni caso nasconda il terrore che cuore e cervello, loro così metafisici e ideali, sprofondino nella voragine dello stomaco, volgare e schiavizzante, legato ad un bisogno che è spesso motivo di dolente vergogna. Fra il grande digiuno e la grande abbuffata, nella terra di nessuno ("estero" la chiama Gaber), sembra risiedere il segreto della felice sazietà.
"- ..Perché questo mondo è un cesso. - E beato chi ci può ca.gare. "