caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

THE ELEPHANT MAN regia di David Lynch

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
stratoZ     8 / 10  26/02/2024 12:58:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Dopo l'incubo pulsante di Eraserhead, shockante esordio dell'autore, Lynch si concede un film su commissione, molto più sobrio e lineare del precedente ma in generale anche di quella parte di filmografia per cui diventerà celebre in futuro, "The Elephant Man" è una biografia a sfondo antropologico molto abile nell'analizzare la società vittoriana e scuotere la coscienza dello spettatore con una forte compassione e un'empatia enorme.

Il film racconta la storia di John Merrick, uomo gravemente deforme a causa di questa malattia degenerativa prima a lavoro come freak e successivamente accolto in una stanza di ospedale grazie al dottor Treves.
Ciò che colpisce della rappresentazione che mette in atto Lynch è l'analisi socioantropologica mostrata da un doppio punto di vista, quello del protagonista stesso e quello della società che gli ruota attorno.
Mi spiego meglio: l'evoluzione del personaggio di Merrick è abbastanza basilare e di per sé nulla di così nuovo nel contesto del biopic, tuttavia il film tende a concentrarsi su quello che è il contesto: avendo vissuto sempre con persone che lo maltrattavano il nostro protagonista ha come una barriera davanti che lo blocca continuamente, è impaurito da tutto perché probabilmente in passato ogni sua azione ha portato a brutte reazioni da parte degli interlocutori, tanto dall'essere bloccato semplicemente nel dire "Sì" la prima volta che il dottor Treves prova a parlargli. E' il contesto amichevole che Treves costruirà attorno a lui che permetterà la fioritura di Merrick come persona, instillerà in lui la voglia di scrivere, disegnare, dire la sua, addirittura arrivare ad assistere ad uno spettacolo teatrale ed essere trattato con rispetto, cosa utopica all'inizio del film in cui era trattato al livello delle bestie, tanto che la persona che lo aveva in "cura" si identificava come il padrone. Il processo di fiducia, autodeterminazione e consapevolezza restituirà una dignità umana al personaggio, lo renderà capace di esprimersi ed intrattenere rapporti sociali, lo renderà autosufficiente, per quanto fisicamente possibile, andando ad interrompere quello che considero un incantesimo sociale, per il quale fino a quel momento essendo stato trattato da bestia, si considerava una bestia lui stesso, diventandolo davvero per abitudine nel momento in cui il meccanismo di autodifesa lo annullava come essere umano.

D'altro canto c'è anche una forte denuncia dell'ipocrisia di quel contesto, ma anche una forte dimostrazione della cattiveria, mostrata dai soprusi che Merrick si ritrova a subire, ce ne sono parecchie di scene al riguardo, dal grottesco quanto evocativo ballo che le persone infiltrate nella sua camera gli fanno fare per colpa del custode, alla scena della stazione con quel dialogo struggente che rimane impresso nella mente dello spettatore: "I am not an elephant! I am not an animal! I am a human being! I... am... a man!"
E poi ci sono quei meccanismi atti a smascherare la meschinità umana e l'ipocrisia, che per me oltre alla grande vena empatica che si prova nei confronti del protagonista sono quelli che danno struggevolezza ma soprattutto una forte disillusione al film, basti guardare la scena della lettera della Regina Vittoria in cui uno dei medici è fermamente contrario a tenere Merrick in ospedale, come viene convinto dalla lettera di una persona sopra di lui nella catena dello status, questa scena mostra egregiamente il condizionamento sociale e allo stesso tempo il diverso peso che si tende a dare ad una persona rispetto ad un'altra.
Lo stesso Treves, che probabilmente è il personaggio più positivo del film, inizialmente è interessato a Merrick per interessi personali e professionali.

Lynch mette in scena un'Inghilterra vittoriana lontana dalle solite rappresentazioni romanzate, eleganti e tipicamente borghesi, con delle ambientazioni sporche e degradate e una componente visiva un po' vetusta che ricorda molto le foto d'epoca, con quei neri un po' sporchi e poco contrasto, la regia è elegante e mai invadente, regala spesso primi piani carichi di emozione, alcuni indimenticabili, basti vedere le lacrimucce sul volto di Hopkins la prima volta che incontra l'uomo elefante di presenza, ma anche le stesse lacrime di Merrick quando viene trattato bene per la prima volta da una donna, roba che ti scioglie proprio il cuore.
Of course, David non ne può fare a meno e si concede due sequenze in croce, ma pur sempre se le concede, di visioni surreali, con l'incipit simbolico della donna calpestata dall'elefante una visione febbrile e oscura che anticipa la sofferenza di un film tanto duro quanto emozionante, non lo metto tra i miei preferiti di Lynch perché la tripletta "Eraserhead", "Lost highway" e "Mulholland drive" è irraggiungibile, ma in ogni caso è una biografia validissima, e quel finale, santo cielo, che magone.