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STRADE PERDUTE regia di David Lynch

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  14/11/2006 23:37:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Potrebbe non essere un caso, ma lo script di "lost highway" ha qualche affinità non solo con "Vertigo" di Hitchcock ma con almeno tre film del 1944: "la fiamma del peccato", "la donna del ritratto" - "vertigine".
A questo punto la giostra onirica di Lynch puo' arrestarsi e inaugurare una trilogia ideale (con "mullholland drive" e "Inland empire" che è una sorta di irriverente bignami lynchiano) che non c'è.
Come in molti film di Lynch è opportuno seguire attentamente non tanto o solo la storia, ma anche i dialoghi, i gesti, le azioni, e le espressioni nel volto dei protagonisti.
Per fare un esempio, solo in un secondo momento l'inconscio stabilirà e libererà quello che ci era sembrato evidente, ma non abbiamo voluto immediatamente trasferire nel nostro intuito immaginario: emblema di tutto cio' è indubbiamente la figura di Fred Madison e i suoi comportamenti paranoici che nascondono una forte e percettiva gelosia nei riguardi della bellissima moglie.
Così è facile ravvedere nel giovane Pete una summa liberatoria dell'impotenza di Fred, e magari ancora credere che il presunto boss della malavita sia in realtà un rivale edipico in amore, o la raffigurazione mentale dello stesso Fred vs. Pete.
Possiamo pero' anche evitare di seguire la stessa linea e lasciarci abbandonare alla storia, inseguendo un psico-noir torbido e affascinante, che sembra inesorabile e breve allo stesso tempo, con un finale degno di Wes Craven.
O i magnifici flashback di Fred in prigione, e la sua successiva (immaginaria?) reincarnazione nel giovane Pete.
O rincorrere i simboli, e dominarli come Lynch riesce a fare, pur perdendosi talvolta per strada.
"lost highway" è un grande film di Lynch ma non è il suo capolavoro.
Quando affonda nel retaggio hardcore, corre il rischio di fare brutte figure (e le sequenze pseudo-porno sono abbondantemente grottesche e mal girate)

Ma, come spesso accade, l'autore colma i suoi limiti (forse comprensibili nel "vortice" malato della sua virtuosità) con scelte formali di altissimo livello: le dimore ridotte all'essenziale, puro design futurista a supporto dell'esistenza minata della coppia di protagonisti e, soprattutto, l'incantevole presenza-assenza di Patricia Arquette, ora moglie da infarto, ora pupa del gangster, ora fatalona peccaminosa che - come nei migliori fumetti e romanzi hard-boiled - è splendida (in tutti i sensi) nel raffigurare la seduzione femminile con la sua (finta) vocazione al vittimismo, e al doppiogiochismo corporale...
peccato ripeto, peccato davvero per quel brutto efford dei pornocinefilè che - strano a dirsi - è una caduta libera in cui incappano molti (anche il sottovalutato "la dalia nera" di De Palma non ha certo i suoi momenti migliori quando sfiora il voyeurismo...).
Da segnalare la colonna sonora assai suggestiva e inquietante - musiche del fedele Badalamenti e ancora Bowie, Rammstein, Lou Reed, This Mortal Coil e - dulcis in fondo - Marilyn Manson, che compare in una fugace apparizione hard e stravolge splendidamente "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins: scelta fin troppo ovvia (uomo/donna/doppio/canzone maledetta) per avere "il Diavolo in casa".