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GRINDHOUSE - A PROVA DI MORTE regia di Quentin Tarantino

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Woodman     5½ / 10  31/08/2013 21:15:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In assoluto il più vuoto, banale, insignificante film di Tarantino, ovvero un'orgia di citazioni a tutto spiano, che non solo riempiono il film, ma lo costruiscono.
L'esagerazione che c'è alla radice non stempera nemmeno per un attimo, neanche quando si arriva ai momenti forti. La scena dello scontro letale che chiude la prima storia l'ho trovata assai spiazzante, ma è tutto quello che accade prima ad essere insulso: personaggi incredibilmente stupidi, a tratti sciatti, che ostentano originalità satura col solo risultato di autoannullarsi. Non una frase memorabile, non una traccia di discorso geniale. Tutto procede a ripetizione, stanco e già visto (quando l'autocitazionismo non è curato e intelligente, resta fine a se stesso, vacuo e noioso, caro Quentin).
Si finisce inevitabilmente col parteggiare per Kurt, e sperare che quelle tro.ie muoiano in fretta e orrendamente.
Quando arriva il momento innegabile entusiasmo.
Con la seconda parte tutto si ravviva un po', le nuove eroine sono gustose, simpatiche e conservano un pizzico di inverosimiglianza piacevole (ma non certo sconvolgente). L'adrenalina succede ai brillanti dialoghi, proseguendo sino ad un finale commovente tanto è brutto. Si arriva alla fine ben lucidi sugli scopi di Tarantino, ovvero realizzare un film omaggio al 100% alle pellicole da grindhouse, alla serie Z più zetosa di sempre, agli attori e ai film divenuti leggende solo fra aficidionados.
Ma l'operazione non può certo dirsi riuscita.
Enfasi caricata a molla da ricicli che alla lunga SONO il film, privato d'ogni autenticità, attrici in forma relegate a ruoli sottili come la pellicola frutto d'ossessione morbosa per il regista, infilate in mezzi personaggi approfonditi male o per niente, ricicli automatici e sfiancanti di citazioni citazionistiche.
Il troppo stroppia, si suol dire.
Bene, il primo "Grindhouse" è una minestrina riscaldata, un sapore arcinoto e inutile.
A forza di fare il porcellone masturbandosi con le pellicole d'epoca, Tarantino ha assorbito i geni della piattezza e del filiforme, del fotografico e dell'estetizzante. E ha propinato un'interminabile catena di situazioni mediamente divertenti, che non fanno intravedere un solo barlume di innovazione, oltre a quella impropria che il regista ha già più volte imbastito sulle sacre scritture dei suoi megalomani e talvolta splendidi filmS.
Strappa risatine e regala momenti di lucida follia, ma nel complesso c'è solo un mare di entusiasmo annacquato nella prevedibilità e nell'insulsaggine.
Troppo comodo aggrapparsi ai dogmi, troppo presuntuoso fare del proprio stile atipico e limitato un mezzo narrativo, troppo stupido far precipitare ciò che un tempo era l'originalità del tuo cinema nell'etichetta dello stereotipo.
A stento si regge, vivendo solo di un insufficiente entusiasmo.
Un passo falso.
Trascurabile e gonfio, è il film più debole, innocuo e assente del grande regista.