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SALVADOR - 26 ANNI CONTRO regia di Manuel Huerga

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  11/05/2007 01:04:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film encomiabile, a modo suo "importante", e se dovessi giudicare dalle emozioni interiori che mi ha suscitato, darei uno dei voti più alti.
Qualche volta, però, lo spettatore che è in me deve scindere dalla dimensione più obiettiva, credo che sia davvero difficile in questo caso, ma è opportuno.

E, onestamente, l'operazione Salvador di difetti e di scelte stilistiche di dubbio gusto ne ha parecchie: insomma, suscita vivaddio dibattiti e quant'altro, ma non mi è andato giu'

Fotogrammi da manifesti ideologici, si respira un climax da film politico degli anni 60/70 con tutti i pregi e difetti di quel cinema: le scene di rivolta iniziali fanno venire in mente "Fragole e sangue" che è invecchiato male, e a dirla tutta questo film è invecchiato precocemente,
Poi, un post-68 facile e demagogico, ma più che altro didascalico, un pò sullo stile "come inguaiammo il generale" (no non è una parodia) e la colonna sonora iconografica, la musica giusta al momento giusto (Jethro Tull, King Crimson, Dylan, Cohen, etc.).
Puro spirito giovanilista e settariamente ambiguo che non condanna nè assolve in toto le azioni del gruppo, ma azzecca soprattutto una sola cosa, l'immobilismo della Spagna Franchista e il sacrificio dei "ribelli"

E poi, si passa a un'altro film: il regista preme il tasto sui drammi famigliari, azzecca una figura paterna (ma vile), descrive un'amabile sorellina, sostiene una guardia insolitamente redenta (impressionante e inquietante la somiglianza con il leader iraniano Ahmadinejad!) e pensa di essere Costa Gavras.

Funziona? A volte sì, tipo la frase delle guardie "un giorno, forse, lavorerai per loro" lasciata però nel vuoto, o la sequenza della comunicazione via telefono della conferma della condanna mentre il padre di Salvador, davanti alla tv, osserva e capisce.

Peccato solo che questo film serva più come referente storico di un periodo vergognoso e purtroppo abbastanza recente di una Dittatura Europea, e non come pamphlet sociale contro la pena di morte

Peccato che il rapporto tra la guardia che si ravvede (era proprio necessaria? Oh già necessità di emozionare lo spettatore e poi, poverino, è un subalterno cfr. mi ha ricordato "il miglio verde" che ho odiato per gli stessi motivi) e il detenuto sia da latte alle ginocchia

Peccato che io trovi improbabile che dopo aver fatto una rapina si parli tranquillamente e a voce alta di quanti soldi sono stati rubati, o in un'altro bar a raccontare ma mai sottovoce le gesta dell'organizzazione: devono essere stati ben strani e omertosi i bar di Barcellona agli inizi degli anni settanta...

Peccato che il protagonista sia così inespressivo e privo di carisma che l'unica rivoluzione che gli concedo è di giocare a pallone, come appunto fa con la sua guardia (?), in carcere

Peccato che le sparatoie/rappresaglie sotto le finestre di Franco siano risibili e prive di nerbo

Huerga, che ha un senso della misura assai approssimativo, ci conduce poi in un finale piuttosto efficace, dove alberga quel senso temporale della speranza (uh quanta) e della rinuncia, costringendoci però assai gratuitamente ad assistere a qualcosa di cui avremmo fatto volentieri a meno: al confronto Verhoeven è il regista più sobrio del mondo.

Una terribile vicenda storica non può edificarsi a modello dichiarato del cinema e della sua funzione ideologica dei primi anni settanta, perchè il mondo è cambiato da un pezzo.
E neanche insegnarci ancora (effetto Spielberg? Quanta America c'è - del resto - nella prima mezz'ora di film?) che esiste una Lotta Politica a tutt'oggi quando poi sono ambiguamente celate le ragioni culturali e politiche delle gesta di Salvador-Robin Hood e dei suoi compagni...
E tantomeno accetto di dover compromettere questo degnissimo personaggio con il dramma di una bambina che cerca rifugio nelle lacrime degli spettatori

Conclusioni: un film interessante sulla carta, ma assai artificioso nel risultato

Qualche volta devo essere cinico per non chiedere al regista di farmi emozionare, come del resto ha tentato (pure troppo) di fare