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LA CITTA' PROIBITA regia di Zhang Yimou

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     8 / 10  13/06/2007 21:09:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con “The Curse of the Golden Flower” (titolo internazionale decisamente più azzeccato del nostro) e dopo Hero e La foresta dei pugnali volanti (una trilogia spezzata solo da Mille miglia lontano), Yimou sembra definitivamente aver deviato il suo interesse cinematografico verso la Cina (più o meno) antica e pare ormai aver scelto due parametri fissi da inserire nei suoi copioni: il primo, rendere visivamente il meglio possibile il fascino, sia naturale che artificiale, dell’Impero Celeste, uno dei più vasti e sontuosi della storia antica; il secondo, raccontare storie drammatiche personali che siano inserite in questo suggestivo sfondo storico.
La vicenda sembra una tragedia shakespeariana nel suo svolgimento, intrighi familiari nelle alte sfere, passati inconfessati e foschi, insospettate parentele, insomma in tutto e per tutto un dramma familiare che si dipana quasi del tutto all’interno di una reggia, fra le infinite, lussuose camere e lungo gli ornatissimi e labirintici corridoi (dove, al passaggio dei personaggi, voci di altri personaggi non visibili ne annunciano l’arrivo, una trovata di gusto teatrale) ed ogni tanto impreziosito (come gli orientali, devo ammetterlo, sanno fare come nessun altro) da scene di combattimento, individuali e di massa, coreograficamente davvero originali, spesso illustrate con l’uso del rallenty (una moda che si è ormai imposta dopo il successo di 300). E’ evidente però che Yimou affronta il proprio film (proprio perché lo sente “suo”, vicino a sé come persona, non solo come regista) anche con uno spirito diverso, e cioè con l’intenzione, come forse non aveva fatto mai, di porre il personale elogio al glorioso passato della sua nazione, alla nobiltà del suo popolo, alla cultura cinese, per cui tutto quello che circonda i personaggi viene esagerato, ingigantito (non solo nelle dimensioni): i costumi fastosissimi ed enormi, le scenografie ridondanti, curate nei particolari; l’esercito imperiale, i ninja, i funzionari e le geishe della reggia, nella loro esasperata e devota sudditanza e nei loro organizzatissimi e veloci movimenti di massa (non che questa aria autocelebrativa – autoencomiastica nelle proprie opere sia una novità, presente già nel film-“elogio della prateria” di Costner “Balla coi lupi” ed in altri), cioè dipingendo tutto con i tratti tipici della narrazione epica delle gesta di popoli antichi, operando quella leggera distorsione della realtà dei fatti che tanto accresceva lo stupore nell’utente al tempo dei greci (le narrazioni degli aedi) e che impressiona ancora adesso.
La scena della battaglia finale è davvero visivamente imponente (sebbene aiutata dalla computer grafica), incredibile, geniale: come in una partita a scacchi di proporzioni gigantesche ed invertite (il campo di gioco enorme, i contendenti piccoli), i due giocatori schierano i propri combattenti e scatenano una guerra nella reggia, a dimostrare la loro onnipotenza sul loro piccolo mondo. La trama ci offre anche un’ottima analisi dei personaggi, che assumono ognuno il proprio preciso ruolo nella lotta per il potere (anche l’insospettato figlio minore) e dei rapporti fra di essi; in particolare molto umana e sentita la prova di Gong Li nei panni dell’imperatrice, che riesce a trasmettere l’idea che, prima di essere una sovrana, è una donna ed una madre, nella parte anche l’ultrarichiesto Chow Yun Fat.
Come d’abitudine nel genere della tragedia, la divisione bene-male è assolutamente ben marcata ed è facile capire chi dei due vince alla fine, dopotutto quel che conta, qua come in ogni tragedia, è notare i valori morali di chi opera per la giustizia in contrasto con l’abiettezza e la cupidigia dell’antieroe, demarcazione, se vogliamo, qua individuabile anche visivamente, rappresentata dai mastodontici separé-scudi dell’esercito imperiale nella sequenza dello scontro finale.
Un ottimo lavoro dunque, ma io personalmente (ma questo è soltanto un mio capriccio, squisita questione di gusti…) spero che il regista cinese ora sia soddisfatto e che cambi direzione, tornando a dirigere sullo stile delle sue buone vecchie commedie drammatiche.
onda  14/06/2007 09:03:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sulla divisione bene - male, però, c'è chi ha visto un messaggio ambiguo.
E' dalla parte del giusto l'imperatore che, seppure con pochi scrupoli, mantiene l'ordine costituito o l'imperatrice che fomenta una rivolta motivata da giuste ragioni ma anche artefice del caos con la sua relazione proibita?