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PROCESSO A GIOVANNA D'ARCO regia di Robert Bresson

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Marco Iafrate     9 / 10  08/10/2007 23:45:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Aveva appena compiuto 13 anni quando alla povera contadina di Domrémy le apparve un Angelo per nome del Signore che le disse che sarebbero venute a lei Santa Caterina e Santa Margherita per guidarla nel difficile compito di salvare la Francia dall'assedio degli Inglesi in una guerra che durava da quasi 100 anni. La giovane "pulzella" convinta di essere stata scelta da Dio per un nobile scopo, si presentò dal Re Carlo VII e gli chiese, convincendolo, di poter combattere alla testa dell'esercito contro Enrico VI per togliere l'assedio a Orléans. Alla vittoria però non segui' una definitiva conquista e Giovanna fu abbandonata a se stessa, tanto che alcuni mesi dopo, durante un' imboscata, fu catturata e ceduta agli Inglesi sotto lo sguardo indifferente di Carlo VII che non fece nulla per salvarla.
Giovanna D'Arco era un personaggio scomodo, atipico, prima di allora nessuno aveva mai visto una fanciulla cosi' giovane, capelli corti, vestita da uomo guidare un esercito, tanto potere compresso dentro il corpo esile di una fanciulla faceva paura, ancora di più se questo era accompagnato da un alone di stregoneria ed empietà. Venne cosi' incarcerata dando via alla lunga e penosa serie di processi che la portarono al rogo, ed è qui che inizia questo magnifico film di Bresson.
Facendo riferimento agli atti del processo in originale, la sceneggiatura, scritta interamente dal regista, è basata tutta sui dialoghi, freddi, diretti, ellittici, tanto le domande dei giudici quanto le risposte dell'imputata rapiscono per la loro stupenda drammaticità. Di fronte ad una corte austera, incalzante, senza un minimo di compassione (bravissimi gli attori) nei confronti, se vogliamo, di una bambina, troneggia la figura di Giovanna D'Arco che la fede spinge a non capitolare e non finire nella tela tessuta dagli inquisitori che tentano inutilmente di redimerla. Una visione che nonostante rimanga ancorata per quasi tutto il tempo tra l'interno dell'"aula di tribunale" e la cella dell'imputata non opprime ne tantomeno annoia, è dalla soglia di attenzione e partecipazione con la quale lo si guarda che si giudica questo film basato tutto sulla forza delle parole.