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LE ALI DELLA LIBERTA' regia di Frank Darabont

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Spotify     10 / 10  05/03/2018 15:54:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uno dei migliori lungometraggi della storia. Personalmente, ritengo che "Le Ali della Libertà" sia, insieme ad altre pochissime opere della settima arte, l'esempio di film perfetto.
"The Shawshank Redemption", tratto da un romanzo di Stephen King, discute, appunto, della libertà di un essere umano e cosa questa virtù, significhi davvero.
La trama vede protagonista Andy Dufresne, un bancario accusato dell'omicidio della moglie e dell'amante di questa. Dufresne, in tribunale, è condannato ad un doppio ergastolo, da scontare nella prigione di Shawshank. In questo carcere, la violenza è all'ordine del giorno, con le guardie che sono i carnefici, capitanate dal sanguinario Hadley. Il direttore Norton, possibilmente, è ancora peggio, essendo ipocrita e corrotto ed, è lui il primo ad avallare le maniere forti nei confronti dei detenuti. Andy, passa una prima parte della sua pena in disparte, costretto a guardarsi le spalle dalle "sorelle", una banda di detenuti stupratori con a capo Bogs Diamond. Passato un po' di tempo, Dufresne fa amicizia con Red, colui che dentro il carcere riesce a far entrare di tutto. I due ben presto diventano inseparabili. Oltretutto Andy, grazie alle sue abilità bancarie, si fa amico il direttore, il quale gli garantisce privilegi in cambio del lavoro alle pratiche contabili, le quali, cominceranno ad arricchire Norton con denaro sporco. Tuttavia, nel corso degli anni, le cose peggiorano ed Andy, esasperato da tutta l'ipocrisia e la brutalità a cui sono vittime sia i suoi amici che lui, deciderà di mettere in atto il suo piano di evasione, ideato tanti anni prima.
Darabont mette in scena, un vero e proprio saggio sulla libertà. Il regista cerca di far capire allo spettatore, cosa vuol dire essere un uomo libero. Ma Darabont non ci presenta la libertà attraverso frasi o circostanze scontate, anzi, sono alcune piccole sequenze che racchiudono il vero significato dell'essere liberi.


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Alla fine, l'astante capisce che la libertà è la cosa migliore che possa esistere, perché se siamo liberi, possiamo agire nella maniera che più ci piace (ovviamente entro i canoni morali) e le uniche persone che hanno potere decisionale sul cosa fare e sul cosa non fare, siamo noi stessi.
Purtroppo, Darabont ci mostra anche come la prigione, agisca sulla mente del prigioniero, fino a fargli perdere il concetto stesso di libertà, perché oramai, l'individuo, dopo un considerevole tempo trascorso in galera, considera il carcere come casa sua e diventa, come dicono nel film, istituzionalizzato.



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Proprio a proposito delle carceri, il director muove una feroce critica sui metodi che si utilizzano in questi posti. I secondini sono peggio dei prigionieri e non esitano ad esercitare violenza anche nei confronti di chi non si espone ai pestaggi. Esemplare in questo caso la caratterizzazione del personaggio di Hadley, un vero e proprio carnefice senza pietà. I direttori sono invece quelli che orchestrano tutto da dietro le quinte. Sono crudeli e spietati come nel caso di Norton. Ed, a proposito di quest'ultimo, io ci ho visto delle similarità con l'anticristo. Darabont lo fa talmente cattivo e vendicativo che pare davvero essere il diavolo in persona. D'altronde la prigione di Shawshank, per Norton, è un po' come il suo inferno, i detenuti sono i dannati e lui è il re lucifero.
I personaggi di Dufresne e Red non si poteva delinearli meglio. Innanzitutto sono davvero credibili e molto eleganti, nei gesti e nei dialoghi, e poi sono due soggetti che colpiscono lo spettatore per il loro bellissimo rapporto d'amicizia che si viene a creare col tempo. Poi, entrambi i protagonisti, sono resi da Darabont estremamente versatili, cosa non da poco.
Il ritmo vola. In 140 minuti si vivono emozioni che ogni cinefilo vorrebbe vivere a ciascun film che vede. Quando la pellicola finisce, si è quasi dispiaciuti, anche perché, tra le altre cose, l'astante si affeziona ad Andy e a Red. Da sottolineare un montaggio fantastico, il quale fa scorrere il film liscio come l'olio.
C'è da dire che Darabont non sfoggia una regia virtuosa o spettacolare, ma, preferisce andare al sodo, concentrarsi il più possibile sui personaggi. Certo, la pellicola è girata benissimo, ma il director fa tutto con estrema umiltà, cercando di raccontare una storia allo spettatore.
Ad esempio abbiamo una esemplare gestione dei dialoghi, tra i principali motori dell'opera, oppure c'è la grandissima caratterizzazione degli iconici personaggi, o ancora, il continuo sviluppo degli eventi, molti dei quali spiazzanti, che danno continui scossoni emotivi all'astante.
Il cinema è anche questo, si può fare un capolavoro pur non essendo Spielberg dietro la macchina da presa, basta saper posizionare con dimestichezza e intelligenza i vari tasselli del puzzle .
Il finale è davvero toccante. Era scontato, si, però, e lo ripeto ancora una volta, Darabont fa capire cosa significhi per un uomo, il valore della libertà.


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Il cast è di autentici fuoriclasse. Abbiamo un maestoso Morgan Freeman, il quale purtroppo perse l'oscar contro un altrettanto maestoso attore, ovvero Tom Hanks, reduce dalla superlativa performance di "Forrest Gump". Freeman, ancora una volta, sfodera capacità recitative fuori dal comune, ti sa coinvolgere soltanto col suo sguardo. Poi in questo film ha una versatilità spaventosa: in alcuni frangenti è simpaticissimo, in altri, è la saggezza fatta persona. Interpretazione dei dialoghi strepitosa.
Tim Robbins ha avuto la sola sfortuna di aver avuto accanto a lui, nel film, uno come Freeman, altrimenti il premio miglior attore della pellicola, sarebbe spettato a lui. Tim è estremamente credibile, fa provare moltissima empatia allo spettatore, il quale vorrebbe in qualche modo aiutarlo. Robbins, attraverso il suo sguardo turbato e le sue smorfie, riesce a far capire cosa significhi essere condannati all'ergastolo e vivere ogni giorno che resta della propria vita in un posto come Shawshank. La sofferenza traspare dallo sguardo dell'interprete. Grande recitazione dei dialoghi anche in questo caso.
La scenografia è protagonista quasi quanto Andy e Red. Come Brooks, anche lo spettatore, dopo un po', comincia, in certo senso, a "voler bene" alle mura di Shawshank. E' uno stranissmo effetto, che Darabont riesce a realizzare con molta astuzia.
La fotografia è riuscita bene. Io l'ho trovata particolare, in quanto, è un po' cupa, quasi sgranata in certi punti. Questa fotografia rispecchia benissimo Shawshank, ne evidenzia lo stato d'animo triste dei protagonisti, la cattiveria dei secondini e del direttore, la negazione della libertà ecc...
La colonna sonora è meravigliosa. Molto malinconica, adattissima per un film così. Il soundtrack non è usato frequentamente da Darabont, ma, quando il regista lo utilizza, le scene assumono un sapore completamente diverso.
La sceneggiatura è perfetta. Impianto narrativo studiato nei minimi dettagli, nulla è lasciato per strada o al caso, colpi di scena dosati, utilizzati nei momenti opportuni e, quando accadono, sono spiazzanti. Stesura dei personaggi impeccabile e dialoghi divini, forse tra i migliori mai scritti. Impossibile pretendere di più.
Se propria bisogna trovare il neo, forse c'è un po' di quella tipica retorica che da sempre è presente in pellicole del genere, ma "Le Ali della Libertà" è talmente unico che questo minuscolo difetto non influisce minimamente sul giudizio finale.

Conclusione: un film poetico, intenso, emozionante, drammatico, divertente, duro e chi più ne ha più ne metta. Per me tra le migliori pellicole di sempre. Non servono altre parole, se non lo avete visto, siete obbligati a rimediare!