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I DANNATI DI VARSAVIA regia di Andrzej Wajda

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stratoZ     9½ / 10  20/03/2024 12:49:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Capolavoro di Wajda, uno dei film che meglio mostrano l'orrore della guerra, un film nero e senza speranza, struggente e spietato, dall'impatto emotivo travolgente e capace di scuotere le coscienze, letteralmente soffocante e schiacciante, come esattamente è la guerra.

Wajda narra le gesta di questo gruppo di patrioti polacchi che provano a ribellarsi all'invasore nazista, una potenza troppo forte per loro tanto che il loro destino è già segnato, non possono combattere i carri armati e gli aerei con granate e pistole, i nazisti hanno già preso il controllo di tutto, è solo questione di tempo prima che arrivino dove sono loro, il film parte già senza speranza.
In questo dramma collettivo della guerra l'autore si focalizza anche nel dramma privato che ne viene influenzato, addentrandosi nei rapporti dei personaggi all'interno del gruppo, scandendo elegantemente le loro personalità, i loro sogni, che probabilmente mai si realizzeranno. Dal musicista con un carattere bizzarro che non perde occasione per esprimere la sua creatività, anche suonando il piano in mezzo alle macerie, come fosse un oasi di bellezza in mezzo agli orrori della guerra, dando anche di matto nella seconda parte del film probabilmente per una psiche martoriata dalla tensione e da quella sensazione schiacciante di morte, arrivando alla coppia che regala alcuni dei momenti più struggenti del film, fino al tenente Zadra, capo della compagnia sempre più disilluso e con un enorme sconforto dato dalla sorte segnata dei suoi uomini.

Tramite il fantastico pianosequenza iniziale l'autore ci introduce in questo mondo di macerie, in cui ormai tutto è crollato, non c'è più nulla se non un gruppo di uomini rimasti lì come ultimi baluardi della resistenza, fin dall'inizio ci vengono mostrate immagini e situazioni disperate, dalla telefonata di uno dei membri alla famiglia, col collegamento interrotto dall'arrivo dei nazisti, senza sapere il loro destino, fino all'immagine della ragazza amputata, passando dai dialoghi rassegnati della compagnia già consapevole del proprio destino che prova a godersi gli ultimi momenti e uno degli ultimi pasti.

Una delle tematiche principali del film viene introdotta alla proposta di scappare attraverso le fogne per raggiungere dei punti più sicuri e tentare un'insperata sopravvivenza, è lì che il tenente Zadra sarà colpito dal dilemma, continuare a combattere e morire da eroi oppure scappare nei canali fognari come topi? Wajda mette in campo lo scontro tra l'idealismo e il pragmatismo, il primo molto in voga in tempo di guerra, sia per le influenze propagandistiche degli stati che per l'innata voglia di ribellione contro l'oppressore, Zadra vorrebbe questo, vorrebbe morire da eroe, ma alla fine deciderà per il secondo, perché è l'unico modo in cui ha realisticamente una possibilità di salvare la sua vita e quella degli uomini della compagnia, e quindi il film proseguirà all'interno di queste fogne.

Nella seconda parte lo stile cambia totalmente, dai paesaggi aperti e senza ombre, quasi agorafobici dato che tutti gli edifici sono stati abbattuti dai bombardamenti e non ci sarebbe neanche posto per nascondersi in caso di attacco aereo, si passa ai claustrofobici canali fognari di Varsavia, ovviamente cambia tutto, lo stile stesso di Wajda si adatta passando dal virtuosismo dei pianosequenza e dalle inquadrature larghe ad uno stile claustrofobico e ravvicinato, si passa dal bianco delle macerie al buio pesto del mondo sotterraneo, passando anche da un realismo di fondo della prima parte ad un'allucinazione lisergica della seconda, causata anche dalla mancanza di ossigeno, dai gas chimici della fogna e dalle precarie condizioni dei soldati, quest'avventura, per ammissione dei dialoghi stessi del film è una discesa nell'inferno dantesco.

Nonostante la speranza provi a riemergere grazie a questo tentativo di fuga, l'opera progressivamente diventa sempre più disperata, i personaggi si dividono, così come la narrazione, il tempo sembra stringere, gli uomini sono sempre più deboli, affamati, malati, sporchi, l'odissea nelle fogne strema la compagnia nel mentre Wajda ci mostra dei momenti terribili, dal suicidio per l'amore non ricambiato a momenti di pura tensione perché i nazisti possono sentire da sopra se c'è qualcuno e tirare bombe, proprio come avviene, anche la metafora della luce in fondo al tunnel qui viene ribaltata, neanche quella luce da speranza, perché in tempo di guerra la speranza è stata annientata, come si vede dai vari finali quando si arriva all'uscita.

Wajda è magistrale nella direzione della pellicola, cambiando più volte registri e regalando disperazione e tensione continuamente, basti guardare scene come quella delle bombe messe all'uscita del canale fognario, da cuore in gola, o la struggente fine della coppia che trova le sbarre ad impedirgli l'uscita dopo il continuo trascinarsi di lui, giovanissimo e agonizzante, dopo la determinazione di lei in preda ad un amore che non riesce a dichiarare, se non sulle scritte sui muri delle foghe, nel loro rapporto che non sboccerà mai perché mozzato dalla guerra, fino all'amarissimo finale e il ritorno nelle fogne del tenente ormai in preda all'ira e alla disperazione per la sorte dei suoi uomini.

Film semplicemente immenso.