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GRIDO DI PIETRA regia di Werner Herzog

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dobel     5½ / 10  24/01/2010 01:17:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
'Grido di pietra' è il titolo di un bellissimo libro che Reinhold Messner ha scritto per dare una risposta definitiva ad uno dei più appassionanti gialli dell'alpinismo del novecento.
Si tratta della prima ascensione del Cerro Torre ad opera di Cesare Maestri e Toni Egger nel 1959. Maestri ha sempre sostenuto di aver raggiunto la vetta per poi essere disceso durante una tormenta nella quale il povero Egger perse la vita. Il suo corpo verrà ritrovato solo qualche decennio più tardi.
I dubbi sulla veridicità della versione di Maestri sono cominciati quasi subito: il Cerro Torre è da sempre considerata la montagna più difficile della terra, soprattutto con i poveri mezzi a disposizione nel 1959. Messner, polemizzando con mezzo mondo alpinistico per quarant'anni, ha finalmente dimostrato che la conquista della vetta non può essere avvenuta. Le motivazioni sono molteplici: l'inadeguatezza dei mezzi tecnici nel '59, le continue contraddizioni di Maestri nell'illustrare gli eventi, l'incapacità dello stesso di descrivere adeguatamente il percorso svolto, la totale assenza di resti dell'arrampicata nelle zone da lui indicate come quelle della salita, l'impossibilità da parte sua di ripercorrere la stessa via, infine la seconda salita del 1970 per altra via e con mezzi tecnici completamente differenti (trapano e chiodi ad espansione) a dimostrazione della prima salita.
Il 'ragno delle dolomiti' pare abbia ingannato il mondo alpinistico per più di cinquant'anni (forse inconsapevolmente, giacché Messner adombra anche l'ipotesi che Maestri, in stato confusionale dopo la tragedia capitata al compagno di cordata abbia travisato i ricordi).
La stessa cosa capita in questo pessimo film: il giovane Martin vuole dimostrare di poter scalare qualsiasi cosa e si lancia con il compagno Hans (interpretato da un grandissimo alpinista, tra l'altro, Hans Kammerlander) alla conquista della montagna impossibile. Nel ritorno Hans perde la vita, e Martin, sostenuto abilmente dalla stampa, sostiene di aver raggiunto la vetta. Il personaggio di Martin è chiaramente ricalcato sulla figura del grande Cesare Maestri: arrogante, esibizionista, molto attento all'immagine, sfruttatore dei mass media. La sua vicenda è poi esattamente identica a quella capitata a Maestri (non a caso la consulenza per il film è stata fatta dallo stesso Messner) e ad Egger. A lui si contrappone la figura di un vecchio alpinista ( un purista che assume verso la montagna un atteggiamento quasi mistico) dal nome curioso: Roccia Immerkofler (sul nome sorvoliamo, il cognome è quello di una grande guida austroungarica caduta nel 1917 sulle dolomiti durante la Grande Guerra) che vuole raggiungere la vetta del Torre sfidando il più giovane collega. Il modo di porsi verso l'alpinismo dei due è antitetico: esibizionista e esteriore quello dell'uno, e del tutto interiore e improntato alla massima umiltà quello dell'altro.
Se il primo dei due è ispirato a Cesare Maestri, l'altro potrebbe essere benissimo il suo storico antagonista Walter Bonatti: serio, umile, per niente sbruffone... se non fosse per quel residuo di antipatia che lo rende particolarmente scostante. Che non sia proprio un autoritratto dello stesso Messner? Il grande scalatore sudtirolese (ritenuto, anzi, il più grande del novecento, e credo anch'io che lo sia stato), non è certo un personaggio comodo e facile, e spesso nemmeno simpatico. Ma non si può certo dire che non sappia di cosa sta parlando (anche se non ha mai scalato il Cerro Torre).
Il film comunque è assolutamente mediocre. Vorrebbe forse parlare di superomismo, oppure della tensione dell'uomo verso il raggiungimento di un qualcosa che lo trascende o semplicemente del limite delle proprie possibilità, ma non ci riesce. Peccato! La storia avrebbe potuto essere un buon soggetto per un bel film...