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BOKASSA - ECHI DI UN REGNO OSCURO regia di Werner Herzog

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  18/09/2015 10:37:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Notoriamente attratto dalle personalità carismatiche, possibilmente contraddittorie e ambiguamente scisse, Werner Herzog con "Echi di un regno oscuro" firma un documentario sul controverso e sanguinario dittatore Jean-Bedel Bokassa.
Ovvero una sorta di lucido pazzoide dapprima divenuto presidente della Repubblica Centroafricana mediante colpo di stato, poi autoproclamatosi imperatore della stessa nel nome dell'idolo Napoleone. Per inquadrare il personaggio e comprendere il delirio di onnipotenza da cui era affetto basti pensare che la sfarzosa cerimonia dissanguò le già misere casse statali spingendo sul lastrico il paese intero.
Si ricostruisce parte della sua storia con l'aiuto del giornalista inglese Michael Goldsmith (finito in galera perchè sospettato di spionaggio durante le riprese, come spiegato da Herzog in persona nell'incipit della pellicola), mediante una serie di interviste a persone che ebbero a che fare con Bokassa in svariati modi. Le voci sono quelle dei suoi avversari politici, delle sue mogli, del popolo vessato, degli avvocati: un coro variegato nel tentativo di inquadrare un personaggio quasi insondabile.
Un uomo che come la maggior parte dei tiranni ha costruito il proprio prestigio sul terrore, uccidendo e torturando, si dice addirittura cibandosi dei cadaveri dei suoi oppositori. Non poi così pazzo come poteva sembrare in quanto capace di dominare sul paese per 13 anni, seppur non senza il benestare della Francia tenuta a cuccia con uranio e concessioni alla caccia grossa in quella che è una vecchia quando distorta alleanza tra Africa e vecchio Continente.
A mancare è l'intervista proprio al protagonista (all'epoca delle registrazioni rinchiuso carcere), dapprima concessa, poi negata, con regista e troupe arrestati e rispediti in patria. Ne esce comunque un mosaico per lo più inquietante, anche se alcune situazioni - come la storia della ballerina rumena- tendono a stemperare la negatività tracimante dal girato. Herzog si nasconde limitandosi a firmare interviste come il più modesto degli operatori in varie location tra cui Venezia, per poi far esplodere solo in isolate circostanze il suo incredibile talento. La scena della migrazione dei granchi e la chiusura emblematica sullo scimpanzè tabagista impressionano.