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REIGN OVER ME regia di Mike Binder

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olikarin     7½ / 10  11/09/2017 02:08:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sembrerà fuori luogo ma penso che i titoli di coda servano anche a permettere allo spettatore di assaporare maggiormente un film: così mi è successo alla fine di "Reign over me", ad occhi chiusi, lasciandomi cullare dalle note dell'omonima canzone, colonna portante di scene fondamentali all'interno della pellicola.

Le numerose inquadrature girate di notte assieme ad una splendida ed efficace colonna sonora creano la giusta atmosfera che ci aiuta ad immedesimarci in Charlie ed Alan. Personalmente, ad un primo impatto, non ho simpatizzato troppo per Charlie, interpretato da Adam Sandler, come se fosse impossibile comprenderlo o avvicinarmi a lui. In effetti, anche le scelte di regia hanno favorito quest'impressione: partiamo da campi lunghi che mostrano una magica New York di notte e Charlie che vaga sul suo monopattino, per arrivare ad intensissimi primi piani che stimolano una fortissima empatia col personaggio. Buonissima interpretazione anche da parte di Don Cheadle, che interpreta Alan e, in generale, buona interpretazione da parte di tutto il cast.

Charlie e Alan sono due compagni di università che si rincontrano dopo tantissimi anni, due uomini segnati ognuno dalla propria storia. Viene forse spontaneo chiedersi chi dei due vive il vero dramma: Charlie alle prese col passato o Alan turbato dal presente? Charlie è segnato da una tragedia, per via della quale ha perso la moglie e le tre figlie, di lui non resta quasi nulla se non una maschera con la quale si protegge dal mondo esterno. Si rifugia nella musica anni 70/80 per sfuggire a se stesso e agli altri, indossa delle enormi cuffie (persino durante le sedute terapeutiche e in tribunale) e si isola. Non vuole parlare del suo dolore, quasi a proteggerlo. Alan al contrario ha un buon lavoro, una moglie e due figlie: la sua vita sembra apparentemente perfetta, ma è proprio Charlie a sbloccarlo e a renderlo consapevole di quelle che sono le sue debolezze. Gli ricorda che ai tempi dell'università era un ragazzo forte che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, gli dona nuovamente spensieratezza ma anche una notevole inquietudine. Alan è un essere umano in fondo, si rende conto di quanto si stia facendo affossare dalla vita stessa, o da se stesso: sul lavoro si fa calpestare, non riesce ad aprirsi con sua moglie, in realtà quello che fa non gli piace poi più di tanto. Questo film è una riflessione sul tema dell'amicizia: che cosa si arriva a fare per aiutare un amico in difficoltà? Ma sviscera anche altri aspetti: l'interiorità, le emozioni, il rapporto con gli altri e il dolore.

Il montaggio alternato ci mostra i momenti in cui Alan è al lavoro nel suo studio, tra colleghi e clienti, quelli che trascorre con la sua famiglia e quelli invece che dedica al suo amico Charlie: il tempo trascorso con lui inevitabilmente gli tocca delle corde profonde, lo fa cambiare, maturare, riflettere e cambia il suo punto di vista. Gli da' forza, lo porta a scavare dentro di sé, a evolversi, a non accettare passivamente gli eventi ma gestirli.

Sullo schermo il regista ci presenta la storia di un'incredibile amicizia che cambia le vite dei due protagonisti. Charlie vive un trauma, è una vittima della tragedia dell'11 settembre 2001. Alan, aiutandolo a ricordare, a espellere il suo dolore e a non negarlo, vive lui stesso un percorso di crescita interiore. È divertente pensare ad alcune scene che mostrano l'influsso di Charlie su Alan, come quando torna a casa sul monopattino di Charlie, vagando per la città, quasi un'inversione dei ruoli. Forse la differenza tra i due sta nel fatto che Alan vive la vita, ma non la scava davvero, è insoddisfatto. Charlie soffre, ma vive più appieno di tutti gli altri personaggi, sa cosa vuole. Gli altri hanno un'apparenza tranquilla ma una burrasca interiormente: lui invece, pur non sembrando troppo equilibrato superficialmente, è perfettamente conscio della propria tragedia, ha solo difficoltà ad esternarla. E degli ottimi primi piani fanno quasi catapultare lo spettatore nella sua psiche, stimolandolo a familiazzare con lui e con la sua sofferenza.

Insomma, per concludere, dove non arrivano più le parole, arriva sicuramente la musica che accompagna tutta la pellicola..