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REIGN OVER ME regia di Mike Binder

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oh dae-soo     8 / 10  30/10/2010 15:28:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sono pellicole in cui la morte di una persona cara viene superata dopo appena un cambio di inquadratura. Questo per esempio è il caso della maggior parte degli Horror perlopiù assolutamente privi del concetto di dolore da perdita. Ci sono invece altri film completamente incentrati sull'elaborazione del lutto che cercano di analizzare, raccontare e capire quel tremendo periodo susseguente la scomparsa di qualcuno cui volevamo veramente bene; per citare 3 casi (tra i molti) assolutamente diversi l'uno dall'altro, La Stanza del Figlio di Moretti, Antichrist di Von Trier e, appunto, Reign Over Me.
Confesso di approcciarmi sempre con i piedi di piombo alle pellicole che raccontano l' 11 settembre o il post 11 settembre perchè il rischio di strumentalizzazione atto ad esaltare eroismo, patriottismo o innocentismo americano è sempre dietro l'angolo. Reign Over Me invece racconta sì la vita di un "vedovo" di quel giorno tremendo, ma in realtà la tragedia che l'ha colpito (morte della moglie e di TRE figlie) poteva essere avvenuta in un comunissimo incidente stradale, cambiamento che ai fini della storia sarebbe stato irrilevante .
E' indubbio che per un soggetto del genere risulta decisiva la scelta dell'attore. Quella del "comico" Adam Sandler si rivela straordinaria, intensa e vuota allo stesso tempo, caratterizzata da 2 occhi spenti e un comportamento apatico intervallato a improvvise reazioni emotive.
Charlie, questo il nome del personaggio, ha completamente rimosso la tragedia che l'ha colpito, o meglio ha messo da parte quei ricordi, sia metaforicamente (li tiene in un piccolo angolo di testa cui nessuno deve accdere) che fisicamente (in casa ha tolto tutto quello che poteva legarlo alla famiglia). Passa la sua vita girando per le strade in un monopattino a motore,giocando a casa a un videogame, Shadow of the Colossus, e restaurando continuamente la cucina, più e più volte. A questo proposito possiamo vedere la continua lotta con i colossi del videogame come una battaglia infinita e difficilissima contro i propri ricordi, la sua tragedia, una cosa troppo più grande di lui che non riesce a superare, a sconfiggere. Il restauro della cucina, invece, è il tentativo di eliminare il suo senso di colpa visto che era stato questo (il restauro) l'argomento dell'ultima discussione avvenuta per telefono con la moglie, appena prima che questa e le figlie si imbarcassero in uno degli aerei maledetti.
Grazie al decisivo aiuto di un suo vecchio compagno di università, Charlie troverà finalmente qualcuno disposto ad aiutarlo, anche se in realtà è proprio lui il primo a non voler aiutare sè stesso.
Ritengo decisiva, al fine di capire quanto Charlie abbia accantonato il ricordo della tragedia, la scena in cui muore il babbo di Alan, l'amico interpretato da un sempre bravo Don Cheadle. Charlie sembra non comprendere o comunque non dare importanza affatto a quella morte (continua a ripetere all'amico "andiamo al cinese a mangiare?") come se la morte stessa sia diventata per lui un concetto che non esiste, qualcosa di indefinito, una cosa completamente fuori da sè e dalla propria esistenza, un fatto inconcepibile. Serve qualcosa a Charlie, serve una scossa, qualcosa di reale e tangibile che lo scuota e gli riporti violentemente in testa quello che gli è successo, passaggio forse decisivo affinchè elabori il lutto. E così, nella magnifica, terribile, crudele ma catartica scena del tribunale, Charlie si trova di fronte un avvocatello senza scrupoli che gli schiaffa davanti le foto della sua famiglia. Il ragazzo (Sandler qui è strepitoso) non riesce a reggere il dolore, esce dall'aula, ma qualcosa in lui è cambiato, la guarigione, seppur attraverso un modo barbaro, è avvenuta. E dietro l'angolo, oltre all'amicizia di Alan (vera, senza compromessi o niente da guadagnare) c'è forse anche una nuova storia d'amore (di cui ci viene mostrata solo la genesi, complimenti al regista).
Un film toccante, umile, composto, umano. Un film che vuole raccontare emozionando e non emozionare raccontando. Nessuna tragedia può essere superata ma la vita, in qualche modo, must go on.