Il sogno di Carlito era quello di andarsene, lasciare dietro di sè l'immondizia della malavita, delle lotte fratricide, dello spaccio di droga. Il suo sogno era quello di scappare con la propria donna, di rinnegare un nefando passato e metterci una pietra sopra. Ma è il passato a tornare prepotentemente da lui, a richiamarlo in tutti i modi, a cercare di chiudere i conti, quei conti che sembrava fossero stati risolti scampando a quella pesante condanna per trent'anni di prigione. Il figlio della strada, il Brigante, crolla tristemente sulla soglia della redenzione, proprio un attimo prima di prendere quel treno, reale e metaforico al tempo stesso, che avrebbe significato la libertà dell'uomo dai lacci della vita passata.
Un inarrivabile Al Pacino, un brillante Seann Penn, diretti da un mastodontico De Palma, disegnano la cruda storia del mito di Carlito, narrando una delle pagine migliori della filmografia sulla malavita.
Mirabili ed infuocate le ultime scene, con quell'angoscioso e amaro inseguimento finale, verso il capolinea di una storia dolorosa ed impossibile da riscattare, se non nel futuro di un figlio che possa vivere il più lontano possibile dalla feccia della criminalità.