caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

IL GRANDE LEBOWSKI regia di Joel Coen

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
julian     8 / 10  29/01/2011 17:20:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La storia di Drugo, raccontataci da un misterioso cowboy baffuto che facilmente si perde in chiacchiere, è una (tragi)commedia degli equivoci e della casualità, espressione completa di quell'entropia che domina il mondo e per la quale più si tenta di riordinare le cose e più queste assumono un profilo caotico.
Sotto questo aspetto, il film ha molti punti di contatto con L'uomo che non c'era (3 anni più tardi): lì un uomo mediocre dotato di profondità e ragione (anche troppa, per i gusti degli altri), qui dei campioni del fallimento. Il primo la vita se la lascia scivolare davanti, i secondi ne vengono travolti. In un mondo che tende a semplificare queste questioni, tutti appaiono, inesorabilmente e allo stesso modo, dei perdenti.
Ne Il grande Lebowski la sfilata di personaggi bizzarri e incapaci assume cmq un tono canzonatorio, che ci porta a sorridere di loro, quasi ad invidiare la loro concezione vacua della vita ("Vieni, andiamo al bowling").
Meravigliosamente pigro e rilassato Jeff Bridges, disposto a sacrificare la sua piccola bolla di tranquillità solo se qualcuno ci piscia sopra; più irruento John Goodman, forte della sua esperienza passata in Vietnam citata continuamente come morale di tutto, che, per la sua indole maggiormente portata al rischio e all'azione, determina la reazione domino che coinvolge il suo inerte amico;
infine Steve Buscemi, il personaggio che fa compassione, perchè riesce straordinariamente a rimanere in ombra anche tra i più mediocri, continuando per tutto il film a fare domande stupide per inserirsi nel discorso e ad essere ignorato o liquidato.
I Coen, al solito, dipingono il tutto con eccezionale naturalezza ed estro, riuscendo nella quasi impossibile impresa di riportare l'idiozia su pellicola, così come essa si manifesta nella realtà. Una chicca le parentesi oniriche, le quali, se per molti registi rappresentano un modo per indagare l'affascinante irrazionalità dell'uomo, qui costituiscono solo una conferma dell'idiozia del personaggio, perennemente incentrate sull'unica sua sicurezza di vita: il bowling.
Geniale anche il titolo: sta a noi decidere chi sia il vero "grande" di questa storia.
Bellissimo il finale.