caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

E IL VENTO FA IL SUO GIRO regia di Giorgio Diritti

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8½ / 10  13/08/2008 21:59:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Perchè non sono mai riuscito ad amare la montagna?/ho molte ragioni per non amarla": così, in bilico tra dubbio e risposta individuale, ho pensato vedendo questo film.
Per inciso, uno dei più bei film italiani del decennio, opera di rarissima sobrietà in grado di raccontare, emozionando ad ogni fotogramma, l'elemento avverso del difficile passaggio tra il mondo arcaico e il richiamo rivoluzionario (marxista o puramente spirituale?) della (complessa) comunicativa moderna.
In un certo senso questo incantevole film di Diritti è il rovesciamento teologico e teoretico dell'ultimo Olmi, a cui questo cinema squisitamente ambientale e rarefatto si ispira (ma anche al ricatto surrealista-minimal del primo Kiarostami, oserei dire). E' un "mondo perduto" che però non reclama il diritto a ritrovarsi, come in "Cento chiodi".
Un cinema che ha un dono rarissimo: quello di aver assimilato la lezione di Bresson attraverso i miraggi ambientali atti a coinvolgere l'uomo e ad influenzarne le scelte.
Armonia equilibrio contemplazione ma anche un forte senso di disagio, creato più dalle immagini dai gesti che dalle parole: la comunità del villaggio di montagna sembra quasi un gruppo di mormoni sopravvissuti alle lotte esterne (?).
Di difficile lettura, forse, ma come tutte le cose più belle chiede pochi sforzi per trovarlo familiare: l'estinzione della "fraternità" come la preservazione di un'universo estinto.
Piccole o grandi meschinità alla luce dell'unico sacrario religioso che esista, una processione priva totalmente di vera fede.
Un film incantevole che conferma lo stato di grazia del nuovo cinema italiano: qualunque spettatore avverso al nostro cinema dovrebbe riflettere