williamdollace 8 / 10 13/05/2012 23:25:25 » Rispondi Rimango intrappolato con te sulla terrazza del nostro Million Dollar Hotel di solitudini, nel blu bluastro virato al nero e in derapata di contrasto, giù, oltre il muretto, la città sale in un assedio invocato, ma l'asse/dio è qui, un assedio insensato dei sensi, come l'urbanizzazione magica che si fa beffe delle zone razionali a traffico limitato che siamo, zitto, ritto, un inchino al corpo e all'ignoto, endovena per cuori solidificati, distanziatori per calamite e convulsioni, transumanza di concetti uccisi qui sulla tua spalla, non chiedendosi, non cercando nessuna spiegazione se non scandagliando la tua pelle, non avendo alcun pensiero né viagg.io concettuale: e, rimasti senza niente, che ci si possa dedicare al tutto.
Mentre ti abbraccio guardo giù oltre il tuo corpo, e per la prima volta, anziché l'impulso al moto di lancio e schianto, alzo gli occhi con l'olfatto tramortito verso la panoramica aerea e violenta come la crisi epilettica di luci in penombra che ci penetra, cogliendo semplicemente appieno la bellezza e il silenzio di tutto ciò che ci circonda.
All'alba iniziano le collutazioni della giornata, inverosimilmente ataviche, inverosimilmente nostre, sfociano nell'urlo senza filtri imbuti e padroni, assordante come un colpo sordo all'orecchio, sintetico come una siringa piantata in vena.
I monoliti che ti circondano si stagliano nel cielo bluastro, saccheggiando atmosfere interrompendo prospettive, generando sterzi improvvisi di ombre vetro e cemento.
Accarezzo la rastrelliera di metallo che porta il tuo nome.
Metto a dormire le insegne luminose.
Ti aspetto sulla terrazza del mio hotel di solitudini.