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TUTTI LO CHIAMANO ALI' - LA PAURA MANGIA L'ANIMA regia di Rainer Werner Fassbinder

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     7½ / 10  19/12/2012 23:03:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"La paura mangia l'anima" è uno dei lavori più conosciuti ed acclamati del regista tedesco, anche se è indubbiamente atipico e meno autoriale, nella scelta di allontanarsi più del solito dallo stile kitsch/barocco a lui tanto caro.
Fassbinder porta sullo schermo un potente dramma sulla diversità e sul razzismo, disperato nel raccontare un amore (ma lo è davvero?) reso impossibile dalla xenofobia dilagante della Germania degli anni '70 e da una società in cui il pregiudizio e l'intolleranza sono radicati sin nei loro aspetti più assurdi.
L'opportunismo e la falsità di cui sono pregni i personaggi secondari (i figli, i vicini, le colleghe di lavoro) è sbattuto sullo schermo senza alcuna pietà, invidia odio ed intolleranza divorano le anime di tutti spingendo le diverse classi sociali ad ghettizzarsi: ma ci si tiene ben lontani dalla favoletta di un amore idealistico, totalizzante ed autentico che vince contro tutto e tutti. Il cinismo di Fassbinder non risparmia nessuno, nemmeno i protagonisti: sia Emmi che Alì sono spinti all'unione dall'opprimente solitudine, dalla carenza di affetto, dalla disperazione più che da un reale sentimento. L'incontro è casuale, sessuale, pietistico, utilitaristico: Emmi è una donna in crisi da abbandono, vecchia, vedova e povera, che sente il bisogno di un uomo forte e virile; Alì è un operaio immigrato dal Marocco (El Hedi Ben Salem, che era anche l'amante del regista ai tempi) che, schiacciato dal sistema, ambisce ad integrarsi nell'ambiente piccolo-borghese solo per scoprire che anzichè darle sollievo alimenta la sua infelicità, scontrandosi con la sua vera condizione, le sue origini, le sue abitudini. Sono insomma entrambi due vinti, fagocitati da una società che rende loro impossibile il raggiungimento dei propri sogni, che reagiscono alla sofferenza e alla paura in un attaccamento panico l'uno verso l'altro.
Il regista tedesco riprende il canovaccio di "Secondo Amore" del suo idolo Douglas Sirk, e lo rimodernizza col suo consueto stile vero, carnale, dal cromatismo impattante e dal gusto kitsch nella scelta dei costumi, dei trucchi e delle scenografie : uno stile che farà scuola nel successivo cinema tedesco ed europeo e che influenzerà profondamente il cinema di Pedro Almodovar.
Un film molto bello, anche se forse considerato un minore dagli aficionados di Fassbinder.