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CHINA BLUE regia di Ken Russell

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ULTRAVIOLENCE78     7 / 10  17/10/2009 10:24:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nonostante sia infarcita d’ingenuità, verbosità e toni didascalici, quest’opera di Russell ha dignità da vendere. “China blue” ruota attorno all’intreccio matrimonio/sesso/amore, secondo un approccio tutt’altro che superficiale ma, anzi, diretto ad una problematizzazione del rapporto uomo-donna, nel solco del precedente “Stati di allucinazione”. Alla vita familiare di due coniugi, posticcia tanto nell’intimità quanto nel quotidiano, viene contrapposto il rapporto clandestino tra una prostituta e un marito insoddisfatto (proprio quello della coppia di sposini); e mentre la prima relazione segue un declino irreversibile, l’altra riesce, lentamente e faticosamente, ad emergere dalle torbide acque della dissoluzione e trovare una chiave di volta positiva, anche se non definitiva. Infatti i novelli amanti, seppur implicati in un sentimento vero e sincero, sono consapevoli della precarietà della loro unione: come affermerà il protagonista nell’ultima scena, la strada che essi hanno intrapreso non si sa dove li porterà, ma l’importante è che il loro rapporto sia vissuto giorno dopo giorno con genuinità e spontaneità, bandendo quelle menzogne su cui, invece, era stato costruito il coniugio. In “China Blue”, dunque, Russell arriva a smantellare l’istituzione del matrimonio, evidenziando una crisi di coppia che viene ripercorsa fino all’emblematico momento di rottura nella scena del talamo, dove le confessioni della moglie rivelano gli infingimenti del suo sentimento verso il consorte, a partire proprio dalla vita sessuale. Al contrario Joanna Crane, impeccabile professionista di giorno e put.t.ana di notte, è una donna che cerca la verità nelle sue segrete esperienze libertine, rifuggendo dal conformismo e dall’ipocrisia cui è costretta nel quotidiano. Afflitta da una profonda crisi d’identità, troverà sostegno in Donny, a sua volta oppresso da una insoddisfacente “routine” familiare, ed entrambi, accomunati da uno spasmodico desiderio di sincerità e naturalezza, intraprenderanno un nuovo percorso esistenziale.
Alla resa dei conti, tale unione si presenta indubbiamente positiva, attesi i buoni propositi di partenza, ma non per questo è sottratta ad una problematicità di fondo che trova espressione tanto nella conflittualità interiore dei due protagonisti quanto nel modo in cui essi si rapportano al futuro, sommandosi in loro speranza e coscienza della precarietà.
Una pellicola estrema, delirante, blasfema e in alcuni momenti ruffiana e di dubbio gusto, ma dotata di un impianto tematico di spessore e, pertanto, assolutamente da non sottovalutare.
Da sottolineare, infine, il personaggio interpretato da Anthony Perkins: vera e propria sintesi iconoclastica e parodistica di “Psycho”.