Woodman 10 / 10 25/06/2013 13:31:49 » Rispondi Spingersi sempre più lontano e sapere sempre meno. Col sangue della sensibilità, di colore blu. Nel pandemonio dell'immagine vi offro il blu universale. BLU: una porta aperta sull'anima, una possibilità infinita che diventa tangibile.
Esperimento straordinario, che non può essere dimenticato. Discutibile finché si vuole, controverso, attaccabile su più punti ma innegabilmente magnetico, opprimente, straziante, disarmante. Come molti lo hanno definito è il testamento cinematografico di Derek Jarman, autore unico, provocante, dannato e impavido. Eccoci di fronte alle porte del romanticismo moderno, 70 minuti di suoni, parole e tentativi di parlare, bozzetti, rimarcature, tentativi di rievocare, musiche e effetti sonori urbani, naturali, futuristici, sognanti, disperati, malinconici. Malinconia, ecco. La malinconia che ognuno di noi possiede può essere un valore aggiunto a quest'opera conturbante e solenne. Jarman avrà sicuramente capito, empiricamente, quanto si rivela inutile la parola, quanto troppo profondi siamo noi esseri umani, quanto non esista alcuna vera, autentica conoscenza fra gli uomini, la solitudine, l'amara contentezza, la rassegnazione, il desiderio, poi la carne, il corpo, il sesso più spinto, l'amore (?), la morte. E quel sognante, indimenticabile momento nella sala dell'ospedale in cui "Jean Cocteau" gli sorride, sotto il dramma in musica per eccellenza della prima delle Gnossiennesdi Erik Satie, cos'è se non pura estasi metacinematografica, uno spazio unico, lasciato alla nostra immaginazione luminosa, mentre predomina il blu della malinconia? Jarman in prima persona ci parla. Parla lui, di lui, come vuole lui. Buona la versione italiana. Doppiaggio sommesso efficace ma rimane preferibile la versione originale. Disarmante.