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KILL BILL - VOLUME 2 regia di Quentin Tarantino

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     10 / 10  31/01/2006 00:59:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Stasera mi sono rivisto il film che ha messo fine, storicamente, al confine tra artigianato e cinema PURO. E non è il solo Tarantino a comprendere che possa essere la stessa identica cosa. L'unica concessione allo star-system è anche la piu' bella, è l'abbraccio di una madre (certo non una "madre qualsiasi") a sua figlia, è il momento in cui l'eroina-killer decide di diventare una donna come le altre (forse). Kill Bill è il miglior artigianato della storia del cinema, e probabilmente a nulla sfugge la sua apparente inutilità, in quanto esercizio "popolare" splendido e gradito nei suoi contenuti forse facili, ma indistruttibili. C'è tutta l'epica del fumetto, lo sdogamento dei b-movies, il grand-guignol dell'eccessiva violenza, ma nel modo di girare di Tarantino si radicalizza la scoperta dell'enorme attenzione posta a ogni frammento di questa (apparente) "inutilità". E' vera controcultura del xxi secolo. Basterebbe la sola sequenza del cameo di Samuel L. Jackson musicista nella chiesa dei due pini (prima del previsto massacro), il fumo della sua sigaretta, o l'allucinato monolitismo (spezzato in due parti) della "Sposa" seppellita viva nelle viscere della terra: lo schermo si copre di nero, come un black out, e che io ricordi rarissime volte ho assistito a esperimenti del genere. L'immagine è lasciata ai rantoli del respiro, alla disperazione di una via di fuga, è come se la macchina da presa imprigionasse la Thurman nelle spirali da cui cerca di uscire. Manifesto cool o metafora spietata sull'immortalità di una vittima-carnefice? Io direi entrambe le cose. Colei il cui "lato è sempre stato triste e solo" sa di dover affrontare l'uscita definitiva da un mondo dove regna la vendetta e il sangue. Si ribaltano le convenzioni, con buona pace di chi accusava Tarantino di essere un lugubre misogino. Il montaggio rende questo epilogo volutamente frammentario e interminabile, ma è proprio nei suoi puzzle che ci si rende conto della sua invidiabile superiorità al pur eccellente capitolo ehm vol. 1. Se il cinema è azione e medit-azione, ecco che subentra l'immagine a colmare il vuoto di coscienza di questi spietati criminali cui l'autore fornisce ancora l'irresistibile tocco della perdita, dell'illusione, della furia cieca, dell'inesorabilità. Spietati, ma sconfitti dall'impossibilità di vivere diversamente. Con i suoi omaggi al western classico e non, a Sam Peckinpah all'horror classico e ai b.movies (uno su tutti, "performance" con Mick Jagger) kill bill si inserisce come antologia ideale e definitiva di tutta una stagione di dannati all'inferno, di cineasti che col tempo verranno sicuramente riscoperti (evito l'elenco, sarebbe lungo e non so se sarei in grado di captarne piu' di una decina). Dopotutto, è realmente una "perfetta immagine della vita (una figlia) e della morte". Tremendamente affine fra l'altro alla vita sregolata di David Carradine e della sua inquietante ma geniale stirpe di attori