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TEMPO DI UCCIDERE regia di Giuliano Montaldo

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VincentVega1     6 / 10  22/09/2009 13:13:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Un soldato scende dal camion, si guarda intorno e mormora: 'Porca miseria!'.
Egli sognava un'Africa convenzionale, con alti palmizi, banane, donne che danzano, pugnali ricurvi, un miscuglio di Turchia, India, Marocco, quella terra ideale dei films Paramount denominata Oriente, che offre tanti spunti agli autori dei pezzi caratteristici per orchestrina. Invece trova una terra uguale alla sua, più ingrata, priva d'interesse. L'hanno preso in giro."

Queste bellissime parole di Flaiano, l'autore del libro ("Tempo di uccidere") da cui è stato tratto questo film, potrebbero anche riassumere l'essenza del film stesso. Montaldo infatti ci illude di poter fare un capolavoro, d'altronde ha sotto mano un libro premio Strega, mentre si limita ad una sorta di compitino scolastico che sfocia in una rappresentazione priva di cuore e soprattutto cervello.
L'ingenuo tenente Cage (non sempre si può essere cattivi!) rappresenta il colonialismo becero di un paese allo sbando, scaraventato in terra etiope senza nemmeno saperne il motivo, a fare i conti con quel senso di disagio e nostalgia che migliaia di ragazzi provarono in quegli anni e in quelle lande.

Purtroppo però tutto ciò che di buono ci proponeva il libro qui è assente e un po' come accadde nella trasposizione di "1984" ci troviamo davanti ad un film privo di mordente, privo di consistenza, privo di stile e personalità.
Il film fu girato in Zimbabwe dopo una serie di complicazioni, soprattutto di budget, che scaraventarono letteralmente il cast e la crew dall'Etiopia al Kenya sino ad addentrarsi nell'Africa più nera e povera. Sono proprio le atmosfere di questo paese la cosa migliore dell'opera, accompagnate da una colonna sonora di Ennio Morricone molto sofferta e adeguata.

Poi sinceramente rimane ben poco, a parte un Giannini sempre immenso e un Cage abbastanza in parte grazie alla sua giovanile inesperienza (adeguata per il personaggio).
La cosa che più mi ha stizzito è come si sia trattato il rapporto fra il protagonista e il saggio ma inconsapevole Johannes, una parte troppo importante nel capolavoro di Flaiano da liquidare in pochi minuti.

Montaldo si chiese se all'autore del libro fosse potuto piacere il suo film... credo proprio di no, forse gli avrebbe detto che con personaggi come Sacco e Vanzetti o Giordano Bruno si sarebbe trovato molto più a suo agio, e comunque sarebbe andata a finire con un brindisi.

In conclusione non mi sento di stroncarlo in toto, d'altronde è riuscito a farmi rivivere alcune emozioni che l'opera originale mi aveva dato, e poi spero che questo mio commento sia utile a qualcuno per immergersi in una lettura esotica ed intimistica come raramente si può assaporare.