caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

INSIDER - DIETRO LA VERITA' regia di Michael Mann

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
elio91     8 / 10  03/09/2012 16:20:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il cinema è sempre finzione, anche quando ha pretese di essere VERO. Oppure potremmo definirlo una realtà filtrata attraverso la finzione.
Che questo assunto del cinema come fiction sia da sempre incorporato nello spettatore è chiarissimo; dallo sverginamento compiuto col treno dei Lumiere che arriva alla stazione e fa scappare gli spettatori ignari, sappiamo bene che ciò che osserviamo è tutto finto, da allora lo sappiamo almeno.
Per chi guarda cinema allora sarà ancora più interessante e stimolante (almeno solitamente) vederne uno con la frase "TRATTO DA UNA STORIA VERA" sulla locandina, o comunque sui titoli di coda. Da un impressione ancora più traumatica; c'è anche chi ci ha marciato in maniera beffarda come Tobe Hooper in "Non aprite quella porta", mischiando tanti accadimenti reali differenti in un calderone di fantasia orrorifica che però di reale aveva ben poco (di entusiasmante tanto, Hooper doveva ancora rincòglionirsi).

Il preambolo è stato necessario non solo perché Insider è un film tratto da una storia vera, "romanzata" come ammette onestamente la didascalia finale (ma è un trucchetto perché si allude anche lì alle minacce di morte che CI SONO STATE, anche se da parte di ignoti, magari tabagisti). Mi hanno colpito due cose, una casuale e una no, che riguardano la vicenda reale antecedente al lavoro di Mann: ovvero il nome dell'articolo su cui poi è stata basata la sceneggiatura scritta da Marie Brenner, intitolato "L'uomo che sapeva troppo", e poi l'accidente che fa chiamare un giornalista Lowell Bergman, poi caratterizzato nella fiction da uno dei più grandi attori viventi (Al Pacino); Bergman, uno dei più grandi registi di sempre (o attrice, scegliete voi).
Bergman ovviamente è soltanto un gioco della realtà, uno dei tanti omonimi però mi sono informato lo stesso per controllare se non fosse stato "romanzato" anche il nome in un tanto esplicito quanto banale omaggio a Bergman da parte di Mann, ma non è cosi, il cognome del giornalista è questo.
L'articolo che ricalca uno dei tanti film di Hitchcock sull'uomo al centro di un complotto invece non è tanto casuale, e Insider riesce ad intessere nella prima parte una vera e propria rete di paranoie, complotti e minacce nella maniera classica da suspance che ha insegnato zio Alfred. Mann, pure lui, ricalca suo malgrado il modello da tanti ripreso dal maestro del brivido inquietando con le allusioni frequenti, cosi come le minacce mai portate a compimento ma che sfasciano la famiglia del protagonista.
Mi ha inquietato molto quel "Vi uccideremo, vi uccideremo tutti, chiudete quella càzzo di bocca" nella prima parte, l'apice di una strategia della tensione attuata tanto da Mann quanto dalla multinazionale di tabacco contro uno dei due protagonisti di un film di denuncia vecchio stile, interpretato da un Russel Crowe magnifico nella sua migliore prova attoriale.
è apprezzabile il lavoro di Mann cosi intimista e dilatato tanto da far restare inizialmente perplessi perché soffre di macchinosità, si entra in ritardo nelle vicende narrate. Lo è anche la lontananza da qualsiasi tentativo di spettacolarizzazione che inevitabilmente raggiunge momenti particolari di tensione senza mostrare in realtà nessun pericolo tangibile (ma aleggia come un'ombra) nella prima parte, mentre nella seconda si entra nelle beghe burocratiche del Potere.
Michael Mann raramente cosi psicologico, lento pur restando dinamico, soprattutto partecipe della sofferenza dei due protagonisti speculari, ancora una volta. Si raggiungono difatti picchi emotivi sorprendenti sottolineato da musiche particolarmente scelte. Meglio ancora quando forse Mann raggiunge l'apice del suo cinema intero (ma forse, perché c'è ne sono tanti...): mi riferisco alla sequenza tutt'altro che algida e realistica, bensì onirica e visionaria di Wiegand che si lascia andare abbattuto e distrutto al pensiero dei suoi affetti, trasmutando le glaciali pareti di un albergo in spazi verdi dove le sue figlie lo chiamano e sorridono. Gran momento davvero.
Il film sembra quasi implodere poi nel finale dove c'è una specie di anticlimax per cui si finisce in maniera naturale, stanca. Dignitosa ma amara.
Per me il miglior Mann resta ancora quello dei polizieschi ed action, Heat e Collateral, ma Insider è subito dietro.