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THE SCARLET LETTER regia di Byun Hyuk

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Invia una mail all'autore del commento matteo200486     7 / 10  09/08/2007 00:16:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
«Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.» Genesi 3, 3-7

Scarlet letter è il secondo lungometraggio del regista Byun Hyuk, che pochi anni prima si era presentato al grande schermo, con il melenso e fastidioso Interview. Sinceramente mi sono avvicinato a Juhong Geulshi con un pò di scetticismo, che è stato confermato per la prima ora. Poi ad un tratto il film cambia e acquisisce sempre più interesse fino allo splendida mezz'ora finale che risolleva le sorti della pellicola lasciando, aimè, l'amaro in bocca perchè potenzialmente si poteva fare di più.
Hyuk sviluppa una storia d'amore alquanto intrecciata in parallelo alle indagini su un omicidio. Una delle pecche del film è quella di far passare quest'ultima vicenda in secondo piano concludendola in modo eccessivamente frettolosa, lasciando erroneamente spazio alla intricata storia d'amore a tre.
L'incipit iniziale introduce alle vicende in cui sono le donne le peccatrici, coloro che inducono in tentazione l'uomo, pensiero quasi misogino espresso, però, a chiare lettere da Hyuk, e risottolineato nel finale.
Ma la donna non è solo rappresemtata come femme fatale ed assassina ma bensì le protagoniste sono esseri forti, che sorreggono sulle proprie spalle i dolori e le sofferenze dei propri compagni. Quindi Hyuk manifesta una duplice visione della donna: da una parte ne è avverso dall'altra ammirato.
Un'altra pecca è il riferimento, a mio parere inappropriato, al capolavoro di Hawthorne. Quasi a sviluppare un pretestuoso ed estremo tentativo di elevare anche intellettualmente la pellicola, tentativo che miseramente fallisce nella sua banalità.

Sotto il punto di vista tecnico è il classico film coreano. Fatto quindi di un'ottima fotografia e una discreta regia. Tra le attrici una menzione d'onore alla bellissima e bravissima Lee Eun-joo, che si suicidò a soli 25 anni, al termine delle riprese di questo film.
Quindi in conclusione un buon film ma mi aspettavo di più. Le lacune e gli elementi di negatività sono presenti ma in parte vengono colmati dalla buonissima parte finale