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Il mio interesse a vedere l'ennesimo prodotto U.S.A. (e getta) sulla bombshell più famosa degli United States of Americah (e non) era pari allo zero assoluto, MA l'ho fatto. L'ho fatto per fare un favore ad una persona che pareva tener in particolar modo che io visionassi 'sta roba vergognosa e lo ricoprissi di insulti e non mi fidassi mai più di lui* . VA BENE NON è UN DOCUMENTARIO VA BENE è TRATTO DA UN LIBRO MA se la chiami Norma Jean/Marilyn Monroe il riferimento alla persona/personaggio reale c'è ed è inevitabile che chi conosce la sua storia** non resti infastidito da questa pessima rappresentazione con l'ennesimo sfruttamento di Norma Jean Mortenson Baker La protagonista di Blonde è infatti una cerebrolesa senza volontà (più delle banalissime scene a carattere sessuale -HBO docet- emblematica in tal senso la scena in cui va a trovare la madre pensando ancora che suo padre fosse Clark Gable fosse il padre***) . Questo film sono quasi 3 infinite ore di pretenzioso girato che però di fatto sembra il lavoro di uno studente di cinema alle prime armi e prime seghe, in cui per spiegare quanto è brutto il mondo di Hollywood non si lesinano nella raffigurazione esplicita di soggetti erotici e sessuali e in una banalissima a tratti irritante pornografia del dolore con tanto di feto pro-life. . ho appena avuto l'illuminazione: il titolo è Blonde= bionda che è un modo per chiamare le personcine carine ma non troppo sveglie che arrivano con tempi da bradipo sulle cose ! ! ! Forse il titolo è la spiegazione di sta merd.. del film ! ! ! Ed io ci sono arrivata solo ora perché sono mezza bionda. . Questa nuova chiave di lettura non riabilita comunque Blonde ai miei occhi, è un film che non consigliere nemmeno alle persone che mi stanno antipatiche. . grazie Andrea. . *cinematograficamente parlando per il resto è una persona d'oro **credo chiunque tranne chi vive sull'isola di North Sentinel, nelle isole indiane delle Andamane *** la madre aveva davvero fatto credere alla piccola Norma che suo padre fosse un uomo che somigliava al noto attore ma da adulta lei sapeva benissimo che non era vero
Tempo fa mentre discutevo sul tema dell'aborto con delle persone, una di queste disse che la vita embrionale dell'essere umano è come quella di una formica e schiacciare una formica è una cosa da nulla. Così lo salutai in fretta dicendo che si era fatto tardi e che dovevo rientrare nel formicaio.
Etichettato da molti come antiabortista (come se la cosa fosse un reato) "Blonde" è sicuramente un film senza mezze misure e senza compromessi. L'enfasi negativa dell'etichetta "antiabortista" e le critiche ricevute a Venezia, dove è stato presentato in anteprima mondiale, non devono stupire, in particolare in questo momento storico dove si ha paura di parole come "natalità" e "famiglia", considerati flagelli dell'umanità e piaghe d'Egitto.
Il film è un condensato della vita di Marilyn Monroe e della donna che c'era dietro la maschera, che il regista tratteggia con uno stile psichedelico e orrorifico, non per darsi delle arie, ma perché non è un mistero che la vita di Norma Jeane Baker, dall'infanzia fino alla prematura scomparsa, sia stata una sofferenza costante, un incubo mentale e spirituale, causato dal prematuro abbandono del padre e dalla voracità di un mondo predatorio e perverso, che divora chi è più fragile, proprio come il ghepardo fa con la gazzella più debole, quella più propensa ad inciampare (pure su questo pioggia di critiche dalle femministe "vecchia scuola" per le quali la donna non può essere debole ma sempre forte come Schwarzenegger).
Non è una biografia patinata, ma una rielaborazione romanzata che vuole puntare il dito sull'annullamento della persona ridotta ad oggetto. E la debolezza di certe critiche nasce proprio dal non rendersi conto che il film non vuole parlare di Marilyn Monroe, bensì di chi la osserva, di chi ne abusa, di chi ne ha fatto una pepita d'oro costringendola perfino a rinunciare alla gravidanza causandole un trauma, mentre lei continuerà a ricordare quel bambino mai nato abbandonandosi a suggestioni oniriche (male interpretate dagli abortisti di trincea che alla vista di un feto non capiscono più niente e non dormono più la notte).
Il fatto che Dominik stesso inciampi in alcune scene, perdendo un po' il senso della misura (mi riferisco ad esempio all'enfasi sbrodolona del rapporto a tre con Chaplin Jr. e Robinson Jr.), è la conseguenza dell'estrema densità della materia narrata. Non è un film perfetto e non bisogna esaltarlo oltre un certo limite, soprattutto non è un film per tutti, ma per un pubblico maturo potenzialmente fornito delle giuste chiavi di lettura, visto che la forza con cui parla di abuso e disperazione mette a dura prova lo spettatore e non teme confronti con altre opere sul tema, in particolare perché lo fa per immagini, fino a diventare metacinema. Le fotografie di Marilyn Monroe, che hanno letteralmente fatto il giro del mondo, è come se prendessero vita. Ana de Armas sembra uscire dall'iconografia per dare vita a Marilyn, attraverso quello che, a tutti gli effetti, sembra un miracolo di esperienza visiva e che, per questo, trova piena legittimazione sul grande schermo.
Non sono passati 50 minuti e mi pare un film guardone, di bassa lega, un lavoro da quattro soldi che manda in brodo di giuggiole gli intellettuali e tratta senza rispetto un'artista ormai morta che suicidò in modo tragico. Alcune trovate sono da film softporn o peggio. Al regista piace indugiare nel torbido, aiutato dalla bellezza della protagonista che se avesse fatto 50 sfumature o 365 avrebbe sbancato il botteghino.
Non classificherei lo stile scelto da Dominik com'onirico, espressionistic'o surrealista: s'è identificato con la sua protagonista e ha deciso di raccontarla in soggettiva. Ma lei chi sarebbe? Una ch'avrebbe vissuto esperienze infantili traumaticamente inelaborabili: potrebb'essere una donna qualunque o una persona qualsiasi, invece è stata selezionata una diva mostrandola scissa nell'animo di Norma Jeane e nel corpo di Marylin. Per chiarire un concetto così semplice sarebbe bastato il tempo d'un mediometraggio, mentr'il regista ha voluto seguire empateticamente la sua vittima in una coazione a ripetere lunga 2 ore e 46 minuti. Spurgando la maratona dal nubifragio di scene di pianto, si sarebbe rientrati nei giusti limiti di durata. Poi: non avendo mai provato interesse per il fenomeno del divismo, non sono in grado di giudicare se ci sia pure una denuncia verso lo star-system: m'auguro di no, poiché l'operazione di Dominik ha com'unico effetto sicuro quello di lanciare de Armas nell'empireo dello stardom planetario. Infine: se alla Mostra di Venezia la pellicola è stata applaudita 14 minuti, evidentemente c'è chi può permettersi le cur'estetiche per ripararsi cotanto spellamento delle mani.
Se il film non si riferisse ad una persona realmente esistita meriterebbe ben altro voto, ma riferendosi ad uno dei personaggi più famosi di sempre, aver storpiato la realtà senza il minimo rispetto mi porta a dare un voto pessimo. Le cose sono due o hanno da sempre indorato la vita di Marylin Monroe nascondendo non del tutto ma in buona parte abusi e problemi mentali o in questo film si sono presi delle libertà molto criticabili.
La scena che il presidente Kennedy si fa praticare sesso orale con misoginia da Marylin non credo proprio possa essere stato preso da alcun documento...
Wow che bastonata questo film: per la prima volta un "biopic" (c'è molta finzione nel film, che è l'adattamento di un romanzo e non di una biografia) mostra sofferenze, abusi, dolore e morte per quel che sono, senza alcuna concessione allo spettatore e senza alcuna indulgenza. E così l'immedesimazione in Norma/Marilyn è più profonda e senza speranza, tanto da rendere la visione quasi insostenibile in alcuni passaggi.
Ho letto molte critiche a questo approccio, quasi che il film volesse fare pornografia del dolore. Invece io ci ho visto un grande amore ed un grande rispetto per la Norma dietro Marilyn, per l'essere umano prima ancora che per il personaggio: la Monroe ormai ha assunto i contorni del mito, dell'icona pop da poster, e invece Dominik e la Plan B di Brad Pitt (una garanzia) ci ricordano che dietro il sorriso smagliante e le forme generose dell'icona c'era una donna abusata e maltrattata pressoché da tutti, mentalmente provata ed instabile, che ha perso la vita giovanissima, in circostanze tragiche, in totale solitudine in una villa meravigliosa: ennesimo contrasto della vita infelice di una delle più grandi dive del cinema.
Note a margine sul film: Ana de Armas è stellare, prevedo nomination ai prossimi oscar.
Meravigliosamente inquietante la scena della premiere di A qualcuno piace caldo, con i volti deformati del pubblico in estasi, con le bocche innaturalmente spalancate quasi volessero divorare Marilyn.
Unico limite del film: è così ambizioso che spesso rischia di travalicare il confine della pretenziosità, soprattutto all'inizio. Dominik è bravo, ma a volte sembra ancora troppo acerbo per gestire un'opera di questa portata. Nell'insieme però credo ci sia riuscito alla grande, non era semplice.