alle soglie della vita regia di Ingmar Bergman Svezia 1958
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alle soglie della vita (1958)

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locandina del film ALLE SOGLIE DELLA VITA

Titolo Originale: NÄRA LIVET

RegiaIngmar Bergman

InterpretiEva Dahlbeck, Ingrid Thulin, Bibi Andersson, Barbro Hiort af Ornäs, Erland Josephson, Max von Sydow, Gunnar Sjöberg, Ann-Marie Gyllenspetz, Inga Landgré, Kristina Adolphson, Bengt Blomgren, Monica Ekberg, Maud Elfsiö, Inga Gill, Gun Jönsson, Sissi Kaiser, Margaretha Krook, Lars Lind, Gunnar Nielsen

Durata: h 1.24
NazionalitàSvezia 1958
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 1958

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Trama del film Alle soglie della vita

Tre donne si trovano nella stessa stanza di una clinica ginecologica: la prima a seguito di un aborto, le altre due, una felicemente sposata, l'altra ragazza madre, in procinto di partorire. Si instaurano tra le tre donne compagne di camerata dinamiche di solidarietà, soprattutto dopo la morte di uno dei nascituri.

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Voto Visitatori:   8,00 / 10 (7 voti)8,00Grafico
Miglior regia (Ingmar Bergman)Miglior attrice (Bibi Andersson, Eva Dahlbeck, Ingrid Thulin, Barbro Hiort af Ornäs)
VINCITORE DI 2 PREMI AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior regia (Ingmar Bergman), Miglior attrice (Bibi Andersson, Eva Dahlbeck, Ingrid Thulin, Barbro Hiort af Ornäs)
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Voti e commenti su Alle soglie della vita, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Thorondir  @  15/04/2023 23:07:09
   8½ / 10
L'ospedale di "Alle soglie della vita" è come una risorgiva delle paure, delle speranze e dei problemi complessivi del mondo femminile. Al di là dell'attualità del tema, ciò che sorprende di questo film di Bergman è un racconto quasi antropologico e tutto al femminile dell'esplosione di sentimenti che accompagna l'atto femminile massimo, quello di dare la vita. La felicità quasi incontenibile per la nascita di un figlio, le paure per una gravidanza giovanile non voluta, i ripensamenti per un figlio di un matrimonio che si vuole interrompere: sono casi diversi della stessa psicologia femminile che Bergman porta in scena con il suo classico stile teatrale e allo stesso tempo puntualmente in grado di trovare inquadrature e immagini di rara profondità.

Filman  @  03/11/2020 17:45:06
   7½ / 10
Non si può prescindere dagli aspetti meno buoni di NÄRA LIVET: il tema, coraggioso e progressista, dell'aborto veniva già trattato dal regista in altri film; la sceneggiatura rimane molto legata al suo soggetto, rimanendo pertanto molto schematica; lo stile del film è minimale nell'accezione negativa del termine, poiché obbligatoriamente teatrale.
Le riflessioni sulla vita, la tristezza, la depressione e la psicologia femminile di Ingmar Bergman, cucite addosso alle interpretazioni granitiche delle protagoniste, rendono il film più che degno di essere visto, per quanto difficile.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  25/10/2012 11:08:59
   7 / 10
Uscito a ridosso de "Il posto delle fragole", il film di Bergman più acclamato dalla critica, "Alle soglie della vita" è stato sovente snobbato e considerato un'opera minore. Nonostante i premi ricevuti al Festival di Cannes del 1958, tra cui quelli alla migliore regia e il premio collettivo alle quattro protagoniste femminili, ha avuto un'attenzione quasi involontaria, pochi apprezzamenti e scarse riflessioni analitiche.
La storia si svolge interamente in un reparto di ostetricia pressoché interdetto alle figure maschili. Padri, mariti, fidanzati e amanti rimangono quasi sempre fuori scena: di loro sentiamo le voci al telefono, li vediamo far breve visita alle gestanti, o addirittura rifiutati dopo una discussione.

A emergere sono tre gestanti e la capo infermiera Brita (Barbro Hiort af Ornäs). Cecilia (Ingrid Thulin) ha qualcosa di sbagliato. Si sente inadeguata alla vita, e non è in grado di portare in fondo la gravidanza. Hjördis (Bibi Andersson) avrebbe preferito non esser mai nata. Non tollera i bambini. Mentre Stina (Eva Dahlbeck) vive in un mondo fatato e infantile: attende la nascita con una frenesia fanciullesca e con la beatitudine di chi crede fortemente nella vita e nel significato del parto.

Impostato prudentemente su un taglio realistico, il film procede in verità come il tipico melodramma bergmaniano fatto di lunghi dialoghi che rivelano anomalie emotive diffuse. Singolarità che vengono punite dal regista attraverso scene indirizzate a una certa crudeltà, dolore e afflizione (non ci vengono risparmiate le urla strazianti di donne in bilico tra la soglia della vita e quella della morte). Ed è attraverso questo ritmo severo che lo schermo si ammanta di sterilità: alla fine non nasce proprio nessuno, tanto è vero che l'unico ad assumere le sembianze di un neonato è un bambolotto di plastica.

La vita viene consumata dai sensi di colpa, dall'ignoranza e dalla crudeltà del destino. E qui Bergman tergiversa con l'elemento religioso ponendo un paio di domande non adeguatamente accudite: dov'è la spiritualità? Basta una citazione del Vangelo per salvarsi? Le famiglie sono lontane e indifferenti, i rapporti matrimoniali accolti per sfinimento, con tanto di paura della solitudine e finto ravvedimento. È il posto delle fregole.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  18/10/2012 23:35:50
   7½ / 10
Bergman analizza un altro aspetto della Donna, forse quello piu' importante!
Tre donne in una scarna stanza d'ospedale alle prese con il parto...c'è chi ha abortito, chi ha tentato di abortire e chi perdera' il suo bambino!
Il tutto nell'indifferenza medica, con l'impossibilita' dei rispettivi compagni di entrare a far parte di quel mondo che solo la Donna puo' conoscere!
Tre figure femminile, neanche a dirlo, tratteggiate con la solita classe e cura...
Splendido film "minore" del regista Svedese che ancora una volta crea angoscia con le storie piu' semplici e ci appassiona per 80 minuti all'interno di una sola stanza...

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  31/01/2012 13:42:14
   8½ / 10
Anche se è riconoscibile un sentimento di speranza, non ha la carica consolatoria che magari ci si sarebbe attesi (io non l'attendevo). "Alle soglie della vita" è un film che vomita dolore, terribile eppure prezioso, come ogni sforzo di ricerca del vero.
Qui l'intelligenza del Bergman regista, ma più che mai del Bergman uomo, sta tutta nella discrezione.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  24/10/2010 11:47:05
   8 / 10
Nessuno come Bergman (forse solo Almodovar) è riuscito a penetrare nel mondo femminile e a riportarne fedelmente e approfonditamente tutti i suoi tormentati effetti.
Qui addirittura si cimenta con un aspetto che più femminile non si può: il parto e l'atteggiamento verso la generazione di una nuova vita, con tutte le circostanze in cui questo atto avviene (mariti, dottori, infermieri, incertezza per il futuro, ecc.)
In questi 80 minuti c'è in pratica tutto. Si comincia con Ingrid Thulin che perde vistosamente sangue. La situazione è decisamente seria e lei è molto preoccupata, nonostante ciò deve avere la forza di affrontare la fredda e impersonale burocrazia ospedaliera (l'immagine d'apertura è eloquente a proposito: un vetro smerigliato dietro cui si muovono ombre: in un ospedale le vite diventano routine e lavoro, in qualche maniera escono dal loro contesto umanitario). Infermieri, dottori si comportano in maniera decisamente fredda e la mdp di Bergman mette bene in evidenza il contrasto fra il dolore e la disperazione della Thulin e il distacco del personale.
L'esperienza dolorosa e straziante si consuma ed è un avvenimento che mette a nudo un'anima in pena, una donna insicura, sfortunata, scoraggiata, alle prese con un matrimonio che ormai non ha più ragione di essere, con il distacco e l'apaticità del marito. E' la solita situazione problematica bergmaniana; eppure ogni volta, anche se filma la stessa situazione, Bergman riesce sempre a infonderle un dolore nuovo, diverso. Sono situazioni così vere e sentite che non lasciano mai indifferenti. Bravissima poi la Thulin.
C'è poi il personaggio interpretato da Eva Dahlbeck: allegro, vivace, positivo, altruista, gentile. Lei ha la fortuna di avere un marito che la ama (un bellissimo e affascinante Max von Sydow) e che la ricopre di attenzioni. Aspetta con ansia e gioia l'arrivo del bambino e ha già progettato tutto. Il destino le gioca però un brutto scherzo ed ecco che tutto crolla, della bontà e dell'altruismo non rimane niente, solo un grande dolore che nemmeno il regista è capace di esprimere (la mdp la segue a distanza e fa "immaginare" allo spettatore più che mostrare).
La sua esperienza vuole dimostrare che non esiste il tutto positivo, che le traversie sono sempre lì in agguato a mettere alla prova la nostra forza di reazione alla vita.
La terza protagonista è Bibi Andersson, la quale ha avuto uno gravidanza indesiderata, con il suo partner non ne vuole sapere di riconoscere il bambino. Anche lei ha le sue traversie: le frecciate delle colleghe, il terrore del giudizio di sua madre, l'incertezza finanziaria. Addirittura ha tentato di abortire volontariamente. Lo stato svedese offre un sacco di facilitazioni alle mamme, ma solo se sono sposate.
Insomma anche per lei avere bambini non è quel dono divino prezioso, quella missione etica fondamentale che tutti vorrebbe dipingere. I suoi giudizi sui neonati sono trancianti, eppure spesso guarda con tenerezza quelle piccole creature tenere e indifese. La ragione dice una cosa, il sentimento un'altra. E' quest'ultimo che alla fine vince e grazie alla comprensione di sua madre può pensare a un futuro.
In ogni caso tutte queste storie finiscono con un punto interrogativo, c'è speranza ma non certezza.
C'è un quarto personaggio un po' idealizzato, quello della caposala, che rappresenta il positivo - singolo, isolato ma pur sempre esistente. Come in "Sussurri e grida", qualcuno che si prenda la briga di consolare, lenire senza chiedere niente in cambio per fortuna esiste.
"Alle soglie della vita" è un altro film sfida per Bergman. Si svolge al 100% all'interno delle asettiche e nude stanze di un ospedale, quasi in tempo reale e in pratica non ha azione. Tra l'altro è completamente privo di colonna sonora! L'accusa di teatralità è a dir poco scontata.
Eppure le immagini hanno una loro vita, una corrente sentimentale che penetra e non lascia indifferenti. C'è tanta verità, tanto dolore o gioia umani. La mdp svaria, si muove, assume punti di vista a volte insoliti, fruga nelle pieghe sentimentali dei personaggi, non è mai statica come in un ideale teatro.
Questo secondo me è cinema allo stato puro e Bergman anche in questi film "minori" sfoggia la sua immensa bravura.
Da notare la censura nostrana bacchettona degli inizi degli anni '60 che ha tagliato tutte le scene crude e materiali, tutti gli accenni all'aborto clandestino e tutti i discorsi negativi verso la maternità
A proposito: questo film è sconsigliato alle partorienti.

momo  @  14/08/2007 23:10:27
   9 / 10
Il film parte in "media res" e si intreccia tra le diverse esperienze di queste tre donne, le loro asspetative i loro desideri danno ad ognuna di esse un valore unico. I personaggi come in tutti i film di Bergman sono lungi dall'essere stereotipi e riescono ad acquisire un personalità propria attraverso una sola scena tanto che personaggi che sembrano chiave per il film poi scompaiono e ci si accorge come in realtà in quella scena abbiano svolto tutto il loro compito, detto ciò che dovevano dire e fatto ciò che dovevano fare. Tutto ciò fa di questo film, un film immediato, sintetico. Perchè protrarre personaggi che non hanno più niente da dire o dilungarsi sul prima e sul dopo? La fluidità che ne deriva non può non essere apprezzata. Il messaggio e i temi,poi, sono sempre attuali e degni di riflessione. A mio parere un ottimo film.

Ho visto questo film in svedese sottotitolato in inglese e se pur conoscendo l'Inglese in modo alquanto approsimativo la maniera in cui sono esposti i temi e si svolge la storia te lo fa apprezzare lo stesso. Penso che solo per questo si meriti 9.

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