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Gli americani devono accontentarsi di poco quando si tratta di replicare (o meglio adeguarsi ai clichè correnti) ai generis piu' in voga (confermo la S). Ci voleva il ragazzotto carino-e un po' maledetto che stavolta si chiama Martin Hewitt (giustamente scomparso nel nulla come si addice ai perdenti di varia natura), e che - sedute psicanalitiche a parte - è convincente come una pistola scarica. Dulcis in fondo, la "bambolona" Brooke Shields, che almeno Louis Malle aveva scoperto in doti insolite (cfr. Pretty Baby) sembra una Barbie piagnucolosa e irritante. La presenza di un'ex divo in declino come Don Murray (tutto sommato l'unico convincente nel ruolo paterno) non solleva uno script pessimo, addattato da Zeffirelli sulla scia di "gente comune" esordio registico di Redford che non era certo la fine del mondo, ma aveva una sua dignità artistica. Si ricorda per il brano di Diana Ross, e non mi sembra il caso di aggiungere altro