andrej rublev regia di Andrei Tarkovskij URSS 1966
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andrej rublev (1966)

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locandina del film ANDREJ RUBLEV

Titolo Originale: ANDREJ RUBLEV

RegiaAndrei Tarkovskij

InterpretiNikolaj Grinko, Anatolij Solonicyn, Ivan Lapikov

Durata: h 3.06
NazionalitàURSS 1966
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1966

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•  SPECIALE ANDREJ RUBLEV

Trama del film Andrej rublev

In una Russia messa a ferro e fuoco dalle invasioni asiatiche e sconvolta dalle lotte di potere tra piccoli potentati, il monaco Rublev (1360 ca.-1430), pittore di icone, passa attraverso 9 capitoli (Il volo, Il buffone, Teofane il Greco, La passione secondo Andrej, La festa, Il giudizio universale, La scorreria, Il silenzio, La campana) che compongono un vasto affresco del Medioevo russo.

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Voto Visitatori:   8,95 / 10 (56 voti)8,95Grafico
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Voti e commenti su Andrej rublev, 56 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Edgar Allan Poe  @  21/01/2022 19:51:50
   9 / 10
Maestoso film di Tarkovskij. Una delle peculiarità di questo regista che apprezzo particolarmente è il fatto che è molto difficile trovare nella sua filmografia due film uguali per stile, messa in scena, genere e ambientazione. Questo "Andrej Rublev" è ambientato durante il Medioevo russo, diviso quasi antologicamente in vari capitoli, pieno di scene memorabili e a mio parere mai troppo pesante nonostante la durata. "Stalker" è il film di Tarkovskij che preferisco, nonché mio film preferito in assoluto, ma "Andrej Rublev" non gli è di sicuro molto inferiore.

Filman  @  09/12/2021 13:51:29
   9 / 10
ANDREJ RUBLEV è un'epopea romanzesca che osserva il moto degli uomini e le loro rivoluzioni attorno agli assi di rotazione. Un asse di rotazione è la cristianità, un altro è l'arte, un altro ancora è la sopravvivenza o convivenza violenta con le orde barbariche e così via. Andrei Tarkovskij necessita di tre ore per raccontare la sua Unione Sovietica in maniera antropologica, cercando le cause della depressione congenita russa nella sofferenza e nella povertà del suo lungo, duro e violento Medioevo, così come nell'approccio sociale alla filosofia cristiana. Le tante storie e i tanti momenti che ricamano questo film regalano uno dei più belli affreschi romanici del cinema, un vero capolavoro nel genere storico.

cort  @  08/12/2020 09:58:55
   7½ / 10
Non mi sarei mai aspettato di dirlo per un film(poi io sarei contrario...) ma leggetevi una recensione o una "traduzione" prima di visionarlo(sempreche non siate dei filosofi cristiani e conoscitori di storia russa). Io amo i film di Andrei Tarkovskij ma in questo si rischia di perdersi tra il racconto della storia russa medievale ed i discorsi e le immagini allegoriche insite(oltre ad essere molto lento tra le scene). Inoltre l'ho visto inizialmente in italiano e sono passato subito al russo sottotitolato perchè nella traduzione i passi della bibbia e vangelo oltre che molti dialogi sono stati riletti con i testi tipici del cattolicesimo italiano complicandoli ulteriormente(vedasi il discorso con la bimba in braccio) o all'opposto modificandoli in modo più superficiale(sopratutto nella caratterizazione dei personaggi).
Film lungo e non immediato ma unico e profondo.

kafka62  @  26/01/2018 17:23:06
   10 / 10
Il vero significato di Andrej Rublev, quello forse più recondito e meno percepibile, si ricava a mio avviso dal confronto tra due episodi, il prologo e La campana. Il primo appare, ad un primo sguardo, come una proiezione simbolica dell'anelito artistico, della tensione innata e ineliminabile dell'uomo verso l'ignoto, l'inesplorato, il mai realizzato prima (anche se magari questo ignoto altro non è che la pura e semplice realtà, vista però con occhi diversi, in un certo senso vergini, capaci di trasfigurarla e sublimarla). Oltre a questo, vi sono però nel prologo, se lo si guarda bene, anche i termini di un conflitto: quello tra l'artista che potrei definire "celeste" e l'artista che chiamerò invece "terreno". Il novello Icaro dell'introduzione fa parte ovviamente della prima categoria e si contrappone all'altro artista-simbolo del film, Boriska. Mentre il primo si separa radicalmente dal consesso degli uomini (tra l'altro, la sua partenza è accompagnata dalla lotta di strani personaggi non meglio identificati, i quali cercano di favorire o di impedire l'impresa) per volare con la sua rudimentale mongolfiera sopra lo sconfinato suolo russo, in atteggiamento estatico ma sostanzialmente solipsistico, il secondo si immerge con abnegazione nel mondo, nella vita, nella terra (non solo simbolicamente, ma anche materialmente, quando cerca l'argilla più adatta alla sua opera), al fine di realizzare lo strumento capace di catalizzare e soddisfare i bisogni, i desideri e le aspirazioni della gente.
Questi due poli antitetici e contraddittori si riverberano sull'intero film, che infatti sta propriamente tra cielo e terra, sprofondato tanto nella prosaicità e nella brutalità del mondo (percorso com'è da violenze, morti, pestilenze e carestie), quanto capace, con i suoi movimenti di macchina, le sue panoramiche e la sua fotografia di folgorante bellezza, di improvvisi stacchi aulici e di impennate poetiche. Nella sequenza iniziale del volo si può già intravedere tutto questo: il pallone aerostatico è infatti alto nel cielo ma la cinepresa rimane ostinatamente fissa, quasi fosse vittima di un incantesimo, verso il basso. E' questa una caratteristica peculiare del cinema di Tarkovskij. L'intento didascalico (così come la costruzione simbolica) risulta abbastanza evidente, ma non prevale mai sulla componente estetico-figurativa dell'opera. Se è vero che nel volo si palesa un importante discorso sull'arte, è altrettanto vero che l'obiettivo del regista rimane affascinato dai fiumi, dalle praterie, dai cavalli al galoppo che scorrono sotto di lui. Si assiste inoltre alla contrapposizione tra uno sguardo tutto sommato naïf e l'ostentazione delle tecniche di ripresa più raffinate e sofisticate. Insomma, Andrej Rublev è un film ricco di stimolanti antitesi, di efficaci dualismi, che raggiungono il loro acme nell'oggettivazione di domande che hanno sempre contrappuntato, fin dall'antichità, la storia dell'uomo: cos'è l'arte e cosa significa essere un artista? come si deve schierare l'artista nella società in cui vive? le sue opere hanno una funzione puramente estetica ed esornativa o anche un ruolo sociale? e così via.
Anzitutto, Tarkovskij sembra dirci che il dono dell'arte è qualcosa di misterioso e di inspiegabile, che ha a che fare meno con l'esperienza che con un congenito talento creativo. Boriska, quando si dice capace di fondere le campane, in realtà bluffa in maniera inopinata (anche se noi lo veniamo a sapere solo alla fine del film): egli non ha ricevuto dal padre alcun segreto, ma ciononostante, per un incomprensibile concorso di genio e di fortuna, mettendo a repentaglio la sua stessa vita, riesce nella difficilissima impresa. La scelta del luogo in cui fondere la campana, della qualità dell'argilla, della percentuale di metallo prezioso necessario, si rivela miracolosamente quella giusta e alla fine del lavoro i rintocchi nitidi e potenti che si diffondono nell'aria sanciscono la sua vittoria. Ciò che fa di un uomo un artista non è quindi una opzione intellettuale, ma una vocazione e un trasporto più vicini all'intuizione mistica che alla riflessione razionale, eppure al tempo stesso più vicini alla materia che allo spirito.
In questa contraddizione apparente si inserisce il personaggio di Andrej, nella sua doppia veste di pittore di icone e di monaco. Egli attraversa il film quasi come uno spettatore, senza alcuna precisa funzione di deus ex machina narrativo. Anche negli episodi in cui Andrej ha un ruolo per così dire accessorio, si manifesta comunque in lui, pur in maniera non sempre evidente, una riflessione intima, il disvelamento di un conflitto interiore avente come oggetto il senso riposto ed autentico del suo essere artista. Andrej è sicuramente più vicino a Boriska, cioè all'artista "terreno" (ma all'inizio non lo sa, o per meglio dire non riesce a mettere in pratica questa consapevolezza latente), mentre il suo alter ego, Teofane il Greco, simboleggia l'altro polo, quello che ho prima identificato con il pioniere del volo. Tra i due, nell'episodio La Passione secondo Andrej, c'è un colloquio molto bello ed importante, forse il primo momento in cui gli episodi slegati che finora si erano succeduti sullo schermo trovano una sorta di sintesi ideologica. A Teofane, che rappresenta l'intellettuale rinchiuso nella sua esclusiva torre d'avorio ("Io servo Dio, non gli uomini") e che considera l'umanità come una massa bruta ed abietta, da disprezzare e mantenere nell'ignoranza (magari sull'ipocrita presupposto che "la conoscenza delle cose conduce al pianto"), Andrej replica rivendicando il dovere dell'artista di stare in mezzo agli uomini, a contatto con le loro debolezze e le loro sofferenze, perché "i popoli hanno bisogno di qualcuno che ricordi loro che sono dei popoli". Andrej si contrappone perciò alla tentazione, sterile e blasfema per quanto inebriante, di volare alto nel cielo, alla ricerca di una perfezione narcisistica e solitaria. Non mi sembra casuale che Tarkovskij suggelli questa prometeica empietà con la rovinosa ricaduta al suolo dell'aerostato: il compito dell'artista è difatti un altro, ossia quello di operare in mezzo alla gente, per farle finalmente riacquistare la dignità perduta e scoprire le proprie potenzialità, ma non come un privilegiato, un essere eletto, bensì come uno tra i tanti che di diverso ha solo la fortuna di possedere dentro di sé la scintilla divina dell'arte. La nozione trascendente e religiosa dell'Arte (intesa come bisogno ontologico da parte dell'uomo di creare) si accompagna così a una concezione essenzialmente immanente della pratica artistica. L'artista deve quindi saper resistere alla lusinga del superomismo, della vanità, della glorificazione in terra, ed avere invece l'umiltà di mettersi al servizio del popolo, e ad esso (assai più che a Dio) indirizzare le sue opere.
Film-saggio esemplare sul significato dell'arte e della creazione artistica, Andrej Rublev è invece sconcertante se viene visto come un normale film biografico. Della vita del suo protagonista, Tarkovskij non seleziona infatti gli avvenimenti più importanti e rimarchevoli, ma solo episodi marginali e scarsamente significativi, frammenti esistenziali che non comparirebbero mai in una biografia ufficiale. Oltretutto, Andrej non viene mai ripreso mentre dipinge, e solo nell'epilogo abbiamo l'opportunità di ammirare alcuni dei suoi capolavori. L'indiscussa originalità della pellicola è legata soprattutto alla scelta di una struttura aneddotica e sincronica, in cui, nonostante la progressione cronologicamente ordinata e la collocazione storicamente precisa, gli episodi sono quasi sempre raccontati in una prospettiva orizzontale, indipendente dagli usuali rapporti di causa ed effetto e svincolata altresì da un evidente processo evolutivo. La sceneggiatura (di Konchalovskij, oltre che del regista) è comunque quanto di più rigoroso si possa immaginare: pur in apparenza slegati tra loro, gli otto capitoli di cui si compone il film (più il prologo e l'epilogo) sono in realtà parti indissolubili di una parabola che rivela il suo senso autentico solo nel finale. La complessità dell'opera deriva anche dalla congerie di elementi (diegetici, simbolici, metalinguistici) che si trovano stratificati al suo interno e legittimano livelli di interpretazione assai diversi tra loro. Se però si ha la pazienza di decifrarlo e di ricomporlo come un puzzle, allora il film appare dotato di un assetto estremamente lineare, in cui ogni episodio appare dotato di una sua intima necessità drammaturgica, chiara ed univoca.
La vita di Andrej si snoda così come una parabola umana che parte dalla fede e dalla fiducia ottimistica nella vita e negli uomini, passa attraverso il dubbio più macerante, e approda infine a una sofferta consapevolezza. Questo itinerario è contrappuntato da tutta una serie di simboli i quali, estrapolati dal contesto narrativo e trasferiti più propriamente in quello semantico, permettono di vedere il film nella sua giusta luce. Consideriamo i numerosi simboli di morte e di disfacimento che sono disseminati, in maniera a volte immotivata a volte invece strettamente consequenziale, lungo tutta la pellicola: l'uccello in decomposizione che Fomka trova nel bosco, il serpente che nuota nell'acqua mentre Andrej parla della menzogna, il cavallo nero che cade dalle scale durante il sacco di Vladimir, per fare solo alcuni esempi, preannunziano, o addirittura caratterizzano, un'epoca di inaudita ferocia e violenza.
Quello della violenza è, in Andrej Rublev, qualcosa di più di una semplice cornice storica. Le insostenibili sequenze di torture, di scorrerie barbariche e di sopraffazioni, così simili a infernali scene boschiane, sono sì connaturate al secolo (il quindicesimo) in cui Tarkovskij ambienta gli eventi, ma vanno anche al di là del loro immediato impatto emotivo. Se da una parte infatti il ricorso a un secolo così lontano rispondeva alla necessità contingente di aggirare l'occhiuta censura sovietica (un po' come era avvenuto per l'Ivan di Ejzenstejn), dall'altra c'era l'inequivocabile volontà di attualizzare il più possibile il discorso. Di qui la scelta di una violenza assoluta, intollerabile nella sua metafisica ineluttabilità, la quale ha per così dire l'effetto di universalizzare il tema della libertà violata. Non si tratta solo del sacco di Vladimir o delle torture in piazza, ma anche della violenza più subdola e insidiosa: quella che viene esercitata contro coloro i quali cercano di propugnare, in maniera magari iconoclastica ma pur sempre pacifica, idee e valori diversi da quelli sostenuti dal potere. Il buffone irriguardoso nei confronti dei boiardi e la piccola comunità che celebra il rito pagano dell'arrivo della primavera vengono crudelmente perseguitati perché sono diversi e perché il loro rifiuto delle convenzioni sociali e religiose non si lascia piegare dall'insopportabile ed asfissiante conformismo delle istituzioni. Il significato di questi episodi, apparentemente così difficili da inscrivere nel corpus generale dell'opera, è in realtà lampante. Essi si inseriscono infatti alla perfezione nel lento processo di maturazione di Andrej. Se in un primo momento Andrej rimane quasi indifferente alle ingiustizie cui gli capita casualmente di assistere (Il buffone), in seguito egli viene profondamente turbato da questi episodi, anche se la supina obbedienza alla sua monolitica fede lo induce a non prendere posizione. Esemplare è la scena, sottilmente simbolica, in cui Andrej, assistendo di nascosto alla festa in riva al fiume, si accorge che il suo vestito ha preso fuoco e subito si affretta a spegnerlo. La rivelazione di una vita diversa (più libera e disinibita) infiamma il suo animo per un solo breve attimo, ma ormai il dubbio è penetrato in lui.
Con questo episodio Tarkovskij dimostra in maniera inequivocabile di essere contro ogni assolutismo, contro ogni potere autocratico, contro ogni Chiesa che pretenda di imporre con la forza il suo credo, persino la sua idea di amore ("Ma come è possibile vivere sempre nel terrore? – si chiede la donna nuda avvicinatasi ad Andrej legato – esiste un solo amore"). Il seme instillato nell'animo di Andrej fatalmente germoglia, e questi improvvisamente inizia a dar segni di insofferenza nei confronti della sua religione. Se con Teofane aveva espresso l'inammissibile dubbio che la volontà di Dio fosse ingiusta e crudele, egli adesso si rifiuta di dipingere un Giudizio Universale pieno di diavoli e di atroci castighi infernali ("io non voglio terrorizzare la gente") e tuona contro le Sacre Scritture che discriminano scioccamente le donne che portano i capelli sciolti in un luogo di culto. La messa in discussione dei principi su cui si fondava la sua vita precedente, accompagnata dalla presa di coscienza della natura ferina e cannibalesca dell'uomo, è foriera di un profondo smarrimento. La crisi di Andrej non è in realtà espressione di una vera e propria sfiducia nel genere umano, anche se si manifesta inizialmente con l'accettazione delle vecchie posizioni di Teofane, così come non è neppure volontà di espiazione per l'omicidio commesso nella chiesa, ma è più propriamente un temporaneo senso di impotenza, di scetticismo sul fatto che la Verità possa infine trionfare. La rinascita di Andrej deve passare attraverso la inevitabile de-idealizzazione del popolo (rappresentata, con un'altra efficace immagine-simbolo, dalla ragazza muta, la quale nel penultimo episodio fugge dal monastero insieme ai tartari) e la sua successiva rivalutazione in una nuova veste.
Con l'episodio della campana, Andrej comprende finalmente il significato della sua lunga ricerca, il senso del suo essere al mondo. Se prima pretendeva che il popolo dovesse essere all'altezza della propria presunta perfezione, adesso comprende con chiarezza che è lui a dovere, in tutta umiltà, scendere al suo livello. E' pressappoco a questo punto che assistiamo alla prima vera soggettiva del film. Andrej si avvicina a Boriska e questi, rivolgendosi a lui, parla inequivocabilmente rivolto alla macchina da presa. Dopo tante inquadrature oggettive e impersonali, Tarkovskij finalmente si identifica con il suo pittore di icone, e sancisce così la fine della sua crisi. D'ora in poi egli andrà in giro per la Russia, insieme al giovane fonditore di campane, a dipingere icone, nella speranza di dare un motivo di speranza e una identità a quel popolo che, quando la campana diffonde nell'aria i primi rintocchi, viene simbolicamente materializzato in una donna vestita di bianco che tiene per le briglie un cavallo nero.
L'uso insistito di elementi simbolici (i quali per fortuna non giungono mai ad essere troppo espliciti o pedanti) colloca Andrej Rublev su un piano decisamente antirealistico. Volerlo perciò vedere a tutti i costi come un film storico sarebbe un errore grande almeno quanto il considerarlo un film biografico. Come già ne L'infanzia di Ivan, si intersecano nel film svariati livelli di realtà "attenuata": quello del sogno, quello della memoria (Andrej ricorda ad esempio un episodio accaduto tanti anni prima, quando insieme a Danil il Nero aveva trovato riparo dalla pioggia sotto un albero solitario) e soprattutto quello del soprannaturale. Nella chiesa devastata dalle scorribande dei tartari, in un'atmosfera sospesa e rallentata, Andrej parla lungamente con il fantasma di Teofane, mentre la neve cade dall'alto ("Non c'è nulla di più pauroso della neve che cade in una chiesa") e un cavallo nero entra dal portone spalancato. In questa sequenza magica, la cui irrealtà è sottolineata solo da alcuni movimenti di macchina (ad esempio, Andrej parla con Teofane alla sua destra, quindi si gira, si sposta lateralmente, ed il vecchio compare ora alla sua sinistra, tutto senza alcuno stacco), è riassunto perfettamente lo stile di Tarkovskij, il quale ruota ossessivamente intorno a delle epifanie e a dei leit motiv. Per ciò che concerne le prime, va detto che molto spesso le apparizioni e gli avvenimenti dei film del regista preludono a qualcosa che deve ancora avvenire, oppure rivelano una nuova, inattesa dimensione. Nella sequenza in esame, il cavallo nero e la neve sono forse i labili indizi di una lontana speranza destinata prima o poi ad avverarsi a dispetto del cupo pessimismo che si respira e che sembra non lasciare spiragli.
Per quanto riguarda i leit motiv, in tutto il film si susseguono due immagini-chiave: l'acqua e i cavalli. Nell'acqua del fiume, per esempio, la ragazza nuda riesce a sfuggire agli uomini che la inseguono, Fomka lava il pennello mentre la macchina da presa (sfruttando al massimo le possibilità del bianco e nero) segue i colori che si sciolgono in essa, e la fiasca di un uomo ucciso vi lascia colare il suo contenuto. L'acqua del fiume rappresenta le infinite possibilità dell'esistenza, può essere palingenesi o all'opposto dissoluzione, ma più spesso indica semplicemente il passaggio da uno stadio della vita a un altro, mentre la pioggia è soprattutto un simbolo di rigenerazione e di rinascita. Emblema di speranza e di fede nella vita sono invece i cavalli, i quali dalle prime immagini (il cavallo inquadrato dalla porta della chiesa da cui il pallone aerostatico sta per prendere il volo) all'ultima (il branco di cavalli bianchi che pascola sotto la pioggia estiva) disseminano della loro vitale presenza l'intero film. I leit motiv di Tarkovskij, che si ripetono puntualmente in tutta la sua filmografia, ci introducono in un universo individualissimo ed esclusivo, e costituiscono i segni più riconoscibili della sua inconfondibile poetica d'autore.
Del suo primo lungometraggio, L'infanzia di Ivan, la critica aveva messo negativamente in risalto l'esasperata ricerca stilistica e l'eccessivo formalismo, trascurando ingiustamente la sua forte carica poetica. Con Andrej Rublev è stata comunque fatta giustizia di tutte le incomprensioni esegetiche: il virtuosismo tecnico, i carrelli, le riprese dall'alto o al ralenti, sono messi al servizio di uno stile che riesce sempre a garantire un elevato livello di "leggibilità" e a rimanere aderente alla storia narrata. In Tarkovskij c'è una capacità di messa in scena che oserei definire ejzenstejniana. Nella sequenza della presa di Vladimir, ad esempio, il regista riesce a creare uno spazio scenico veramente "totale", passando da un episodio all'altro in piano sequenza, animando gli sfondi lontani dall'azione principale e movimentando piani spaziali (anche in senso verticale) diversi. Tarkovskij riesce a far questo senza ambire alla esasperata e geometrica perfezione di Ejzenstejn, bensì privilegiando sempre la vitalità della scena (a volte ricorrendo perfino a carrellate "naturali", come quando la camera inquadra le imbarcazioni che le scorrono davanti trascinate dalla corrente), oppure creando momenti di sospensione trasognata (come durante la panoramica circolare che, nel primo episodio, fa seguito all'ingresso dei monaci nell'isba).
Il rapporto di Tarkovskij con il paesaggio, con i fiumi, con le pianure, insomma con la terra russa, è assolutamente unico, al punto che sono loro, gli elementi naturali, ad assurgere a veri protagonisti del film. Ho detto all'inizio che Andrej Rublev è un film che si colloca tra cielo e terra. Nell'episodio della campana c'è una scena emblematica di questo duplice modo di essere. Scavando la buca che dovrà ospitare la fornace, Boriska trova una piccola e sottile radice, la segue con le mani per qualche metro, ma quando tenta di strapparla si accorge che fa parte di un grosso albero che si innalza sopra di lui. Il piccolo (la radice, il singolo individuo) rimanda sempre a un organismo più grande di lui (l'albero, il popolo), e questa appartenenza lo rende assai più forte di quanto lascerebbero supporre le sue individuali, esigue risorse. Quando la macchina da presa, dopo uno stacco, si alza lungo il tronco di un albero fino a una decina di metri da terra, il punto di vista si capovolge, schiacciando il ragazzo in basso, contro il suolo. Si tratta di una sequenza davvero miracolosa, che realizza una specie di unione mistica tra l'uomo, la sua terra e l'intero creato, al pari di quella, altrettanto stupefacente, della Passione, la quale si snoda sullo sfondo dell'appassionato monologo di Andrej e rappresenta, con il suo Gesù vestito di panni ruvidi e pesanti, la faccia da animale impaurito, che si ferma lungo la via crucis per mangiare la neve, per nulla grandioso se non nel suo umanissimo e straziante dolore, l'autentico e profondo atto di fede del regista russo nei confronti del suo popolo e della sua patria.

Crabbe  @  15/10/2017 01:23:43
   9 / 10
Il capolavoro di Tarkovsky senza ombra di dubbio.
Capolavoro indimenticabile su una figura di fondamentale importanza per la storia russa.

valis  @  26/02/2016 17:09:25
   10 / 10
affresco storico, riflessione filosofica e teologica sulla natura umana e sul divino.
Ho amato tutti i film su tarkovskij, ma sicuramente questo risulta essere il mio preferito.
ricco di metafore e citazioni, anche inaspettate, come quella su Dalì, quest'opera risulta essere la più sontuosa del regista sovietico, forse quella più ricca di speranza.
ho notato alcuni parallelismi con stalker, riflessione allora su una umaità senza fede e prospettive, qui brutale e selvaggia.
paradossalmente, proprio in rublev, l'umanità, sprofondata nel fango trova la forza di sollevarsi e giungere al sublime, contro tutti e tutto, come la metafora della campana sta a rappresentare.
magnifico.

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  23/04/2015 18:13:45
   10 / 10
Semplicemente un pezzo di storia del cinema, difficilissimo eludere l'apporto indiretto che ha avuto Rossellini su quest'opera, Andrei è debitore del suo 'Francesco, giullare di Dio', dalla composizione strutturale del film a capitoli, il ricorso al b/n, l'ascesi mai agiografica sempre rigorosamente asciutta, centellinato il grado di presenza del protagonista, talvolta arrivando a saltare anche capitoli interi, infine la condotta, molto poetica, e in Rublev si ravvisa ancor di più, ma entrambe prediligono l'indagine e la sublimazione della natura umana.
E proprio per questo, a discrezione del sottoscritto, il '2001' che a Tarkovskij continuavano incessantemente a rinfacciare come metro di paragone al suo 'Solaris' lo aveva semplicemente già fatto ma con 'Rublev', infatti dall'opera finale di Solaris ciò che evinse fu la difficile coesistenza col genere fantascienza, avrebbe voluto evitare quelle corde, non era quello che gli interessava, l'esplorazione è sulla coscienza non sulla scienza, e invece la critica opportunamente ha colto la palla al balzo per un superficiale confronto in piena guerra fredda tra le 2 opere.
Considerando che evitava come la mondanità anche la narrazione lineare, le tipiche logiche della cine-narrativa tradizionale, con Rublev ancora rasenta il comprensibile, astruso ma lo spettatore può ancora arrivare al filo logico del discorso narrativo, post Solaris abbonda di significati mischia soggettivo e oggettivo, mostra una grande personalità d'autore lasciando in eredità dei romanzi alla Joyce che il pubblico potrà decriptare dopo lunghe analisi, col tempo, visioni su visioni. Di quella 2° porzione di carriera 'Stalker' è da indicare come il miglior esito, poeticamente ed intellettualmente anche superiore a Rublev, circoscritto a una storia di individui, due, tre, quattro specifici individui, ostinatamente approfonditi, il loro è un viaggio nell'animo più intimo dell'uomo.
Rublev è anche la sintetizzazione tra uomo e arte, la sua Apocalisse di Durer, l'ultimo capitolo è un film nel film dedicato a 'La campana' rappresenta una delle massime espressioni della settima arte, e in particolare del suo cinema con l'acqua (pioggia), tematica onnipresente nelle sue opere come simbolo mistico di salvezza, purificazione, che conduce all'argilla nonché alla costruzione della campana. Se c'è ottimismo nel suo cinema, ammesso che ci sia, quello sta tutto in 'Andrej Rublev'.

JOKER1926  @  06/07/2012 16:42:26
   6½ / 10
Il ritratto generato da Andrei Tarkovskij nel lontano 1966, "Andrej Rublev", è un percorso nel Medioevo russo ove le barbarie erano, purtroppo, all'ordine quotidiano.

Andrei Tarkovskij evidenzia l'icona dell'artista Rublev, il film più che un biografico è un film da classificare come prodotto storico. Insomma l'immagine di Rublev, durante la proiezione, lascia spazio anche ad altre personalità. Invece è sempre evidente lo spaccato visivo di un'epoca tribolata.
"Andrej Rublev" rimane un film molto particolare ma Tarkovskij, secondo parere critico/soggettivo, dopotutto, non è immune da critiche.
Se il lavoro circa la fotografia e le inquadrature è di grande rilievo qui, con il prodotto del 1966, viene a mancare qualcosa nel campo della trama.
Tarkovskij ha uno stile chiaro per quanto concerne la confezione e la riproduzione delle immagini sullo schermo. Con la regia sovietica abbiamo molti piano sequenza, le situazioni, le scene sono dilatate a livello temporale. La regia calca, sistematicamente, sulla lentezza della scena, nascono opere abbastanza statiche.
Aldilà di questa osservazione c'è da aggiungere che la regia propone film di durate immense, ad esempio "Andrej Rublev" è un film di tre ore, quindi lo spettatore, inevitabilmente, è messo a dura prova. Perché, oltre qualsiasi concezione tecnica, il film resta pure una forma di intrattenimento. Questa "forma" rimane latitante per sempre.
Convergendo il discorso "A. Rublev" in una fattispecie di morale e denuncia le cose, finalmente, sono chiare.
La regia mette in luce la concezione dell'Arte che vive oltre ogni forma di coercizione e di violenza. A questo punto eloquente il finale in cui la vena artistica travalica da ogni cosa, si registra una sorta di rinascita.
Inoltre il film è una fotografia (fedele) di un periodo amaro che sembra, oltretutto, replicarsi anche oggi. In Russia tale produzione fu bandita, per ovvi motivi.

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  24/10/2011 11:46:10
   9½ / 10
Una delle riflessioni più spiazzanti, profonde, moderne e contradditorie sull'Arte e il ruolo dell'Artista. Tarkovskij firma il suo 8 ½, senza timore di competere con il capolavoro felliniano.
La figura (e non dimentichiamoci dell'immenso attore "protagonista") di Rublev è tra le più umane e carismatiche io abbia mai conosciuto. Un film indimenticabile. Svariati i punti che mi hanno toccato il cuore:
Tra tutti, l'apparizione di Teofane il Greco in mezzo ai corpi trucidati nella chiesa.
"Il male fa parte dell'essere umano, Andreij. Distruggere il male sarebbe distruggere l'umanità."
Mezzo punto in meno per alcune lungaggini, per esempio l'attacco dei tartari. Però a sentimento era un dieci pieno. Per me questo film è nella triade tarkovskijana che prediligo, insieme a Stalker eSolaris.
Non scrivo oltre perché davvero sono rimasto senza parole. Un film del genere, si vive.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  15/11/2010 18:02:16
   8 / 10
Un prologo,otto capitoli e un epilogo racchiudono alcuni momenti focali della vita del famoso pittore Russo Andrei Rublov di cui si conosce molto poco in realta'...forse solo le sue opere!
Un cammino nei dubbi della Fede,dell'arte e dell'amicizia in un bellissimo bianco e nero per quasi tre ore di durata che si cominciano a sentire solo nel capitolo de "la campana" forse tirato un po' per le lunghe ma fondamentale per il suo finale!
Davvero bello e intenso.

2 risposte al commento
Ultima risposta 15/11/2010 18.11.25
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pinhead88  @  02/05/2010 23:12:02
   8 / 10
Gran film di Tarkovskij,dal bianco e nero suggestivo alle ottime sequenze delle invasioni asiatiche.un ritratto magnifico del medioevo.

endriuu  @  01/05/2010 21:23:26
   7 / 10
Totale rispetto per le tematiche e l'insieme del film,che rendono verosimile la drammaticità del medioevo russo,dei conflitti spirituali di quell'intera epoca e non solo,ma andrei rublev non è per me troppo lungo,troppo lento,un vero mattone.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  18/02/2010 15:42:54
   7½ / 10
Non posso che essere d'accordo con i commenti precedenti che descrivono quest'opera come mastodontica,profonda e difficile.
Purtroppo la dilatazione e la lentezza di alcune scene mi sono sembrate abbastanza irritanti e stancanti,e come ho sempre detto non sono uno di quelli che disdegna i film lenti.
Non lo ritengo un capolavoro pur capendo chi lo elogia come tale,ma personalmente i capolavori sono quei film che ti entrano in testa con immagini emozionanti dall'inizio alla fine e che non ti escono dalla testa per un bel pò (se non per sempre). Questo effetto su di me non l'ha avuto per la maggior parte della sua lunga durata.

Andrej Rublev ha scene e parti fantastiche,come il meraviglioso prologo e anche il capitolo de La festa,oppure la violenza terribile de La scorreria,ma ha momenti che proprio non ho capito.
Certo,l'incipit è meravigliosamente visionario ed è la parte più bella del film.

La riflessione sulla Russia diventa riflessione sulla Russia dei tempi di Tarkovskij,poi sui valori umani, sul mistico e la Fede.
Molto bello il finale in cui Andrej torna a parlare e poi arriva il colore per la prima volta nel film.
La figura di Rublev non è trattata in maniera biografica nel senso pieno del termine,bensì come un pretesto per descrivere e rimandare alla Russia degli anni '60, Russia che tentò in tutti i modi di bloccare il film non riuscendoci del tutto (almeno fuori dalla patria).

è il mio secondo film di Tarkovskij,preferisco di gran lunga L'infanzia di Ivan.

Guy Picciotto  @  03/02/2010 22:13:58
   10 / 10
Mastodontica riflessione sul tempo e sull'arte, sullo sprofondare onirico - nostalgico nella storia, è il capolavoro col quale Tarkovsky venne riconosciuto come sommo Maestro, è il film dove la sua evoluzione creativa passò dal realismo all'arte totale, è un viaggio attraverso le lande desolate del medioevo russo, è anche un interpretazione del passato, una storia del medio evo russo e dei tumulti che riconfigurarono la Russia in quei secoli, un allegoria critica verso l'URSS , in definitiva un esperimento storico non mediato dalla storia scritta sulla pagina bianca, la vita di Rublev è un enigma, così come il film, si narrà che l'artista scomparve ad un certo punto del suo cammino e basta. Siamo ben oltre il concetto di film, appunto è arte totale, criptici episodi frammentati e non una storia, con un prologo misterioso e un epilogo che è una carrellata a colori delle icone di Rublev, una sorta di glorificazione mistica, l'icona fiabesca, esoterica e divina della trinità, che tra l'altro fu creata da egli nel bel mezzo di orrori, guerre torture, tradimenti, violenza, incendi, scene selvaggie dionisiache, in quel clima un uomo al quale era stata negato la luce di Cristo (contrapposizioni e similitudini delle figure di Cristo e di Dioniso evidentissime almeno a me) diversamente da un Goya ha creato una visione divina ed lo ha fatto perchè la sua visione non era della realtà fattuale a lui circostante, ma era la sua visione interiore, L'arte quindi come cortocircuito a scapito della storia. Credo che Tarkovsky come visione religiosa fosse alla resa dei conti della scuola Eckhartiana, rifiutando egli l'esseità per approdare all'indicibile, perché incommesurabile, nulla.
Uno dei capolavori artistici del '900. Stalker forse superiore? può essere, ma a questi livelli non credo ci possano essere differenze così rilevanti.

4 risposte al commento
Ultima risposta 13/09/2010 22.24.55
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Dr.Orgasmatron  @  14/01/2010 02:51:55
   9½ / 10
Difficile, complesso e, riprendendo un aggettivo da un utento sotto, "affaticante". Fatica che però alla fine è ripagata a pieno, quando si arriva in fondo al "colore" della pittura di Rubliov si è sintetizzato ed assorbito tutti i nove capitoli precedenti e si assapora il gusto del capolavoro. Andrej Rubliov non è protagonista assoluto, Tarkovksij lo tratta quasi come una comparsa, quello che conta è l'opera nella sua totalità, non l'artista.

The BluBus  @  03/12/2009 14:20:11
   9 / 10
Gli do "solo" 9, anche se in effetti potebbe meritare di piu, perche alcune parti sono un troppo "affaticanti".
Grandissimo film, anche se come tematica mi è piu caro Solaris.

scannachiappolo  @  25/11/2009 14:02:02
   10 / 10
da vedere, memorabile la parte della fusione della campana...
ogni altro commento per me è superfluo

Sabata  @  24/08/2009 12:52:28
   8½ / 10
Attraverso la vita del monaco e pittore Andreij Rubliov, il film rilegge la storia della Russia medievale (prima metà del '400) e propone una riflessione sul senso dell'arte, sul suo difficile rapporto con la fede e con la violenza dell'uomo.

Il film è ostico, lungo e complesso, ma anche profondamente lirico e intenso. Il monaco-pittore, per quanto nominalmente il protagonista, ha una posizione in un certo senso decentrata rispetto alle vicende del film. Non siamo noi i reali spettatori, quanto piuttosto lui, il monaco-pittore. Egli è lo spettatore. Attraverso i suoi occhi ci vengono restituite, filtrate, le vicende storiche. Ogni avvenimento appare in effetti l'innesco che anima le riflessione del pittore: le sue crisi di fede, i suoi scrupoli di coscienza, le sue riflessioni esistenziali. Viviamo con lui la storia, le sofferenze, gli interrogativi.

Gli episodi narrati sono molti. Taluni pedanti e affaticanti, altri la cui capacità evocativa raggiunge vette magistrali. Numerose le scene emblematiche, che per intensità e profondità, rimangono scolpite nell'intimo. Alcune tra le tante:

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Conclusione? Un film lungo, pedante, non facile. Forse non il Tarkosvskij migliore, i cui capolavori inarrivabili per me rimangono Stalker e Solaris. Eppure, nonostante questo, un film che arricchisce profondamente e che credo meriti, a pieno titolo, un posto nel firmamento dei capolavori del Cinema.

bulldog  @  16/07/2009 01:09:23
   8 / 10
Non all'altezza di Stalker e Solaris ma pur sempre un gran film.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  29/06/2009 06:54:03
   9½ / 10
La vita di Andrej Rublev, pittore russo d'icone del 1400 circa. La bravura di Tarkovskij, forse, tradisce in certi punti la modestia di questo artista; ma il film è indubbiamente bellissimo.
Ottima la scelta di tenere in disparte la figura del protagonista, che assiste ai vari capitoli quasi come un fantasma. Magnifico l'episodio della campana, che innalza il film a capolavoro. Nel finale riappare splendidamente il colore.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  20/04/2009 17:44:01
   8½ / 10
Complesso e stratificato, Andrej Rublev è un film del rapporto tra l'uomo e la sua arte, sul ruolo dell'artista con il popolo ed il potere politico. Pervaso da un forte misticismo di fondo, Tarkovskij racconti i travagli e le miserie di un artista alla ricerca di una collocazione precisa in cui la fede è offuscata dal dubbio. Magnifica tutta la parte della costruzione della campana, epilogo di questo romanzo di formazione sulla genesi di un'artista.

Neu!  @  27/02/2009 16:30:36
   10 / 10
chi gli ha dato due o tre meriterebbe di essere immediatamente castigato. C A P O L A V O R O! e uno dei più grandi di tutti i tempi

Crimson  @  26/10/2008 19:12:15
   9 / 10
Ogni film di Tarkovskij è un'esperienza unica, indipendentemente da come ci si pone rispetto alle sue tematiche predominanti. Un cinema che non c'è più, inteso sia come contenuti che come potenza visiva. La trasposizione della crocifissione nella taiga russa è una delle sequenze più suggestive del cinema del regista russo: un gelido silenzio, una commistione di immagini, dialoghi pregni di significato; Tarkovskij riesce perfettamente nel ricreare il dualismo tra paganesimo e cristianesimo in una Russia medievale dilaniata dagli scontri tra uomini e negli uomini. Il protagonista vive la crisi della propria concezione esistenziale che si riverbera inevitabilente sulla sua arte. La vera arte è vissuta in conformità del proprio sentirsi come uomo, una connubio imprescindibile ai fini della lettura di un personaggio come Andrej Rublev.Una maestosa galleria di personaggi carichi di fascino, da Teofane a Kiril, il lento incedere della narrazione si snoda tra tempi volutamente dilatati e per questo apparentemente distanti tra loro, che compongono tuttavia un percorso interiore di grande dignità, a prescindere dalla condivisione o meno della propria ragione d'esistere.
Sarà il ragazzo, vera mosca bianca, a costituire il rilancio della creatività dell'artista, in un finale che lascia senza parole.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  30/09/2008 19:42:32
   10 / 10
Ci sono pellicole che il dieci non basterebbe, "Andrej Rubliev" è una di queste. Ci sono pellicole che esprimono una maturità artistica straordinaria sequenza dopo sequenza, "Andreij Rubliev" è una di queste. E' la sontuosità dei tempi dilatatissimi a rendere unico questo film, con la sua distesa profondità di campo. Uno sguardo critico di Tarkovskij su quella conseguenza, a quanto pare, che colpisce inevitabilmente ogni autore e forma d' arte, da che mondo è mondo. Inizialmente una parabola sulla censura dell' arte citando l' episodio del buffone, ed ironia della sorte, come spesso è accaduto in Russia, il film fu censurato. Ma questo film è soprattutto una parabola sull' incontro, e la ricerca da parte dell' uomo, di Dio.
"Quanta pace ispirano quei colori..", ecco forse spiegato l' utilizzo del B/N, in un clima di guerre e perdita della dignità umana. L' arte come necessità dell' uomo, così come la fede in Dio. Può esistere pace senza fede? Senza fede non c'è più peccato e senza peccato con l' uomo cessa anche la coscienza.
Nove tappe della vita del pittore Andreij Rubliov tra crisi di natura artistica e voti di silenzio, nei primi anni del 1400, ma l' ultimo episodio -la forgiatura di una campana e la felicità di chi l' ha creata- getta ancora speranza nell' autore circa il valore dell' arte in sè, e l' epilogo a colori da tutta la sensazione di una nuova luce, di una pace finalmente ritrovata. Be', un Capolavoro.

Peppo81  @  03/03/2008 14:50:08
   10 / 10
QUESTO POLPETTONE IN B/N è PER IL MOMENTO IL MIO FILM PREFERITO E DATO CHE MOLTI CAPOLAVORI LI HO VISTI NON SO SE PERDERA' MAI LA VETTA

come direbbe Peppino in "Totò, Peppino e la malafemmina"...............

HO DETTO TUTTO

1 risposta al commento
Ultima risposta 05/03/2008 14.05.42
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  03/11/2007 18:15:38
   8 / 10
In un periodo della storia russa (e più in generale europea), dominato dalla barbarie e dagli eccidi, si svolge la singolare vicenda di un monaco, Andrej Rublev, rinomato per il suo portentoso talento nel dipingere icone sacre. Andrej, chiamato dal Duca di Mosca ad affrescare una importante chiesa, una volta giunto a destinazione decide di non intraprendere i lavori e desistere dall'impegno preso.
La crisi artistica di Rublev, il cui talento è sempre stato speso nell'alveo dell'ambiente cristiano, coincide con la sua crisi interiore dovuta a una coscienza entrata drammaticamente in conflitto con la fede e i canoni della sua religione. Le nequizie e la crudeltà dei suoi tempi, perpetrate sotto gli occhi "compiacenti" e indifferenti del Signore, ingenerano in Andrej dubbi laceranti fino a determinare la "paralisi" della sua arte, in quanto essa rappresenta una dimensione "pura e immacolata" che, come tale, non può essere asservita alle ragioni di quei Potenti che, con la loro arroganza e la loro brutalità, sono assurti a carnefici del "mondo".
Andrej, oramai consapevole della inveterata scelleratezza e della ipocrisia che animano le azioni dell'uomo e che serpeggiano anche nelle sacre Istituzioni ecclesiastiche, si rinchiude in un rassegnato silenzio. Silenzio che romperà soltanto quando si imbatterà in un giovane artigiano il quale, dopo essere riuscito a fabbricare la campana commissionatagli dal Duca, si sentirà colpevole per essersi messo al servizio del Potere, "profanando" un'arte che non gli era mai stata trasmessa dal padre, ma che gli era stata elargita dall'Alto come dono innato.
Bella la descrizione del rapporto di odio/amore tra Andrej e Kiril, che sembra ispirarsi a quello tra Mozart e Salieri.
Pellicola visivamente notevole, e pregna di significati e messaggi. Tuttavia non la ritengo il capolavoro di Tarkovskij che, a mio avviso, raggiungerà il suo apice con Solaris e Stalker.

Zanibo  @  01/11/2007 21:25:25
   8½ / 10
Da 10 la parte finale della campana sia per la bellezza che per come tiene incollati a vedere come va a finire. Purtroppo a mio parere il resto del film e` troppo lungo e a tratti noioso, ma andrebbe visto una seconda volta per capirlo e aprezzarlo a fondo.

Invia una mail all'autore del commento angel__  @  07/01/2007 03:12:01
   9 / 10
bellissima storia ambientata in un epoca triste della storia russa. granid attori e la scena-metafora della campana è una delle scene più belle e intense che abbia mai visto. solo un pò troppo lungo in alcune parti.

Anders Friden  @  29/01/2006 20:14:34
   9½ / 10
Un colossal made in Russia. Staordinaria opera d'arte di Tarkovskij

Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  15/01/2006 22:44:43
   8 / 10
Un ennesimo grande film del mai rimpianto abbastanza Andrej Tarkovskij.
Purtroppo questa opera non è all’al livello di Stalker.
Interessantissimi i dialoghi intrisi di un intenso misticismo, ma pur contenendo splendide sequenze, il film è troppo lungo e la parte centrale è davvero un po’ pesante.
Monumentale invece la parte finale, in cui il protagonista appare solo sullo sfondo della vicenda.

Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  23/11/2005 15:41:50
   10 / 10
Tarkovskij superbo nel suo primo capolavoro assoluto... indimenticabile la scena della campana....

la mia opinione  @  11/09/2005 17:19:03
   10 / 10
Quanta maestria già allora. Peccato per il bianco e nero a me piace molto la fotografia di Tarkovsky. Ci sono alcuni momenti meno intensi il film dura 3 ore la trama è come al solito un inesauribile fiume di drammaticità. Qui affronta il tema della fede piu direttamente che in atri film e solo un credente puo arrivare fino a li, ai concetti e ai dialoghi che ci sono. Cmq sia malgrado non sia il suo migliore secondo me Tarkovsky è sempre da 10. Almeno da qui in poi Cioe da Rublev in poi.

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Ultima risposta 07/09/2008 12.09.57
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Nightcrawler  @  21/03/2005 16:45:22
   9 / 10
Grande Tarkovskij, per un grandissimo film.

corvino84  @  04/02/2005 02:14:33
   3 / 10
L'ho trovato a tratti irritante.

Un tipo di cinema che non capiro mai

4 risposte al commento
Ultima risposta 07/09/2008 12.11.29
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aliceflat  @  31/01/2005 19:30:51
   2 / 10
Delusione immensa,ho deciso di vedere questo film ,solo per gli elogi che avete fatto,e invece.........
La prossima volta starò più attenta a scegliere il film.

4 risposte al commento
Ultima risposta 07/09/2008 12.12.18
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greenday2  @  31/01/2005 17:39:40
   7 / 10
CHe dire....io la produzione sovietica non riesco proprio ad apprezzarla. CMq di per se e' un buon film....ma non mi ha di certo entusiasmato

francois  @  31/12/2004 17:40:37
   10 / 10
Il grande capolavoro di Tarkovskij, le immagini sono lente ma proprio perenfatizzare. Ad ogni modo sono d' accordo col grande Cash: nel senso che bisogna andare oltre le lentezza , altrimenti si rischia di annoiarsi.

10 risposte al commento
Ultima risposta 16/01/2005 22.50.13
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Gruppo REDAZIONE Invia una mail all'autore del commento cash  @  29/12/2004 13:15:23
   7 / 10
non è facile commentare un film di tale portata; per me l'analisi o il solo commento di rublev deve passare necessariamente attraverso il fatto che non ho mai digerito la produzione cinamografica sovietica. Girato in bianco e nero per omaggiare il maestro ejsenstein, ha con questo ben poco da spartire. Non parlo di ideologie e messaggi, ma di tecnica cinematografica; laddove Ejsenstain costruiva (con il suo montaggio formale) significati attraverso inquadrature brevissime, guizzi e lampi, tarkovskj sceglie la dilatazione dei tempi. Che a me risulta piuttosto indigesta. A parte stalker, autentico mattone ma assolutamente geniale in quanto puro "cinema concettuale", non ancorato a storia alcuna, il maestro è fin troppo generoso con la durata delle inquadrature. Il film è formalmente perfetto, i temi sono trattati con la forza e la convinzione che si confà ad un maestro, ma perchè incorrere in inquadrature che hanno come unico effetto collaterale quello di tediare? Chiaro, parlo per me. ma avrei davvero voluto vedervi tutti, durante la visione del film. Con circa un'ora di meno questo film sarebbe stato pressochè perfetto. vedi la parte del figlio del fonditore di campana; bella parte volta a far emergere la figura di quel ragazzino che sostiene di aver appreso dal padre il segreto; in realtà non è vero,il ragazzo si lascia guidare dall'istinto e dall'intuizione, assolute capacità intrinseche al ragatto stesso e non apprese altrimenti. Questo ragazzo, insieme ad altri eventi, redimerà Rublov, che tornerà così ad esprimersi attraverso la sua arte. E sono stupendi anche i dialoghi circa la natura del suo dubbio; quello di produrre icone e immagini del giudizio che in qualche modo terrorizzino chi li osserva. E la tensione tra spiritualità e arte che ne dovrebbe derivare è sempre presente e in primo piano. Ma per quanto mi riguarda c'è un problema; la tecnica cinematografica che non è assolutamente all'altezza di stalker o nostalghia, dove ogni inquadratura era davvero un'opera a sè, da incorniciare. Qua francamente mi sembra la fiera dell'ovvietà, con nota di demerito per la (lunghissima) parte rigurdante l'assedio dei tartari nella chiesa (tra l'altro l'unica parte non collocata cronologicamente; la vera battaglia si combattè prima della nascita di Rublov, girata in modo francamente imbarazzante. tarkovskij è il regista dell' immobilità e dell'attimo crfistallizzato, sicuramente non del dinamismo. Trovo, di conseguenza, che il vero punto di forza del film siano i dialoghi. ma allora non bastava il libro? Non basta l'ascolto delle geniali e acute osservazioni tra i diversi creatori di icone? Per quanto mi riguarda la parte prettamente cinematografica è strettamente accessoria. Andrej Rublov, uno di quei film che farebbero un figurone se trasmessi per radio.

pacotorres  @  25/12/2004 19:10:48
   10 / 10
Ma quello sotto è un commento? Un capolavoro, amara riflessione dell'arte nel cammino dell'umanità, l'impossibilità della storia di superare i conflitti. Il riscatto nasce attraverso la pittura, ma è un riscatto solo di tipo intimista.

2 risposte al commento
Ultima risposta 11/03/2012 01.00.37
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Invia una mail all'autore del commento pastapasta  @  16/12/2004 17:21:56
   7 / 10
bel film ma nn tratta un argomento a me congeniale, m dispiace peril grande tarkovski ma nn è uno dei miei preferiti. cmq nn si puo dire ke sia un brutto film anzi

56 risposte al commento
Ultima risposta 13/05/2005 23.24.09
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Lot  @  14/12/2004 14:39:29
   10 / 10
Ok, mi prendo la responsabilità di portarlo in classifica e in balia delle avversità...

Un film sulla crisi dell'arte, sulla spiritualità e sulla nostalgia, un affresco solenne e al tempo stesso dimesso della società medievale russa, attraverso l'iconografia classica ma anche con spunti molto innovativi.
Difficile parlarne comunque, più che un film è una galleria d'arte e come tale parla attraverso la fotografia e le immagini.

51 risposte al commento
Ultima risposta 18/12/2004 15.16.45
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ernesto  @  14/12/2004 14:12:13
   10 / 10
Per chi ama l'arte, la pittura, la poesia, la musica, il cinema, la filosofia: insomma, l'opera perfetta per chi ama la cultura e la non superficialità.

1 risposta al commento
Ultima risposta 14/12/2004 14.29.26
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SIMMONS24  @  14/12/2004 13:42:20
   10 / 10
Arriverà (giustamente) in classifica con la media del 10 finché qualche idiota non lo voterà negativamente.

3 risposte al commento
Ultima risposta 15/12/2004 00.33.28
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adorno  @  10/12/2004 22:18:38
   10 / 10
Nonostante la lunghezza, scorre via con una naturalezza estrema. Sembra strano, ma appare piu´ l´ opera di un poeta che di un regista. E come sempre accade poesia/pittura sono un binomio inscindibile.

Invia una mail all'autore del commento picasso  @  10/12/2004 20:30:12
   10 / 10
tarkovskij e´ un genio.

1 risposta al commento
Ultima risposta 15/12/2004 02.12.30
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butcher  @  10/12/2004 17:36:04
   10 / 10
Un film che unisce le varie muse: il grande amore per arte e pittura si fonde con quello per poesia e musica, per arrivare alla filosofia e al rapporto con Dio. Tolstoj e Checov hanno trovato il loro grande degno rappresentante su grande schermo.

liu_mi  @  04/12/2004 14:31:38
   10 / 10
Decisamente non è un film facile. Mi aspettavo la storia di un pittore, invece è un incredibile affresco sulla condizione della Russia, sulla condizione umana, sulla fede dell’uomo tra cristianità e paganesimo e infine sull’arte medioevale nel suo significato più profondo, non solo visivo (semplicità e non presunzione, timore di Dio). Per ogni argomento trattato sorge un conflitto, sottolineato dalla difficoltà del protagonista di riuscire a dipingere di fronte ai suoi interrogativi morali. Di fronte al giudizio universale l’artista, o l’uomo che si pone interrogativi, si tira indietro e rimane muto, mentre l’allievo incosciente continua senza problemi.
Bellissimo il discorso tra Rublev e il maestro morto: “Anche il male è una cosa che fa parte della natura umana; voler distruggere il male è come voler distruggere l’umanità”.
Un film ricchissimo di significati, da vedere assolutamente.


2 risposte al commento
Ultima risposta 04/12/2004 20.09.24
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giancarlo man  @  26/11/2004 17:02:54
   10 / 10
Stupendo film sulla pittura e la vita.

dragonfly  @  25/10/2004 13:51:46
   10 / 10
Mi inchino di fronte alla forza di questo film, che riesce a unire tutte le arti del cinema in una perfezione magistrale e armonica. Tarkovskij, grande maestro.

1 risposta al commento
Ultima risposta 25/10/2004 14.15.35
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leecorman2  @  07/10/2004 18:56:53
   10 / 10
Ho sbagliato, non Ivan ma Andrej Rublev. Grandissimo film di rara bellezza.

andreafer  @  21/09/2004 18:45:35
   10 / 10
Purtroppo è l'unico film finora che ho visto di tarkovskij. Appassionato d'arte sono rimasto incantato. Vorrei vedere gli altri, sono tutti reperibili?

3 risposte al commento
Ultima risposta 25/10/2004 14.14.02
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Matthias  @  21/09/2004 18:17:34
   10 / 10
Secondo me questo dopo Stalker è il miglior film di Tarkoskij.

Gruppo COLLABORATORI paul  @  17/09/2004 12:23:47
   10 / 10
Come pittore (anche se solo per hobby) io ho trovato tante affinità in questo artista e nella sua storia, e profonde emozioni. Vorrei sottolineare i momenti che ho sentito "miei" in modo particolare: il rifiuto di essere artista quando gli eventi sconvolgono la tua coscienza, l'arte come comunicazione, come medium per far sentire la presenza divina(l'icona), l'arte come qualcosa di popolare e nello stesso tempo come distacco. Questa importante opera cinematografica, ipnotica solenne e estasiata, mai noiosa, mai ingombrante, mi fa davvero rimpiangere un cinema che oggi non c'è quasi più, se non sopravvissuto in schegge impazzite (l'ultimo Olmi, ad esempio): un cinema indifferente ai tempi, di profondo rigore morale, ad ampio respiro. La cosa forse che mi colpisce di più è il richiamo, in tutto Tarkovskij e qui in particolare, a un bisogno spirituale, a una religiosità popolare e sentita, viscerale e vissuta, le cui radici affondano in un humus precristiano (la crocifissione nella neve) che decenni di impero comunista hanno tentato di annullare dal cuore russo, e che nel film sfocia nella "creazione" della campana prima, e della Trinità poi, cioè una religiosità che faccia davvero sentire Dio visibile e vicino. Ultimo appunto sul bellissimo bianco e nero: è così ricco di sfumature da sembrare a colori.

QUESTO COMMENTO NON E' MIO, BENSI' DEL MIO VECCHIO AMICO JP.

the beast  @  16/09/2004 21:38:21
   10 / 10
Questo me lo sono visto di recente e, nonostante la lunghezza, mi ha molto colpito in senso positivo. Anzi diciamocelo è un capolavoro.

hiroshi  @  26/08/2004 20:05:56
   10 / 10
il migliore di tarkovskij (quindi 10+).

Gruppo REDAZIONE maremare  @  25/08/2004 22:45:49
   10 / 10
Affresco storico potente, violento, spirituale, toccante.
Pietra miliare della storia del cinema russo e mondiale.

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