a proposito di tutte queste... signore regia di Ingmar Bergman Svezia 1964
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a proposito di tutte queste... signore (1964)

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locandina del film A PROPOSITO DI TUTTE QUESTE... SIGNORE

Titolo Originale: FÖR ATT INTE TALA OM ALLA DESSA KVINNOR

RegiaIngmar Bergman

InterpretiJarl Kulle, Bibi Andersson, Harriet Andersson, Eva Dahlbeck, Georg Funkquist

Durata: h 1.20
NazionalitàSvezia 1964
Generecommedia
Al cinema nell'Agosto 1964

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Trama del film A proposito di tutte queste... signore

Il critico musicale Cornelius sta scrivendo una biografia su un celebre violoncellista, e per ottenere un'intervista si reca in visita a casa sua per alcuni giorni. Non riuscendo ad avvicinare il musicista, Cornelius conversa con le numerose donne che vivono con lui, venendo a conoscenza di parecchie indiscrezioni "intime" che deciderà di usare per mettere in atto una strana vendetta...

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Voti e commenti su A proposito di tutte queste... signore, 8 opinioni inserite

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DarkRareMirko  @  26/07/2020 20:15:14
   6½ / 10
Perfettamente d'accordo con la maggior parte dei commenti trovati in rete; il film l'ho trovato interessante per lo più per l'aspetto tecnico/visivo, mentre riguardo ai contenuti ci sarebbe molto da discutere.

Frivolo ed ababstanza inconcludente, assume spessore solo quando tira in ballo la critica.

Vedibile ma nulla più; commedia non è sinonimo di film disimpegnato.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  28/11/2011 21:24:32
   6 / 10
Un Bergman che si prende la libertà di giocare uno scherzetto. Ai critici, forse a sé stesso dato che questo bizzarro film, che nasce dopo il meraviglioso Silenzio a conclusione di una trilogia angosciante "e seria", è qualcosa di difficile collocazione anche all'interno della sua filmografia.
Una pellicola che molti hanno accostato anche a Otto e Mezzo di Fellini, e qualche punto in comune c'è: la voglia di fare una sorta di metacinema prima di tutto, poi il forte senso autobiografico e quella sorta di harem che è la villa in cui è ambientata la vicenda. Però davvero dove Bergman voglia andare a parare non si capisce per nulla: il suo è appunto uno scherzo, come tale va visto e senza interpretarlo troppo.
Certo i critici all'epoca parlarono anche di "cattivo gusto", ma perdonabile perché l'autore era già riconosciuto come un gigante della cinematografia. Questa definizione è esagerata rivedendolo oggi, il primo film a colori di Bergman ha una fotografia deliziosa e alcune scene sono stilisticamente impeccabili.
Ma delle sue commedie è certo oltre che la più sperimentale la meno riuscita, non si riesce a ridere e ci si diverte soltanto nella sequenza dei fuochi artificiali.

Ma parafrasando ancora una volta il critico che parlò di cattivo gusto (e mi pare giusto visto che il film è diretto principalmente contro di loro): a Bergman un passo falso DEVE essere perdonato. La sua impronta è comunque riconoscibile, però do la sufficienza giusto perché è lui.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  12/12/2010 18:40:26
   6½ / 10
Non è così facile per un regista fare film impegnati e densi di significato. Lasciano il segno, vengono acclamati, ma poche persone sono disposte a pagare per andarli a vedere al cinema. Bergman con la trilogia del silenzio ha lasciato un segno indelebile nel cinema di riflessione; meno contenti i produttori che hanno sganciato i soldi e non si sono visti premiati da profitti considerevoli. E' difficile arricchirsi con il cinema "povero".
Tutti i grandi registi hanno dovuto alternare ai film "impegnati" altri più leggeri, facili e commerciali. Bergman non fa eccezione. Per questo ha dovuto cimentarsi (non con molto entusiasmo) con la commedia leggera e frivola, con l'obiettivo di distrarre, divertire senza tanto sforzo mentale. Ecco quindi l'incredibile "A proposito di tutte queste signore", che fa letteralmente rimanere a bocca aperta l'appassionato di Bergman.
Bisogna dire che Bergman non ha proprio le corde per produrre cinema leggero. Per questo si appoggia sulle esperienze passate. Non elabora ma rielabora gli stili storici. Il film è un esplicito omaggio all'avanspettacolo, all'operetta, al melodramma, sia nello stile che nella storia che nei personaggi. Ci si rifà soprattutto alla belle epoque francese e ai roaring twenties americani. Alla prima epoca appartiene il tema frivolo e leggero di natura amorosa, i personaggi maschili raffinati e vagamente effeminati, i frequenti rimandi a situazioni piccanti e osé con molta simbologia erotica (a volte decisamente esplicita). Alla seconda appartengono i costumi e i caratteri dei personaggi femminili e il tentativo di riprodurre lo stile comico slapstick. Altra epoca rielaborata è quella della commedia leggera americana degli anni 30-50 (Lubitch, Vincent Minelli, i film con Mae West); l'atmosfera è quella.
L'argomento del film non è poi così frivolo e leggero. E' una riflessione sul ruolo dell'artista nella società. Il protagonista è uno straordinario e famoso violoncellista (altra occasione per omaggiare la musica di Bach) che non vediamo mai in faccia. E' circondato da una cerchia di donne a mo' di harem. Appare chiaro che dietro la figura del violoncellista c'è Bergman stesso. Molti hanno avvicinato questo film a "Otto e mezzo" di Fellini. Altro punto in comune è la presenza del critico cinematografico, simbolo delle pressioni, degli obblighi e dei compromessi a cui i grandi artisti sono costretti a sottostare. E' proprio la categoria dei giornalisti, dei diffusori di notizie e giudizi critici che viene più dileggiata in questo film.
Bergman vuol far capire che è stato quasi costretto a fare questo film, anche se rappresenta un po' la morte della sua arte. Il tutto appare però soffuso da tanta ironia e amabilità.
Tutto sommato non è proprio malaccio questo divertissement di un grande artista.
Fra le attrici mi è piaciuta soprattutto Harriet Anderson: carina, bravissima.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  25/04/2008 10:23:36
   6½ / 10
Nykvist ha fotografato per Bergman un mondo femminile come un gigantesco confetto rosa. E' probabilmente l'unico film del regista che ha fatto esclusivamente per la critica, un film con il quale si diverte a prenderla in giro, un film che tutto sommato è carino, divertente anche se calca un pò la mano nelle buffonerie, e proprio per questo motivo è corto quanto basta. Cast in prevalenza femminile, bellissima anche qui Harriet Andersson, inizio a credere sia stata l'interprete femminile più bella della sua filmografia, oltra che una delle sue preferite, seconda solo a Bibi Andersson.

Beefheart  @  14/06/2007 16:08:15
   7 / 10
Piacevole commedia, ironica e surreale, che esula dai toni tipici del cinema di Bergman ma non delude comunque. Più frivolo del solito il regista opta, per la sua prima volta, sul colore che, all'uopo, può facilmente trasmettere buone dosi di allegria e stravaganza. La trama, bizzarra, racconta l'originale storia di Cornelius, critico ed appassionato musicale, che intende cimentarsi nella stesura della biografia del suo idolo, grande violoncellista, Felix. Per fralo si reca ospite nella di lui villa dove ne conosce le muse ispiratrici come la moglie, l'amante ufficiale, l'amante ufficiosa, la cameriera, la cugina e così via fino a sette donne. Durante il soggiorno Cornelius tenta inutilmente di avvicinare Felix (che il regista sceglie di non mostrarci mai) per intervistarlo e consegnargli una partitura musicale, da lui stesso scritta, affinchè il maestro la eseguisse alla prima radiofonica, in maiera tale da avvicinare e confondere tra loro interprete ed interpretato. In realtà non fa altro che rimanere coinvolto nel turbine di follia femminile perennemente alimentato dalle signore della casa. Come già detto, trattasi di film molto giocoso e, tutto sommato, abbastanza divertente; caratterizzato da buon ritmo, valida interpretazione, fotografia luminosa, location suggestiva, trovate originali, somiglianze, al solito, felliniane e dialoghi efficaci. C'è chi ne contesta l'eccesso di inquadrature fisse, che in effetti abbondano, ma probabilmente sono funzionali al taglio teatrale semi-comico del film che richiama a veri e propri siparietti, ora ludici, ora grotteschi, introdotti, di volta in volta, da didascalie esplicative in bianco e nero, riprese dal vecchio cinema muto. Si dice che in più di un passaggio Bergman abbia voluto simpaticamente schernire il ruolo del critico d'arte: precisamente nella scena in cui Cornelius si interroga sul senso di ciò che ha appena scritto senza trovare risposta; oppure quando, sempre lui, chiede cosa sia un genio e Bergman, per bocca del becchino, gli risponde che "genio è colui che riesce a fare cambiare idea ad un critico"; infine quando, in occasione della scena dei fuochi d'artificio, il regista sceglie di venire in contro ai sedicenti, o presunti, esperti, risparmiandoli da inutili quanto eccessive elucubrazioni mentali, con l'ennesima didascalia, irriverente, che recita "questi fuochi d'artificio non hanno nessun significato simbolico". Nel complesso non sarà il solito filmone profondo che riflette sugli eterni dubbi dell'esistenza, ma, nel suo piccolo, irriverentemente autobiografico e meravigliosamente sdrammatizzante, si difende egregiamente. Consigliato.

Crimson  @  04/08/2005 19:43:18
   6 / 10
Bergman ogni tanto si è dato alla commedia (ebbene sì). Questo film mi ha deluso un bel pò, l'ho trovato eccessivamente frivolo e inconcludente. La satira ricercata dall'inizio alla fine non colpisce più di tanto. A volte si ride anche un pò, ma sono momenti in cui questa pellicola assomiglia ad una di Blake Edwards!
Decisamente meglio "sorrisi di una notte di mezz'estate"!

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Ultima risposta 05/08/2005 09.33.06
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