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Meno potente di MESHES OF THE AFTERNOON però sempre un corto interessante interpretato dalla stessa Daren. La sequenza finale però è davvero di impatto.
Lontano dai livelli di Meshes of the afternoon, un corto molto meno affascinante e suggestivo e non del tutto riuscito dal punto di vista dei simboli e dei significati. Corto dalla struttura circolare, che elogia la femminilità e la sensualità della donna, che esce dal mare come una Venere e vi ritorna correndo, osservata dalle diverse se stesse in cui è scomposta la sua identità, in un ultimo ed esaltante atto di libertà.
Molto meno interessante rispetto a 'Meshes of the afternoon'. Purtroppo la Deren, a mio avviso, non è più riuscita ad esprimersi a quei livelli. Questo lavoro è comunque molto interessante e degno di nota.
A differenza di Meshes questo corto della Deren non mi ha detto granchè.la prima e l'ultima sequenza sono forse quelle più interessanti.il resto è troppo criptico per i miei gusti.
Rispetto a Meshes of the afternoon ha una maggiore linearità del racconto pur mantenendo quel carattere di circolarità rispetto al corto precedente. Questa viaggio onirico "sulla terra" della protagonista (la stessa Deren) è una messa alla prova della propria personalità in ambienti e situazioni stranianti e sottilmente ostili.
Secondo dei 3 capolavori sottoforma di cortometraggio realizzati da quella grandissima artista della Deren.
In questo caso, a differenza del primo Meshes of the afternoon, si fà spazio e si rende più palese una certa critica sociale.
Qui inoltre la sessualità si scontra ancora con la morte ma stavolta è la morte sospesa dei morti viventi in società: uscendo dal grande grembo oceanico (nel quale si poteva esser caduti morendo al termine di Meshes of the afternoon, la morte che va all'acqua-sesso, che apre, e vedremo chiude, il trittico...) la Deren (sì, è ancora lei la protagonista) si ritrova tra spinosi tronchi e rocce acuminate che sono allo stesso tempo l'ordine sociale, il salotto borghese, il terra-terra di chi ha i piedi per terra e non sa più cosa sia la libertà erotica oceanica...
In una sorta di femminismo o meglio rivendicazione lesbica, Maya Deren attraversa questi scenari imponendo sensualità, la sua sensualità: le passeggiate con l'uomo nel bosco sono ambigue (lui cambia identità ad ogni inquadratura, anche se è simile è un altro) e conducono a una casa diroccata e desolata con un laido baffuto malato anche lui indubbiamente morto vivente, mentre presso il mare, più in vicinanza al grembo e alla luce, ci sono donne che giocano e appunto confondono le "acque" ma senza torbidume, con solari carezzevoli scambi di pedine, un raccogliere pietre per trasformare i nostri pesi in pezzi di scacchi e così riscattarcene attraverso il gioco...
Si tratta di un lavoro ovviamente e palesemente più lineare di Meshes of the afternoon; i sottintesi poi sono meno psicologici ma sociologicamente più ampi, ma anche qui la regia fa miracoli, rendendo ancora una volta un'incredibile vertigine durante le arrampicate o le discese, o infilando quasi impercettibili giochi di prestigio, come appunto le identità che si scambiano, i passaggi tra un'impossibile porta e l'altra nel chiuso soffocante ambiente della casa diroccata che diventa labirinto, o la bellissima corsa finale sulla sabbia del litorale che con un gioco di camera mostra la Deren prima vicina agli spettatori e poi subito dopo in fondo alla spiaggia con un lungo sentiero di impronte lasciate dietro di sé; si tratta di sicuro del più commovente inno alla libertà che mai si potrebbe ingabbiare.
La potenza e la poetica dei pochi mezzi a disposizone... Non vedrete mai più, purtroppo, 3 lavori di questa qualità...
Ringrazio sempre Filippo System Shocko e rinnovo l'invito avedere queste 3 magnifiche opere!