bellamy regia di Claude Chabrol Francia 2009
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bellamy (2009)

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locandina del film BELLAMY

Titolo Originale: BELLAMY

RegiaClaude Chabrol

InterpretiGérard Depardieu, Clovis Cornillac, Jacques Gamblin, Marie Bunel, Vahina Giocante

Durata: h 1.50
NazionalitàFrancia 2009
Generegiallo
Al cinema nel Febbraio 2009

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Trama del film Bellamy

Come ogni anno in estate (e nonostante il desiderio della moglie Françoise che vorrebbe andare in crociera) il famoso commissario Bellamy si trasferisce da Parigi a Nime. Qui viene posto sotto indiscreto assedio da uno sconosciuto il quale ha un segreto da rivelargli. Curioso com'è il commissario non resiste agli inviti dell'uomo e viene così a conoscenza di elementi che possono fare luce su un incidente stradale avvenuto in circostanze non del tutto chiare. Nel frattempo il fratello minore, alcolizzato e rancoroso, lo raggiunge creandogli non pochi problemi.

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Voto Visitatori:   5,92 / 10 (6 voti)5,92Grafico
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Voti e commenti su Bellamy, 6 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Goldust  @  18/01/2021 11:13:25
   5½ / 10
E' un peccato che alla sua ultima fatica cinematografica Chabrol non riesca a congedarsi dal suo pubblico con un'opera da ricordare. Un'indagine poliziesca si mescola alle beghe private di un ispettore frustrato dal rapporto con il collerico fratello; il tutto si risolve in qualche modo tuttavia si avverte il deludente sapore della maniera perchè, purtroppo, non c'è più il graffio grottesco di un tempo. Chabrol sembra più attento del solito nel dare una dimensione gastronomica alla vicenda, forse perchè l'azione è poca e le sequenze si susseguono soprattutto al chiuso delle quattro mura. In quest'ottica la presenza dell'appesantito Depardieu sembra starci a pennello ma anche lui non riesce ad elevare il livello di un film nato stanco e proseguito nel medesimo modo. Per chi ama come me senza riserve la produzione del regista francese ci potrà forse trovare qualcosa di buono ( la prova della Bunel ad esempio è ottima ), per gli altri consiglio di recuperare altri film dell'autore, anche restando negli anni 2000 dove ha firmato lavori interessanti.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  11/04/2016 22:52:57
   7 / 10
L'ultimo di film di Chabrol è una doppia indagine che si muove su binari paralleli. L'indagine su un incidente mortale non privo di risvolti oscuri e l'indagine più minimalistica e privata sull'ispettore Bellamy, a cui la figura possente e magnetica di Depardieu non nasconde tuttavia la sua estrema fragilità per quel fratello scapestrato, vero e proprio lato scuro di se stesso, alcolizzato ed autodistruttivo. Tra una sfumatura e l'altra si svelano quei risvolti della provincia chabroliana, apparentemente pacifica, ma che nel interno nasconde persone ormai senza più na direzione morale precisa, perdute e sull'orlo di un precipizio esistenziale. Vittime e colpevoli, burattini e burattinai, é sempre più difficile scoprire la sottile differenza.

Ape1  @  09/06/2013 10:56:39
   2 / 10
Davvero un film povero di temi, e qui pochi sono appena accennati e per nulla sviscerati. Il film non è granchè neppure dal punto di vista visuale, quindi non c'è proprio nulla da vedere. Purtroppo fa parte di quella decadenza forte di Chabrol che sembra iniziata già un decennio fa con Il Fiore del Male. Sono film inconcludenti. Come spesso in Chabrol, anche qui i temi sono la forza inarrestabile della sessualità femminile che fa compiere atti inconsulti ai personaggi maschili, la depressione che non può essere compensata dall'amore familiare che anzi ne è un'aggravante, l'alcolismo, ...
Il senso del dramma (perchè qui di poliziesco/noir c'è pochino davvero) è di tipo eschileano (famiglia, sesso, amore, morte) ma proprio sottotono per i miei gusti

BuDuS  @  06/05/2012 23:52:25
   5 / 10
Premetto: non mi piace valutare i film che non riesco a vedere fino alla fine.

Tuttavia: se non riesco a vederlo fino alla fine, vuol dire che gliel'ho data sù per noia e non mi ha dato una valida ragione per continuare a vederlo (prospettiva di miglioramento).

A volte mi capita pure che capisco non essere "il mio genere", oppure, non sono in vena di guardare una certa cosa. Lascio stare e non voto.

Ma qui mi aspettavo qualcosa di accattivante e, sarà che i film francesi tendono a piacermi poco, ho aspettato un po' (anzi, abbiamo) e poi ho detto basta.

Questo per avvertire che "non è detto sia tutto sto capolavoro" come la media lascerebbe intuire.

Invia una mail all'autore del commento camifilm  @  19/04/2012 17:18:58
   7½ / 10
Un buon giallo.
Una interpretazione di elevato livello da parte del protagonista con tutta la sua fisicità lenta, costante e pesante come quella di un elefante in cerca della verità, ma sempre dubbioso di averla trovata e rimettendosi in gioco. IL DUBBIO è la fonte della trama, in ogni elemento della propria vita sentimentale e nella propria mansione di poliziotto, ecco che compare sempre il dubbio, un dubbio dato dalla capacità visiva che non può essere l'unico elemento di valutazione degli eventi.
(il fratello che esce a torso nudo dalla camera da letto con la moglie dell'ispettore).

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Crimson  @  30/09/2011 13:40:02
   8½ / 10
Siamo sbalorditi ed elettrizzati dinanzi all'ultimissimo film di questo regista.
Ha fatto centro ancora una volta mostrando con una caparbietà mai sopita ciò che si nasconde dietro l'apparenza.

La vicenda complessiva ricorda quella sviluppata ne L'ispettore Lavardin, mentre il risvolto privato inserito per giustificare la psicologia del protagonista, senza andare troppo lontani nel tempo, è simile a quello escogitato per La commedia del potere.

Non poteva mancare la solita cittadina di provincia a far da location, ovvero Nîmes. Un montaggio velocissimo di immagini da cartolina della splendida cittadina del sud della Francia lascia immediatamente spazio ad una sequenza di forte contrasto che ci inserisce nella vicenda: un'auto in un dirupo e un corpo carbonizzato.
Questo incipit ha un suo significato ben preciso ed è da conservare nella mente alla luce del suo doppio che al contrario chiude la pellicola.

La quantità di doppi che si moltiplicano nel film è impressionante: Noel/Emile, Denis/Jacques, Madame Leullet/Nadia.
E ancora Bellamy e Emile, Bellamy e l'ispettore locale, l'avvocato e Georges Brassens...Chabrol e Georges Simenon.
Bellamy/Depardieu è il solito alter ego del regista e di riflesso dello spettatore: non gli (/ci) è sufficiente la verità che emerge dai fatti, bisogna scandagliare in profondità per cercare di comprendere la vera natura delle intenzioni e dei comportamenti.

Il giallo di superficie è infatti come sempre essenziale e assistiamo ad un'apparente risoluzione classica: c'è un cadavere, un movente, un colpevole.
Bellamy compie una ricostruzione meticolosa sempre animato dal dubbio.
Nel frattempo ecco il tocco di genio: inserire una figura complementare nel privato del protagonista per approfondire anche la sua psicologia. Il fratello di Paul, Jacques, appartiene alla schiera degli infelici.

Il dubbio per l'ispettore è stato il motore del successo nel proprio mestiere, ed è stato alimentato continuamente dalla sua maschera privata che ha costruito per mantenere un rapporto con il fratello troppo complicato per lasciarlo sereno.
In questa deframmentazione graduale della sicurezza di Bellamy prima accogliamo i suoi incubi ("Sono un bastardo!"), poi emerge un episodio nell'infanzia che ha irrimediabilmente compromesso il legame con suo fratello.
C'imbattiamo in un vero antieroe, una figura umana lontana da ogni tipo di stereotipo che conosce gli sconfitti proprio perché è vissuto con il senso di colpa per tutta la vita.

Emile chiede perché faccia tutto ciò per lui, Bellamy rivede forse il tentativo di omicidio che egli stesso ha sperimentato da ragazzo e da cui cerca una catarsi inconscia.

La fragilità dell'identità di Jacques è a sua volta da ricercarsi in questo trauma forse rimosso, forse no, in ogni caso decisivo: è sempre vissuto all'ombra di un fratello che ha ciò che lui non può, che decide persino per lui.

Io credo che Bellamy faccia di tutto per assolvere Emile in virtù di questo riaffrancamento con un'immagine di sé che vede materializzarsi attraverso quest'uomo.
Che veda una rivincita morale sul dolore che ha dovuto vivere per l'intera vita? Che veda nell'assoluzione di Emile un riconoscimento giuridico che possa annebbiare in partenza la creazione di un nuovo possibile fantasma intransigente?
Questo, tra tutti i doppi che si rincorrono, è il vero e proprio colpo di genio dal quale scaturisce la risoluzione giudiziaria del film: Emile viene assolto ma il suo volto alla lettura dell'assoluzione non convince Bellamy. E se si fosse sbagliato?
Il dubbio che egli abbia agito mosso da un pensiero inquinato dal riflesso intimo è più che lecito, e non verrà sciolto.

E' il preludio ad un finale amaro. Quanto ci avviciniamo all'intimità di Bellamy, ma come sembra inevitabile e beffardo questo destino delle povere anime perdute.
Jacques come Denis, esattamente in quella tragicità, così come l'assurdo colpo apoplettico che ha sancito la fine dell'esistenza di Madame Leullet.
"Non è colpa tua, era ubriaco" cerca di consolarlo Francoise.
Bellamy è stravolto, tutto il suo senso di colpa anziché trovare una catarsi si è concretizzato nell'ineludibile, ora concreta, testimonianza di una sconfitta.

La maschera di un imbolsito ma ancora coriaceo Gerard Depardieu è quanto di meglio potesse offrire un attore nelle vesti di questo personaggio contraddittorio ma pieno di dignità, così umano e vero e così ambivalente nella sua tenerezza ma spigolosa artefazione dell'esistenza. Mi ha ricordato la toccante prova, anch'essa rabbiosa ma fragile e tradita dalla vita allo stesso tempo di Police di Maurice Pialat, che non a caso penso sia una delle prove più gigantesche (è proprio il caso di sottolinearlo) della sua carriera.
Da menzionare assolutamente anche la prova di Jacques Gamblin, che si divide tra ben tre personaggi!

Chabrol lascia un testamento difficile da raccogliere. Ancora una volta ci ha prima ingannati, per poi persuaderci gradualmente con intelligenza e mestiere.
La quantità di sottostrati di un semplice giallo televisivo, che il film sembra nella sua linearità narrativa, è impressionante.

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