Questa č la storia di un uomo in caduta libera. Sulla strada verso la redenzione, l'oscuritŕ illumina la sua via. In comunicazione con la vita nell'aldilŕ, Uxbal č un eroe tragico e padre di due figli che sente il pericolo della morte, lotta contro una realtŕ corrotta e un destino che lavora contro di lui per perdonare, per amare e per sempre.
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. Non so se sia per l'assenza di Arriaga ma stavolta la storia procede in maniera (quasi) lineare; è solo una notazione ma non è una pecca, anche perchè non è che Inarritu possa fare sempre e soltanto film a piani temporali sfalsati. Regia di alto virtuosismo
bellissima la scena dei cadaveri dei cinesi porati dal mare sulla battigia
fotografia splendida e livida, interpretazioni partecipate e dolenti da parte di tutti, in primis Bardem, veramente gigantesco. Eppure, nonostante tutti gli elementi siano oggettivamente di altissimo livello, mi ha preso fino ad un certo punto.
Un film verso cui avevo grandi aspettative, ma che alla fine non mi ha trasmesso nulla o quasi. Certo, metti insieme un sacco di problemi pensando di suscitare emozioni nello spettatore, ma non credo che la somma renda più drammatico o emotivamente migliore un film, talvolta basta anche un solo piccolo ed insignificante problema per fare qualcosa di meno distaccato e anche peggiore dal punto di vista drammatico. Bardem si conferma un grandissimo attore e regge da solo praticamente tutto il film, il fratello non è degno di considerazione, la moglie fa la pazza ma non convince, i bambini almeno danno un senso di scopo al tutto. Alla fine le storie si sovrappongono tutte troppo velocemente, c'è quella voglia di aggiungere cose a cose che rende il tutto troppo di passaggio per potersi affezionare o soffrire per qualcuno o qualcosa. La storia dei cinesi, la metti insieme ai venditori ambulanti, insieme al cancro, insieme alla pazzia mentale, insieme alle visioni dei morti, il padre, la madre con bambina... troppo, non ho trovato nulla di ben approfondito, e quindi alla fine sono rimasto distaccato dalla storia. Il momento migliore dal punto di vista emotivo e più credibile secondo me è quello delle stufe, per il resto la sofferenza di Uxbal è resa vera solo dalla magistrale interpretazione di Bardem, mentre il contesto non coinvolge e non lo aiuta nel suo ruolo. Un po' come 21 grammi, grande abbuffata di situazioni drammatiche messe tutte assieme, alla fine è come guardare quel tipo di film che ti offre il dramma facile, e da lì tutto il resto diventa freddo.
Che dire di fronte a capolavori come questo film......straordinario davvero......tanto di cappello ad Innaritu il regista che ci rappresenta una crudezza della vita di tutti i giorni dove fa vedere in maniera reale e cruda le ingiustizie sociali la morte ecc ecc. Cosa è il comune denominatore di tutto il film?Cosa è che muove i personaggi come marionette e decide sulla loro vita sulla loro morte e su tutte le scelte che fanno?Ovviamente i SOLDI...purtroppo la causa di tutti i mali e di tutti i compromessi che si fanno per averne sempre di piu.....secondo il me e credo secondo l'idea registica il film vuole rappresentare la condizione delle persone piu disagiate di quelli che di solito stanno ai margini....Un merito particolare lo dobbiamo pure riservare alla fotografia che direi impeccabile magnifica straordinaria.....di meglio non si potrebbe aver fatto.....io poi sono amante delle colonne sonore e qui ho goduto davvero tantissimo....magnifica magnifica magnifica. Che dire andate a vederlo.........
Che dire di un film che ha nel nome l'aggettivo che lo qualifica. Un regista splendido come Iñarritu,di cui ho visto quasi tutto, e un interprete perfetto come Berdem rendono questa pellicola bella! Nonostante la tematica del film sia di una tristezza inenarrabile, si esce dalla sala con un bel groppo sullo stomaco. Bello
Di Biutiful premio la mostruosa vena di sincera umanità e di umana sincerità. Nell'oscurità, nel buio, nella 'perdizione' di una Barcellona Nera ci si rispecchia nell'anima di un uomo ugualmente affranto, scuro e disperato..ma non per questo rassegnato al turbinio e al male ingrato e meschino a cui può cinicamente relegarti l'esistenza appartenente a una società 'progressa' contemporanea: il denaro, il bieco edonismo, il tornaconto, il materialismo esasperato, una fabbrica di un' umaneria e una tolleranza irrimediabilmente false, subdole, astratte e inesistenti. Inarritu firma il suo capolavoro; mentre Javier Bardem insegna al meglio come operare per riuscire a bucare alla perfezione sia lo schermo che l'animo dello spettatore. Intanto Hollywood festeggia il suo 40ennale (come minimo) di castronerie e di zero credibilità: e questo tutto a vantaggio di Biutiful..che ne è uscito illeso.
Inarritu ci fa scendere nei gironi danteschi di una Barcellona cupamente inconsueta, abbandonandoci alla guida di un Bardem immenso che, a sua volta ,si apre per calarci nel proprio inferno interiore. Visceralmente percorriamo sentieri impregnati di dolore, di sopraffazione e di morte, sentieri che si intersecano e si sovrappongono in un crescendo di disperazione. Tutto č crudelmente reale, spietatamente raccontato dall'ottimo regista, che non ci lascia prendere fiato, neanche per un soffio di speranza. Solo la poesia di alcune sequenze attenua lo smarrimento e solo nell'epilogo l'angoscia crescente si stempera nel sorriso ritrovato del protagonista, le sue fossette da bambino sono liberatorie, ma č solo un attimo, non c'č spazio per la consolazione.
Mi aspettavo un capolavoro da Inarritu, era questione di tempo. Sostenuto dal solito Javier Bardem da Nobel e da una regia sanguigna e implacabile, se ne esce con un ritratto del degrado in cornice mistico-salvifica-assolutoria. La dissoluzione entropica è totale: fisica, sociale, relazionale. Ma è incapsulata, a rappresentarne la provvisorietà e non universlità, nella geniale ripetizione di una delle scene più poetiche della storia del cinema. Una figura paterna più giovane, atemporale, che finalmente gioca con la temuta profondità del mare scacciando le paure e indicando un OLTRE fuori campo che trafigge del tutto. Stato di grazia.
film bellissimo e nerissimo. opera solitaria di inarritu che abbandana il compagno di sempre arriaga per cimentarsi in quest'opera oscura e cupa che non lascia spazio alla speranza. il denaro come metro di valore delle vite delle persone, nessuna umanità nè compassione o salvezza, il destino si muove su sottili biglietti di carta filigranata. il film più politico del grande regista messicano, una rappresentazione senza compassione della nostra società e della nostra aridità spirituale e materiale. forse il ravvedimento ci salverà sembra suggerire il finale della pellicola, ma senza convinzione. un bardem sempre più bravo regge da solo il peso del film riuscendo a trasmettermi tutta la disperazione e la solitudine di uxbal. da vedere, avvertendo che si tratta di un film impegnativo e non è fatto per passare un sabato sera in allegria.
Un film crudo e intenso, dove le immagini hanno un ruolo rilevante e ci ricordano che il Cinema è soprattutto potenza dell’immagine! Mi è piaciuto molto Javier Bardem nella sua interpretazione di uomo sconfitto e vittorioso nello stesso tempo. Probabilmente l’unica pecca di questo film è la mancanza di contrasto emotivo nelle vicende del protagonista (contrasto che non va oltre il titolo) e di conseguenza non riesce a coinvolgere a pieno come potenzialmente potrebbe, nel senso che troppo presto il protagonista è segnato in negativo dal suo destino, per cui lo spettatore rischia di restarne parzialmente distaccato percependo in anticipo una palese "sconfitta". In ogni caso, una bella storia che parla senza retorica di realtà e di anima, di carne e di spirito, di vita e di morte, con stile e in profondità. Alla faccia di Hereafter.
Molti fili in mano ad Inarritu a rischio dispersione, qualche situazione anche superflua, ma come si fa straordinario nel finale quando si richiude sull'intimità della sofferenza di Uxbal. Il grado d'intensità della prova di Bardem fa soprassedere ad una certa sovrabbondanza del racconto, la sua interpretazione è immensa, la sua carezza di una dolcezza lancinante, il suo sguardo alla fine per me vale tutto. Inarritu filma una Barcellona irriconoscibile, dove i barrios pullulano di caos e di vita ai margini e la sopravvivenza conta sulla velocità delle proprie gambe, apre le porte sull'inferno che nessuno vuol vedere e tra tante storie che compongono qualcosa che è più di uno sfondo, quasi un doppio simbolico, prevale quella di uno dei tanti, un padre. E la sua è principalmente una storia di legami familiari, legami che partono da prima della propria nascita e continuano attraverso i propri figli, legami d'amore che un anello nei suoi passaggi saprà simboleggiare nella sua irriducibilità. La sua storia è di un dolore grandissimo, trasmesso senza possibilità di difendersene, ma anche di un amore così infinito da essere eterno. La sua lotta trova una risposta e accende una piccola scintilla di speranza e pace, conforto nella desolazione di un destino che pare intollerabile. Non è un film perfetto, no, ma anche le cose non perfette possono essere bellissime.
Amore per la vita e paura di morire. Un Bardem strepitoso. Non rivincerà l'oscar ma lo meriterebbe ampiamente. Il film scorre tra gli angoli desolati di una Barcellona poco gaudiana... Gli sguardi, i silenzi. Si convive il dolore e si spartisce tanto amore. Qualche speranza, poi, sfavilla in una sola piccola lacrima...
Quando guardi questo film ti viene voglia di alzarti dalla sedia e andare a dare una mano a Bardem, tanto si viene coinvolti dalla storia. Lui è bravissimo: riesce ad essere tragico, dolce e severo tanto che si ammira il suo personaggio. La regia praticamente perfetta riesce a non essere mai lenta o pesante anche nelle situazioni più dure.
Film tosto,crudo e non adatto a tutti, le tematiche affrontate sono coraggiose(povertà,morte,disfacimento familiare,immigrazione),"Biutiful" lascia un malessere che fa riflettere. Ottimo Bardem.
Un film pieno di umanità e sofferenza, una storia intensa e straziante, Javier Bardem offre un'alta prova di interpretazione, praticamente regge da solo tutto il peso del film. Sicuramente un film che riesce a spiazzare e non lascia indifferenti.
Primo film da "solista" per Inarritu che ci riporta prepotentemente nella sua estetica di disperazione, nel suo universo di dolore, di realtà crude e di prese di coscienza strazianti. Uno Javier Bardem in stato di grazia assoluta prende sulle spalle il peso prominente dell'opera e lo consegna alla storia del cinema contemporaneo, la vita di Uxbal, i suoi guai i suoi amori, la sua fine. L'unica pecca che posso rimproverare al cineasta è un eccessiva prolissità di racconto, un abbondanza di indagine, che complica il procedere della trama e la ingolfa leggermente nel primo tempo, liberandola in un maestoso secondo tempo. Una pellicola drammatica, disturbante, viva, sofferta. Cinema.
Straordinario spaccato di ordinaria disperazione urbana, questo film è il culmine - per ora - di molti temi già presenti nei film di Inarritu, dove morte e rapporti umani gridano ingiustizia sociale in una denuncia che più dura e nera non si potrebbe nel main stream cinematografico attuale. E' il denaro il fil rouge che collega tutti i personaggi, ed è il denaro che decide la vita e la morte delle persone, delle scelte più intime, implicandone ogni imbarbarimento e prostituzione, ogni degrado: è più forte della morale. Questo è un film degli ultimi e dei penultimi, mentre noi che frequentiamo i cinema siamo le comparse sfuocate mentre la polizia bestializza senegalesi in una corsa disperata verso uno dei mille punti di non ritorno. Le nostre vite non si sfiorano neppure, siamo distanze siderali nell'anticristo quotidiano. Uxbal è un personaggio straordinario, complesso, un Davide che non ce la fa ad accecare il gigante, Arianna che si perde nel labirinto dove il minotauro - l'attauale sistema sociale - ride beffardo sulla sorte di tutti i penultimi della terra. E la morte è una sigaretta che riavvicina finalmente il sangue sconosciuto dove tutto è - finalmente - purezza e dignità : straordinario. Superfluo accennare alla fotografia incantevole, poesia dell'imbrunire catalano, cieli scuri atraversati da chiari voli liberi, colori forti di miseri giacigli di uomini e cose. Le musiche sono di Santolalla, già apprezzato in Brokeback Mountains. Bardem merita dieci oscar, ma gli altri attori non sfigurano, in particlare una intensissima Maricel Alvarez nel ruolo della moglie Marambra: debole canna al vento, è l'unica che nel film vola alto e profondo nell'analisi di sè stessa, tutti gli altri vivono senza riuscire ad analizzare la propia vita, Uxbal compreso cerca in Mea - ingenuo - la spiegazione di tutto. Per me il più importante film di denuncia dei tempi recenti, l'Arte al servizio degli ultimi come difficilmente si vede in giro.
Tecnicamente molto bello questo sguardo sulla disperazione umana, sullo sfruttamento di esseri umani da parte di altri esseri umani. In questo universo cupo si muove la figura di Uxbal, individuo che sbarca il lunario sfruttando manovalanza straniera al nero. Inarritu pone sulle spalle solide di uno straordinario Bardem gran parte del peso del film. E' il fulcro della storia e l'occhio su questo sottomondo di emarginazione. Troppo irrilevante la sua importanza per poter cambiare uno stato di cose consolidato, ma è ammirevole la sua volontà, anche e soprattutto nella malattia, di cercare di lenire le sofferenze come ogni buon padre amorevole. Aggiustare le cose. Purtroppo non posso dire che sia scoccata la scintilla con questo film, dotato di molti pregi è indubbio, ma che mi ha coinvolto molto meno di quanto mi aspettassi.
Film grandioso dove la disperazione del cinema di Inarritu emerge prepotentemente come nell'indimenticabile esordio, Amores Perros. Senza Arriaga il regista messicano realizza il suo prodotto più maturo, forse il migliore, una storia maledetta fatta di immagini e suoni capaci di toccare corde profonde spezzando ogni punto di riferimento: nessun ancora di salvataggio, l'atmosfera è sempre pesantissima e insostenibile, un dolore claustrofobico che ti si attacca allo stomaco e non ti molla fino ai titoli di coda, 130 minuti privi di un qualsiasi spiraglio. Lungo la strada non esiste nulla di positivo, non ci sono momenti leggeri, non c'è un personaggio pulito, Inarritu emoziona spingendo sul tasto più elementare, ovvero quello del dramma senza fine. La parabola di un uomo controverso che non può lasciare indifferenti, un conto alla rovescia scandito da un accumulo di eventi che sembrano solo ritardare l'inevitabile conclusione, con il regista che sembra gridarci da un angolo dello schermo " ehi tu, brutto *****ne non ti lamentare, io ti sto mostrando semplicemente la realtà delle cose, senza scorciatoglie!!!! Un registro narrativo in effetti antipatico ma incredibilmente autentico. Quello che ci viene mostrato è chiaro fin dall'inzio, non è un film che punta sul colpo a effetto, c'è una vita che sta per arrivare al capolinea: hai questa sensazione fin dal trailer e il film non ti darà niente di più. L'anello di congiunzione è Bardem, figura tragica in eterno conflitto col mondo. Uno di quei personaggi visti decine di volte al cinema, ma qui, in realtà, siamo di fronte a una personalità molto più complessa, le cui contraddizioni diventano invitabilmente il fulcro della sceneggiatura. Una performance monumentale, il mix messo su da Inarritu senza un attore del genere non avrebbe assolutamente funzionato. Splendida come sempre la regia, immersi in una Barcellona "dell'orrore" dove ogni angolo inquadrato sembra suggerire un clima di tragedia imminente. Senti questa sensazione fin dai primi minuti, la respiri, vivi il disagio dei protagonisti e ne esci completamente a pezzi. Non so se questo può essere considerato o meno un ricatto morale, io nel dubbio me la prendo con quelli di Amnesty International che mi hanno catturato all'uscita del cinema.
Non so se è un capolavoro o meno, forse lo diventerà (almeno per me) con il tempo, di certo è un grandissimo film. Disperazione, famiglia, immigrazione, lavoro, malattia, morte..tutti temi cari ad Innaritu, e tutti girano intorno a Uxbal (strepitoso Barden). Come si intuisce, non è un film che lascia indifferenti e, come tutti i film del regista messicano, avrei difficoltà a vederlo una seconda volta. Stilisticamente ineccepibile, molto azzeccata e originale la scelta di utilizzare un microfono con un effetto di presa diretta nei momenti di intimità emotiva tra le persone.
Uscendo dalla sala, ieri si discuteva sul ritorno della ragazza di colore che sembrava intenzionata a lasciare il paese con i soldi di Uxbal. Personalmente credo che lei non sia tornata effettivamente: viene dato molto più peso al fatto che lei lascia i figli di Uxbal e si reca in stazione, mentre per il ritorno si sente solo una sua frase (sentita da un Uxbal non nelle sue piene facoltà,prossimo alla morte), senza essere mai inquadrata.
Oppure Innaritu ha volutamente lasciato la valutazione allo spettatore, dove i più cinici (come me) penseranno che lei abbia deciso di rifarsi una vita con i soldi ricevuti (forse anche in linea con l'approccio molto egoistico dei personaggi del film), mentre altri penseranno ad un pentimento della stessa e ad un finale più lieto.
Ho sempre, e dico sempre, apprezzato Inarritu e il suo cinema così colmo di emozioni, così triste ma allo stesso tempo una fortezza di emozioni, di un doloro indelebile e di racconti di vite senza speranza. Come sentito da molti, però il vero motore che avrebbe fatto girare Inarritu sarebbe stato Arriaga, lo sceneggiatore dei suoi primi tre film. E incomincio a chiedermi se non fosse vero che lo scrittore e sceneggiatore messicano aveva gran parte del merito per la realizzazione di film bellissimi. Inarritu quindi si scrive e si dirige il film da solo, decidendo di non cambiare di una virgola nè del suo aspetto artistico e del suo taglio da regista, nè sotto il profilo narrativo, raccontando continuamente di disadattati che devono affrontare una vita di continuo dolore... Mentre con Arriga però tutto funzionava, qui Inarritu si lascia prendere la mano, e come si dice "il troppo stroppia"... La visione di Inarritu è pesante, insopportabile, disturbante ma che non lascia il segno come le precedenti pellicole. Forse preso dalla troppa foga di non far pesare la sostituzione del collega anche in fase di scrittura, abbonda e costruisce trame e sottotrame (alcune delle quali veramente inutili) che ne appesantiscono la visione e rendono "Biutiful" un ricettario di sofferenza elevata al cubo. La vita di Uxbal, sensitivo e gestore di traffici pochi illeciti tra africani e cinesi, è ad un passo dalla morte, vista la diagnosi che lo rendono un malato di cancro alla prostata. Uxbal nel tempo che gli rimane cerca di sistemare ciò che gli rimane di più caro, trovando un giusto spazio per i figli che cresceranno in una situazione così delicata. E poi partono girandole di avvenimenti, messi lì solo per aumentare il magone: la moglie matta, i cinesi omossessuali, il fratello bastardo... Non c'è equilibrio, la visione è sempre discontinua e compiaciuta e lo stimolo a continuare è perchè ci si aspetta che alla fine arriva una trovata geniale, invece si continua in modo perpetuo sulla via del dramma impietoso e infinito. Il regista messicano, che è pur sempre ottimo ma fin troppo sopra la righe, affascina lo spettatore con alcune immagine di una potenza visiva enorme e costruisce su Javier Bardem un personaggio che altri non potevano interpretare. Menzione a parte proprio per Bardem che è qualcosa di spettacolare e mi sentirei deluso se quest'anno non vincesse l'Oscar per miglior attore protagonista. Dire che non emoziona sarebbe pronunciare uno scempio, ma personalmente mi sono stufato di questi mattoni senza via di uscita e unicamente creati per creare il groppone quando si esce dalla sala. Un occasione mancata è dir poco, qui servirebbe qualcuno che abbia una visione della vita non così disastrosa e perpetuamente nichilista.
Duramente bello. 'Biutiful' č un film immenso, il quarto di Ińárritu, questa volta senza Arriaga, ma sempre con le stesse ossessioni: il dolore insopportabile per la perdita - anche se questa volta rappresentato da un padre morto - la palude sentimentale di una famiglia lacerata dal contesto sociale, una fallita integrazione razziale, l'odore di morte imminente e gli effetti devastanti del fetore della vita. Tuttavia ciň che vediamo non č un nuovo Ińárritu, ma quello che č in realtŕ, lui regista e lui autore. Il tema della morte č presente e c'č un ritorno alla sua fotografia iniziale quella di "Amores Perros", cruda e reale. Questa volta perň le storie non vengono spezzate, non assistiamo ad un intreccio con diversi punti di vista; "Biutiful" č il primo dei suoi film con un drammatico peso schiacciante che poggia tutto sulle spalle di un singolo personaggio. La regia č impeccabile, ogni sequenza, ogni inquadratura e quel colore blu che rattrista ogni storia e che Ińárritu ha sempre saputo plasmare in ogni suo film.
Bardem sconfina in una nuova dimensione lasciando la propria pelle e un pezzo di anima per addentrarsi nella buia solitudine di Uxbal, attraverso un pellegrinaggio nel mondo dei vivi e dal quale č in procinto di partire; riempie lo schermo con una tangibile desolazione e con particolare vulnerabilitŕ. Uno dei ruoli migliori della sua carriera, intenso e diabolicamente complesso con tutto il diritto di meritare l'attenzione di coloro che devono dare l'Oscar come miglior attore tra qualche giorno.
Infine Barcellona, ma non quella cittŕ da "cartolina" mostrata da Woody Allen, ma una Barcellona marginale quella piů degradata e clandestina.
Con Biutiful Ińárritu non lascerŕ indifferente nessuno; lasciare la sala senza pensare al film e senza sentire un sapore amaro sarŕ impossibile.
EUROPA ANNO ZERO. Prendete i Dardenne, il loro stile; prendete quel gran capolavoro che č cinematograficamente parlando "Gomorra" del nostro maggior giovane talento, Garrone. Seguite le metamorfosi piů recenti del cinema "appiccicato alla realtŕ", a partire da quel big bang che fu il neorealismo italiano. "Biutiful" di Inarritu aggiunge un tassello magnifico a questo cinema, al Cinema.
Europa anno zero. In questo silenzioso disastro siamo tutti dentro: un mondo che cerca l'ultimo fiato a pelo di soffitto, mentre l'acqua sta invadendo la stanza. Inarritu descrive l'entropia sociale in una metropoli dell'occidente. Una Barcellona tutt'altro che irriconoscibile... Una Barcellona che non č, certo, quella dei turisti: ma una cittŕ di sangue e viscere calde. Inarritu ci fa aprire gli occhi, con sapienza di sguardo: lui spazza via le cartoline e ci fa guardare nel profondo del pozzo. Inarritu cortocircuita l'urgenza del tirare avanti, mantenere l'ordine mentre tutto intorno esplode (entropia), con l'urgenza del confronto ultimo: quello con la morte.
"Biutiful" č un film incentrato sulle rimozioni. Ci sbatte in faccia tutto ciň che quotidianamente rimuoviamo dal nostro orizzonte, ciň che non vogliamo vedere eppure sta lě, appena affianco a noi sul marciapiede. E soprattutto fa i conti con la piů grande rimozione della contemporaneitŕ: la morte. Cadaveri e cimiteri, contigui agli appartamenti (una scena formidabile il dolly zoomato che scende sul cimitero a partire dai condomini sovrastanti). La fisicitŕ della morte. La morte come limite prossimo: scoglio insuperabile lě dove si argina la nostra possibilitŕ di frenare l'entropia del nostro universo personale.
Il faccia a faccia con il padre piů giovane (e non mi riferisco all'epilogo, ma alla scena magistrale del crematorio) č una pagina di altissimo cinema. Le suggestioni che lascia sono potenti, tanto dense che non le si possono enunciare a parole.
Ho piuttosto perplessitŕ sulla reale necessitŕ dell'epilogo, che bello č pure bello, ma mi pare stoni senza aggiungere davvero qualcosa.
La regia č portentosa. Il livello artistico di un film, il salto di qualitŕ dato dallo stile e dall'ispirazione lo si vede nei dettagli. Per esempio, quando notiamo che Inarritu, in una concitata scena di fuga per le vie urbane, ha ritenuto importante inserire un'inquadratura di un secondo su di una di quelle persone che si mascherano da statue e se ne stanno lě immobili. Ecco: in mezzo a tutto quel macello, Inarritu si sofferma - un secondo, non di piů - su quella finta-statua perplessa e attonita, che resta immobile e preoccupata mentre intorno si scatena il finimondo. Non se l'č trovata lě per caso: ha voluto una comparsa per quel ruolo. E ancora: altro contesto: il protagonista cammina da solo su un ponte, al crepuscolo. Questa volta il montaggio non č concitato, la macchina da presa non stacca: in un'unica inquadratuta passa dal suo volto a uno stormo che si compatta e si dilata nel cielo. Poi torna sul protagonista. Intuizioni visive. Suggestioni. E sono solo due momenti: il film č tutto girato con tale continua ispirazione visiva.
Detto questo della regia, va riconosciuto che la sceneggiatura, anche senza Arriaga (ma sempre con Santaolalla alle musiche), č di gran valore. Anzi: abbandonata l'ambizione di parlare della babele dell'universo congiungendo i quattro angoli del mondo, Inarritu -senza intrecci paralleli- si chiude nei recessi di una metropoli, dentro l'animo di un uomo, nel sottoscala del mondo. E da lě lo fa esplodere, il mondo.
Il suo film piů maturo. Sinora, il suo capolavoro.
(Il voto č 9. Ma questo č uno di quei film che quando li rivedi si dischiudono...).
Cavalcavia in Notturna. Bardem. Città in preda ad una smania (mann)iana. Morti che camminano sull'inferno. In cielo come sui soffitti si muove qualcosa. Fede.
Visto ieri, non molta gente in sala, circa 30 o poco più spettatori, ma a quanto pare le storie drammatiche non piacciono agli italiani! Vogliono solo ridere con commedie insulse! Dico subito che Inarritu è un ottimo regista, per me, oltretutto ci vuole coraggio per narrare una storia così realistica e dura. In una Barcellona che non ti immagini Bardem si muove tra immigrati di tutti i paesi, polizia feroce e corrotta, e il totale menefreghismo degli spagnoli o dei turisti. Uxbal ha un dono
può sentire quello che i morti dicono, i loro lamenti e insoddisfazioni, in modo da lasciarli andare via
La fotografia sembra quella di un film di Ken Loach, le musiche sono stupendamente tristi e malinconiche, gli attori tutti bravissimi, un collettivo di gente che si trascina, portando la propia esistenza ai limiti. Solo il trailer fà venire i brividi, ma che dico, ci sono scene che sfociano nell'orrore, quei morti
un bosco in mezzo alla neve( i Pirenei) per terra tra loro un gufo morto, il simbolo del trapasso.
Così alla fine la tempesta passa è tu ti rendi conto di non avere più paura, perchè è così che si coclude, la fine non è che il principio. Spero che il film vinca l'scar come film straniero, merita.... Dopo Babel il miglior film di Inarritu.
Visto allo scorso Cannes, devo dire che è il "peggiore" di Inarritu assieme ad Amores Perros. Peggiore da un certo punto di vista... ovviamente. E' comunque un giudizio personale, solo che Biutiful mi è sembrato estremamente ripetitivo e scontato... sarà che lo sceneggiatore della trilogia della morte ha abbandonato il buon Alejandro?? Regia che comunque si riconferma superba come al solito, la fotografia non parliamone... pura perfezione. La recitazione di Bardem è ottima, e anche gli altri attori non sono male. Il voto non eclatante (ma comunque più che positivo) è per "l'innoviazione" che il regista non riesce mai a mettere nelle sue opere, sono tutte belle ma incredibilmente uguali. Penso però che chi veda Biutiful come primo film di Inarritu, lo reputi un capolavoro. In Biutiful vengono trattati tutti i temi e le disgrazie di questa terra, senza un barlume di speranza e sapendo che tutto ciò che si sta guardando non finirà bene... questo dalla prima inquadratura. Gente a fianco a me in sala piangeva, ma io dopo 20 minuti ero già stufo dal punto di vista emozionale e non ero preso dalla storia che appunto mi risultava scontata, quindi mi sono semplicemente goduto la maestria della tecnica registica di uno dei migliori registi viventi.