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Interessante lavoro dell’accoppiata Simon Boyes e Adam Mason che con un evidente irrisorio budget riesce a mettere in piedi un film non perfetto ma a tratti davvero disturbante. L’incipit somiglia molto ad un qualsiasi “Saw”, anche se per tensione e crudezza la celebre saga dell’enigmista viene stracciata con poche sequenze. Poi il film si snoda in maniera abbastanza lenta,risultando anche un poco noioso nella parte centrale,le scene efferate però, seppur centellinate, nulla lasciano all’immaginazione e sono dei veri pugni nello stomaco.Eccellente poi la parte finale con un incremento di violenza mai gratuito,e questo è un grande merito del film, ma assolutamente necessario e convincente sino al raggiungimento di un epilogo tra i più “cattivi” visti negli ultimi tempi. Degno di menzione il notevole sforzo con il quale i due registi tentino di mascherare la pochezza di mezzi a disposizione riuscendovi abbastanza bene.La sceneggiatura verte sul non detto e lascia allo spettatore l’incombenza dell’interpretazione di molte situazioni. La recitazione non è eccelsa e la protagonista Nadja Brand non sempre appare molto in parte,a discolpa degli attori è doveroso segnalare anche un doppiaggio abbastanza mediocre. Forse avrebbe meritato un maggior approfondimento il rapporto che instaura il rapitore desideroso di avere una schiava da sottomettere.In questo caso le dinamiche master/slave vengono ben affrontate in un primo momento per poi perdersi un poco tra le pieghe della narrazione. Nel complesso però un film da vedere perché realmente dotato di una cattiveria di fondo da non sottovalutare. Di questi autori mi è stato segnalato “The devil’s chair” ,pellicola che non ho visto ma della quale ho sentito parlar bene.