c'era un padre regia di Yasujiro Ozu Giappone 1942
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c'era un padre (1942)

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locandina del film C'ERA UN PADRE

Titolo Originale: CHICHI ARIKI

RegiaYasujiro Ozu

InterpretiChishu Ryu, Shuji Sano, Haruhiko Tsuda, Takeshi Sakamoto

Durata: h 1.35
NazionalitàGiappone 1942
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1942

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Trama del film C'era un padre

Pur non essendone responsabile, dopo la morte per annegamento di un suo allievo, un insegnante vedovo dà le dimissioni e, lasciato l'unico figlio in un collegio, va a Tokyo. Si rivedono dodici anni dopo quando, diventato a sua volta insegnante, il figlio sta per sposarsi.

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Voto Visitatori:   7,00 / 10 (3 voti)7,00Grafico
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Voti e commenti su C'era un padre, 3 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  23/10/2014 22:59:22
   5 / 10
Parallelamente a quello che aveva fatto Kurosawa con "Lo spirito più elevato", anche Ozu si deve inchinare alle prescrizioni delle autorità giapponesi in guerra, riguardanti gli spettacoli cinematografici. I film, se non di aperta propaganda, devono comunque rappresentare la perfezione della virtù, la dedizione totale ai doveri, lo spirito di sacrificio, la felicità individuale nel compiere alla lettera ciò che è prescritto, ciò che ci si aspetta debba essere l'ideale e il perfetto.
Ozu continua comunque a trattare il suo tema preferito (il rapporto fra padre e figlio, il conflitto fra aspirazioni individuali ed esigenze sociali) rovesciando però i termini e i significati con cui aveva fino allora rappresentato questo importante aspetto della vita umana. Nei suoi film precedenti vedevamo spesso ragazzini ribelli e pestiferi mettere in dubbio o in discussione l'autorità paterna; i padri a loro volta avevano i loro problemi vedendosi costretti a chinare il capo e umiliarsi per ottenere una posizione sociale di rispetto. Erano rapporti vivi e conflittuali, di forte impatto umano ed emotivo, da cui scaturiva quasi sempre una nuova consapevolezza e una accettazione reciproca.
In "C'era un padre" si tende invece ad annullare qualunque tipo di recriminazione e critica nei confronti dell'esistente. Ne viene fuori un quadro in cui si sa già cosa sia perfetto, cosa si debba fare e come ci si debba comportare. Tutto è tracciato e stabilito e la singola persona trova la propria felicità e il proprio compimento proprio nell'adesione completa a questa legge collettiva. I propri desideri, i propri sentimenti più personali esistono sì, procurano all'inizio dolore e dispiacere nel vederli non realizzati, ma poi molto velocemente ci si convince che valeva la pena rinunciare.
Il personaggio del figlio è fin troppo statico e semplicistico, tanto da apparire quasi irreale. Colpisce l'arrendevolezza e la facilità con cui si fa guidare. L'attore recita poi in maniera monoespressiva e quasi leziosa.
Un po' più complesso è il personaggio del padre. Intanto l'attore che lo interpreta ce ne dà un'immagine più sfumata e più espressiva. I suoi sentimenti sono rappresentati in maniera più sincera. Molto bravo l'attore a rendere credibile il personaggio sia da giovane che poi da vecchio.
Il rapporto fra padre e figlio è di natura esclusiva, quasi morbosa. Potrebbe essere scambiato quasi per un rapporto amoroso. Fra loro non c'è mai un abbraccio o uno scambio visibile di affettività, c'è però un attaccamento molto forte: conducono vita ritirata e solitaria e non pensano ad altro che al momento in cui si potranno rivedere e stare insieme (in pratica andando a pesca). Il fatto è che stanno pochissimo insieme e ciò di riflesso serve a esaltare e glorificare il loro sacrificio nei confronti del "dovere" e della loro missione sociale.
Il porre di continuo l'accento sulla perfezione etica smorza molto l'effetto delle scene in cui si esprime emotività o dolore. Diciamo che tutto il film appartiene a una mentalità e a un'epoca agli antipodi rispetto alla nostra. Difficile per noi capire.

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