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Una rielaborazione di "Delitto e Castigo" essenziale e nichilista che attraverso il suo ambiguo protagonista Rahikanen (un uomo che, un po' per quanto gli è accaduto un po' per quelli che sono i suoi ideali, sembra fuori dal mondo) ci mostra una realtà disillusa e straniante. Manca un po' quel surrealismo tipico di Kaurismaki (seppur il rapporto tra Rahikanen ed Eeva risulti a tratti grottesco) però lo stile asciutto è quello e si vede.
Tra i primi film del regista e sinceramente anche tra i migliori, vista com'è riuscita la riattualizzazione del classico Delitto e castigo (un pò come accadrà ad Allen) e visto com'è stimolante la storia.
Attori in parte, più ritmo e più dialoghi rispetto ai successivi film del regista, più semplicità e si riflette abbastanza anche sulla società odierna.
A Kaurismaki non sempre riusciranno altrettanto bene le versioni filmiche tratte da classici, ma qui si è su di un buon livello.
Film d'esordio del regista. Sterile rilettura del capolavoro dostoevskiano. Resta comunque un film che si lascia guardare, senza molte pretese, fatta eccezione per il titolo.
E' il primo film di Aki Kaurismaki che vedo e devo dire che mi è piaciuto molto. La cosa che mi ha più colpito è il grande senso artistico che riescono ad esprimere le immagini. Basta semplicemente vedere la scena iniziale del macello. Con poche crude immagini si esprime già tutto lo spirito del film: l'indifferenza, il distacco, l'insensibilità, l'abitudine al sangue e a tutto quello che simbolicamente è connesso. Il capolavoro di Dostojevskij è perciò sapientemente rielaborato e riportato allo spirito della società attuale. Il tema è universale, cioè il valore dell'etica, della coscienza interiore, che ruolo devono giocare nell'esistenza di una persona e in che rapporto si devono porre con la legge scritta. Il tema è scottante e di grandissima attualità, visto che essendo oggi tramontata qualunque tutela ideale di tipo divino (ancora molto diffusa al tempo di Dostojevskij), siamo noi con la nostra autonoma coscienza e decisione che scegliamo e ci atteniamo a determinati comportamenti. Kaurismaki adotta però la forma artistica dell'estraniamento, cerca di non fare identificare lo spettatore con Antti, il protagonista, ci tiene distaccati da lui e in qualche maniera ci preclude quasi la possibilità di capirlo e forse di giudicarlo. La mdp infatti segue quasi sempre dall'alto, oppure in campo lungo, gli spostamenti di Antti, mette in risalto l'alienazione e il senso di estraneità con il mondo. A questo guardare da lontano, da piccolo oggetto insignificante sperduto, fa da contraltare degli improvvisi primi piani, per lo più su di una faccia sempre un po' estraniata, chiusa, come se non volesse far venire a galla quello che gli rode dentro. Il problema di questo metodo è che non riusciamo a capire fino in fondo le sue scelte, c'è una profonda cesura fra quello che fa e quello che dice. A voce professa profondo nichilismo, radicale solitudine, grande pessimismo e rassegnazione al fato; nei suoi atti invece si scorge rabbia, vendetta, ribellione, reazione e il richiamo di qualcosa di eticamente giusto, di valori di rispetto umano e fiducia negli altri. Il risultato di questo conflitto è profonda incertezza, insicurezza. Antti è una persona senza bussola, che non crede a niente, soprattutto non crede a se stesso. La figura che dovrebbe fargli da contraltare, cioè Eeva, soffre invece anche lei degli stessi difetti di Antti. Anche lei è come estranea a tutto quello che fa e a tutto quello che le succede. Non è ben chiaro cosa voglia, quali siano esattamente i principi etici a cui si vorrebbe attenere. Il suo atteggiamento verso Antti è contraddittorio: lo ama? lo odia? è sincera con lui? Impossibilità di capire e penetrare l'animo umano, la mdp di Aki Kaurismaki non riesce a penetrare la barriera che ci divide dalla verità interiore e rimane al di qua, nonostante tanti suggestivi campo/controcampo. Questo film certifica l'impotenza e la "sconfitta" dell'arte, che si limita a documentare lo smarrimento etico del nostro mondo. Ma il sentimento più forte che viene fuori dalle vicende di questo film è la profondissima solitudine che attanaglia tutti, ma proprio tutti i personaggi (compreso l'ispettore) e la maniera rassegnata e indifferente con cui si vive questo stato. Questo è l'aspetto "nordico" del film e la profonda differenza con il testo di Dostojevskij. Raskolnikov infatti viveva le sue vicende con molto pathos, si ammalava, si rodeva di continuo, era molto vivo nonostante tutto. Antti invece è come morto, o almeno agisce senza "sentire" intensamente, senza capire o farci capire. Mi domando cosa sarebbe stato questo film nelle mani di Bergman. Certamente lui lo avrebbe reso molto più teatrale, avrebbe fatto parlare di più i personaggi, avrebbe messo a nudo la loro interiorità, li avrebbe fatti "specchiare". Sarebbe stato un film meno "visto" ma più partecipato. Anche Kurosawa avrebbe rispettato e potenziato l'emozionante e profondo pathos che promana dalle pagine di Delitto e Castigo. Invece Kaurismaki ci fa capire che oggi, nella nostra società, non c'è più neanche l'ausilio del cuore, della forza del sentimento. Abbiamo perso anche quella. Ormai siamo perduti, senza alcuna bussola a guidarci.
L'esordio di Kaurismaki è un dramma esistenziale, che traendo spunto da Delitto e Castigo, mette in mostra la tragicità del protagonista, incapace di trovere un senso alla propria vita nemmeno intraprendendo il percorso della vendetta. Rimane solo il vuoto: le quattro mura di una stanza sono uguali a quelle di una cella prigione. Non c'è differenza. Lontano dal tono surreale del regista, ma lo stile è già ben definito.
Adattamento del soggetto dostoijevskiano alla Helnsinki degli anni '80. Personalmente l'ho trovato meno efficace e meno interessante rispetto ad altri titoli del regista; in generale lo preferisco quando sviluppa i suoi soggetti, piuttosto che quando rielabora quelli degli altri. Ad ogni modo il film non è male, con i tratti tipici di Kaurismaki nelle ambientazioni, nelle luci, nella struttura dei dialoghi, nelle musiche e nella direzione degli attori che per altro non mancano di apportare il valore aggiunto di una buona interpretazione. Manca, purtroppo, uno degli ingredienti fondamentali, che diverrà in seguito marchio di fabbrica del cinema di Kaurismaki, ovverosia il micidiale stratagemma di spezzare il ritmo narrativo, generalmente greve, con improvvise, estemporanee e repentine divagazioni ironico-grottesche... ma siamo solo all'inizio!
"Ora che ho ucciso uno scarafaggio,sono diventato uno scarafaggio anch'io"
Se all'esordio sei tanto sfrontato da prendere uno dei romanzi russi più famosi di tutti i tempi e riadarrarlo in un senso moderno nella gelida Finlandia,o sei sfrontato o bravo o tutti e due. Kaurismaki ovviamente è un grande artista della macchina da presa e la sua rilettura del Delitto e Castigo riesce ad essere come suo solito essenziale in ciò che racconta ma anche incredibilmente espressivo e lucido. Una storia che dovrebbe essere un noir e si avvicina spesso ad esserlo ma che si allontana di continuo dal genere quasi per sfida, così come il suo protagonista vive l'eterna indecisione morale di consegnarsi alla giustizia ma allo stesso tempo sembra giocare con il commissario di polizia. Manca il senso surreale e grottesco delle successive pellicole che le rendono tanto speciali,ma a suo modo anche questo lungometraggio del finlandese si ricorda. Più parlato del solito,inoltre,l'unico difetto è la sua prevedibilità unita ad una pesantezza che in un film di neanche un'ora e mezza non è di poco conto. Però resta la soddisfazione di godersi (anche se non è il termine esatto) la rappresentazione di un uomo che vive la sua solitudine estrema e divorato dai suoi demoni,già alienato da tutto ciò che è la realtà che lo circonda prima che inizi il film. L'incipit al macello è chiarissimo ed esplicativo,così come tutto quello che il regista mostra con essenzialità asciutta.
Secondo film del regista finlandese, frutto di un riadattamento moderno del "Delitto e castigo" dostoevskijano, che si rivela insolitamente drammatico e - ancora più insolitamente - "parlato" per gli standard minimalisti a cui Kaurismäki ci ha abituato. Acuto, bello e intenso. Un'altra perla.