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Divided into Zero. Presumo significhi qualcosa tipo "diviso in zero parti". Ha senso.
E' come la divisione del Niente. E la divisione del Niente non può dar luogo a Qualcosa, non potrà mai dar luogo, diciamo, a delle "parti" più piccole. Darà sempre luogo, per forza di cose, ad altro Niente. Ad altri piccoli pezzi di niente, che poi non ha nemmeno senso dividere, perchè saranno sempre uguali alla loro somma: ZERO.
Il Niente è il protagonista di questa storia. Viene rappresentato in questa torbido susseguirsi di immagini perverse, ovvero il flusso di pensieri di un nichilista. Persino le immagini di oggetti di per sè innocui: un'altalena, un pennarello, una bambola....vengono catturati da un ingranaggio mentale che non funziona più, e finiscono per evocare sesso, stupro, violenza.
Questo corto si riassume nell'immagine del pedofilo che guarda negli occhi la sua piccola vittima. O la bambina che guarda negli occhi il vecchio carnefice. In realtà, sono la stessa persona. In realtà rappresentano la vita, che si manifesta come violenza per l'uomo quando ancora è un bambino, e lo fa attraverso uno strumento: l'uomo stesso, che dopo essere stato vittima sarà carnefice, in un eterno cerchio che si ripete senza senso, ma non si chiude mai. Un crudele eterno ritorno. Il dolore diventa nichilismo: indifferenza verso l'altrui dolore (anche il dolore di un bambino) e ricerca spietata del dolore proprio. Come se il dolore fosse l'unica sensazione reale, e quindi in grado di dare piacere.
Il dolore auto-inflitto diventa il mezzo con cui placare il buco che divora da dentro: la mente del protagonista passa tutta la vita a cercare la propria anima. Ma alla fine si ritrova da solo. In realtà è sempre stato solo. Sopra un letto con le mani che tremano. Si pisc.ia addosso. Per tutta la vita ha pensato di essere vecchio, ora lo è davvero. Tutto quello che è passato sembra solo un eco lontano. Ma in passato cos'era? Anche in passato, non è stato mai niente, solo un gigantesco nervo umano, percettore di dolore. Per questo, l'ultimo appello che fa a Dio... è di non rinascere.
Apprezzo molto l'esercizio stilistico con cui questo regista è riuscito a rappresentare un flusso di pensieri e creare immagini disturbanti, a fare metafore perverse con la telecamera. Il regista è bravo, dovrebbe giocarsi questa bravura con altri temi.
Detto questo, da dire sul corto non c'è altro. Non emoziona. Non inquieta - come furbescamente vorrebbe fare. Non ti trasmette un granché, a parte una generalizzata e non meglio identificata sensazione di...schifo. Effettivamente ti strappa una riflessione: il fatto che la vita sembra durare solo una mezz'ora. Lo fa consciamente, mostrandoti le immagini del protagonista bambino, poi adulto, poi vecchio, nell'arco di tempo di un corto. Ma la vita dura poco proprio perchè è bella. Il contrario di quello che vien fuori da questo corto.
Apprezzo in generale i vari eccessi e i silenzi significativi, ma qui non ho capito proprio il senso. Un contesto weird/underground dove i troppi momenti morti e sconnessi non mi hanno detto proprio nulla. Ci sono due, tre sequenze efficaci, il pissing e la scena dei rasoi, ma il resto a parer mio rimane un esperimento inutile e fine a se stesso. Buona comunque la musica di sottofondo.
Con Hussain alla fotografia, il prodottore di Subconscious Cruelty Mitch Davis qui ne anticipa praticamente quasi tutte le scene e i temi presenti; pissing, fotografia particolare e riuscitissima, iperviolenza, presenza di una non continuità nella storia, ottime musiche, alto livello weird.
Il corto è perfetto riguardo alla durata, che passa nè troppo lentamente nè troppo velocemente; bravi gli attori e ottimi gli FSX. La storia riuslta però troppo frammentata, troppo poco capibile, e quindi ritengo questo lavoro una spanna meno riuscito di Subconscious Cruelty, che invece una picocla libertà riguardo all'interpretazione degli episodi la lasciava.
Tanto di cappello comunque ai talentuosissimi e giovannissimi Davis ed Hussain.