Un barone siciliano, Ferdinando Cefalù, si innamora di Angela, una cugina sedicenne da cui peraltro è ricambiato. L'unico ostacolo è rappresentato dalla moglie di Ferdinando, Rosalia, una donna brutta e petulante. L'arrivo del pittore Carmelo Patané, vecchio amante della moglie, sembra poter mettere a posto le cose.
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In un comizio politico tenuto in una città della provincia siciliana si dibatte, all’interno del più ampio tema dell’emancipazione femminile, sull’adelterio commesso da donna Rosalia ai danni del marito: il barone Ferdinando Cefalù.
Esponente del P.C.I.: “Perché è ormai storicamente accertato che anche qui da voi, nel vostro bel sud che io ho il piacere di visitare per la prima volta, è giunto alfine il momento di affrontare il secolare problema dell’emancipazione della donna, così come adesso è stato affrontato e risolto, per esempio, dai nostri confratelli cinesi. Pertanto, io vi invito ad esprimere il vostro democratico parere sul fatto, cioè a dire: quale giudizio sereno ed obiettivo merita la signora Cefalù”.
La folla: “BOTTANA!”
Pietro Germi tratteggia sarcasticamente la trivialità, la grettezza e la mentalità retriva radicati nel profondo sud-Italia, non però senza metterne in luce anche l’ ”ingenua” saggezza, di cui è depositario il popolino, fondata sulla cosiddetta santa ignoranza: saggezza che spesso si rivela sorprendentemente irrefutabile. Così dall’indignazione per il volgare linciaggio che subisce l’adultera si passa alla pulsione misogina scatenata dall’azione, anch’essa volgare, posta in essere dalla donna infedele nell’ultima scena.