Salvador Mallo, un regista nel crepuscolo della sua carriera, riflette sulle scelte che ha fatto nella vita come il passato e il presente arrivano schiantandosi intorno a lui.
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È indubbiamente un buon film di Almodovar, uno dei più profondi ed emozionanti specialmente quando, raccontando di uomini, descrive ancora una volta indimenticabili personaggi femminili (cfr. La madre di tutte le madri?!). Ma non tutto funziona, come riflessione sulla crisi artistica e umana mi interessa meno, e in questo suo "Otto e mezzo" che credo sia un riferimento evidente - anche altri rimandi ad Antonioni, Bunuel, forse pure Ozon rischiavdi annoiare proprio per la sua indole Bressoniana, tutto troppo spiegato e minuzioso. E così se da una parte lo spettatore è coinvolto in divagazioni psichedeliche che cevocano Andy Warhol e Man-Ray, dall'altra viene messo a dura prova da dialoghi infiniti ed estenuanti, che sembrano non tenere conto dello spazio e del tempo. Una scelta stilistica coraggiosa se vogliamo, come un libro aperto, ma anche poco consona al concetto di cinema che abbiamo di lui. Banderas e la Cruz comunque (quest'ultima sempre più vicina all'indole di una Sophia Loren d'annata) danno il meglio di sé stessi proprio sotto la sua direzione, e Almodovar tende sempre più a rispecchiarsi in loro. Dote e limite di un mancato capolavoro, nonostante l'indiscussa sua decorosita'.